Massimo Gaggi, Corriere della Sera 3/5/2015, 3 maggio 2015
L’ITALIANO CHE SFIDA «NATURE»
DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK Dalle campagne pugliesi di Manduria — è cresciuto in una famiglia di viticoltori — alla start up di New York che promette di rivoluzionare il mondo delle pubblicazioni scientifiche: un’impresa che, secondo i venture capitalist che l’hanno finanziata, potrebbe addirittura sbriciolare il piedistallo sul quale è costruito il regno delle grandi riviste accademiche internazionali, da Nature a Science a The Lancet .
Da Manduria a New York passando per Londra, dove è diventato un astrofisico (laurea Ucl), il Cern di Ginevra dove si è occupato per due anni di fisica delle particelle, un dottorato di ricerca in computer science alla University of California (Ucla) e un incarico di ricerca post universitaria ad Harvard, con un contratto finanziato dalla Nasa.
Scorre veloce la vita di Alberto Pepe che ad appena 36 anni ha già un curriculum straripante ma che ora ha lasciato il mondo accademico per fare l’imprenditore. Lo incontro nella sede della società «Authorea» che ha co-fondato con un accademico americano, Nathan Jenkins, e della quale è amministratore delegato (Nathan collabora da Ginevra, dove si è trasferito per motivi personali). «Sede» è parola pomposa: sei ragazzi in una stanza vetrata zeppa di computer, persa in un oceano di altre stanze vetrate affittate da altre start up . Siamo in uno dei coworking space più grossi di New York, sulla 23esima strada, all’angolo di Park Avenue. Segreteria, bar cucine e spazi per videoconferenze in comune, ragazzi che emigrano da una sala riunioni all’altra a seconda delle disponibilità del momento.
Con la sua aria tranquilla da asceta seguace delle filosofie orientali, Alberto non sembra uno che sta correndo a perdifiato. Ma la storia che mi racconta è quella di una vita in bilico tra una vorace ricerca di nuovi stimoli accademici e una vita privata corrosa dal nomadismo e dai ritmi insonni della costruzione di una start up . Una fidanzata lasciata a Los Angeles per trasferirsi nell’università più blasonata d’America, salvo poi soffrire l’ambiente cupo, la competizione spietata tra studenti e tra docenti: «Venivo spesso a New York dove trovavo più stimoli» racconta Pepe. «Una sera con Nathan, che rivedo dopo gli anni del Cern, scopro davanti a una pizza che abbiamo lo stesso problema con le nostre pubblicazioni accademiche: documenti spesso frutto del lavoro collaborativo di più persone (ce ne sono anche con 300 autori). Ma lavorare simultaneamente su uno stesso studio è problematico, nella confusione dei vari formati». Fai mille copia e incolla e alla fine metti online la versione digitale di un documento cartaceo: testo più immagini.
Alberto e Nathan provano a costruire una piattaforma nuova, eliminando formati come il Pdf. Tutto su tecnologia Html. Un documento aperto: ognuno può contribuire al testo, aggiungere note. E, alla fine, puoi agganciare un’intera banca-dati a supporto della tua tesi.
Il sistema funziona, i due lo aprono ai loro amici: il giro si allarga e il dotto hobby di un gruppo di amici diventa impresa: Authorea. Con l’aiuto di VentureOut, una società che assiste le start up di New York lavorando, sul fronte italiano, con la Italian Business & Investment Initiative, Pepe comincia a frequentare gli incontri con gli investitori. Tra quelli che credono nel suo progetto e lo finanziano subito, Brian Cohen, presidente di New York Angel e primo finanziatore di Pinterest. E Alessandro Piol, venture capitalist italiano, co-fondatore di Vedanta Capital.
A fine 2014 Authorea ha già 10 mila utenti. Pepe vorrebbe arrivare a 50 mila: «un milione» gli replicano i suoi investitori. Sembra una follia (i ricercatori in tutto il mondo sono 7 milioni), ma in pochi mesi è già arrivato a 25 mila: «Certe settimane cresciamo del 7%. Se andasse sempre così, arriveremmo al milione di utenti entro il 2015».
Chi consente il libero accesso agli studi messi in rete usa la piattaforma gratis, chi vuole mantenere la ricerca privata paga una modesta fee . L’ambizione: diventare la più grande banca dati di studi accademici. Certo, Nature ha l’autorevolezza del marchio. Ma Authorea lavora allo sviluppo di altri metodi per certificare l’autorevolezza di un paper attraverso un sistema di ranking digitale.