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 2015  maggio 02 Sabato calendario

APPUNTI PER EXPO - INAUGURAZIONE VIOLENTA


REPUBBLICA.IT
Milano si sveglia con l’amaro in bocca e fa la conta dei danni di una manifestazione che ha sporcato la bellezza della giornata di inaugurazione di Expo 2015. I timori della vigilia sono stati confermati e i fotogrammi che restano del Primo Maggio sono soprattutto quelli di un manipolo di qualche centinaio di incappucciati e black bloc che ha trasformato il corteo pacifico in guerriglia urbana. Contro di loro interviene il premier Matteo Renzi: "Voglio dirlo con molta serenità: quattro teppistelli figli di papà non riusciranno a rovinare l’Expo". E ha aggiunto: "Gli italiani sanno da che parte stare. Hanno cercato di sciupare la festa, ma Milano è molto più forte di quello che questi signori pensano". La questura precisa che, al di là dei danni materiali, nessun manifestante e nessun cittadino è rimasto ferito.pm
L’orgoglio dei milanesi: in strada a pulire. Ma non c’è solo la devastazione. Ci sono anche fotografie, video e testimonianze che parlano della voglia dei milanesi di reagire, di riparare e ripulire ciò che in tutti questi mesi di preparazione all’Expo era stato restaurato e ridipinto. Subito dopo la fine della manifestazione molti si sono messi a ripulire autonomamente vetrine imbrattate e marciapiedi pieni di detriti. A poca distanza, è comparso questo post sul profilo Facebook del Comune di Milano: "Molti di voi ci stanno scrivendo come poter dare un aiuto, indice di quanto #‎Milano stia a cuore a tutti. Grazie. Il Comune ha predisposto e fatto partire un piano d’emergenza. E il sindaco Giuliano Pisapia (che chiederà i danni morali e materiali ai responsabili) ha lanciato un appello: "Milano risorge rispondendo ’no’ alla violenza". Saremo uniti e forti e daremo un messaggio a tutto il mondo".
Maroni: un milione e mezzo per i danni. Al termine della riunione in prefettura, il presidente della Regione, Roberto Maroni, ha affermato: "Predisporremo un fondo per risarcire i danni ai cittadini. Ci metteremo inizialmente un milione e mezzo di euro". D’accordo con il Comune, che farà la rilevazione dei danni, se non ci saranno le assicurazioni risarciremo noi". Anche Palazzo Marino ha annunciato l’intenzione di "dare un contributo, anche di carattere economico". Una prima mappatura dei disastri parla di 17 auto incendiate e 10 vandalizzate (soprattutto auto di grossa cilindrata, ma anche utilitarie), 13 vetrine di banche (tra cui Deutsche Bank, Bnl, Cariparma Credit agricole) mandate in frantumi, 12 negozi e vari portoni di palazzi danneggiati, vari sportelli bancomat mandati fuori uso. Gran parte della segnaletica della zona di via Carducci è stata divelta e usata poi per sfondare le vetrine, l’arredo urbano (cestini dei rifiuti, cassonetti e fioriere) è stato utilizzato per creare le barricate e poi incendiato. Sono stati pochi gli edifici di via Boccaccio, corso Magenta e via Carducci a venire risparmiati dalle scritte sui muri. Tra le più gettonate: "Milano brucia, grazie Expo", "Accetta le banche", "Morte alla Digos", "Capitalism Kill".
Una domenica al lavoro. Alle telecamere di Sky, intervistato alla Scala durante la Turandot, l’opera che inaugurava Expo, il sindaco Giuliano Pisapia aveva parlato di una domenica di lavoro collettivo per risistemare la città. E su Facebook, dopo la devastazione, è stata creata la pagina Nessuno Tocchi Milano che in 13 ore ha raccolto seimila ’Mi piace’. C’è scritto in uno dei post: "La prossima domenica, 3 maggio, la Milano che dice no alla violenza si ritrova per ripulire le vie del centro e riconsegnare la città, pulita, ai Milanesi e a chi visiterà Expo nei prossimi mesi. Milano non ha paura, Milano si rialza!".

I pm: "Il reato è devastazione". Cinque (tre uomini e due donne) le persone arrestate per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, getto pericoloso di cose e oltraggio. Per loro il pm Basilone ha chiesto la convalida e la custodia cautelare in carcere. L’inchiesta di Basilone e di Maurizio Romanelli, capo del pool antiterrorismo, è stata aperta per "devastazione" che prevede pene comprese tra gli 8 anni e i 15 anni. Non è escluso che si aggiunga anche il reato di incendio. Oltre agli arrestati, ci sono anche dei denunciati: i carabinieri indagano su 14 persone tra i 31 e i 57 anni. Sono stati fermati, dopo il corteo, nelle stazioni della metropolitana di Famagosta e Centrale e Cadorna. Dieci hanno precedenti penali, si tratta di operai, studenti e disoccupati. Filmati di telecamere di sorveglianza, video e immagini dei giornalisti e dei fotografi che seguivano la manifestazione, vengono esaminati dagli investigatori per identificare altri black bloc.
Dieci stranieri fermati in via Washington. Una decina di No Expo stranieri sono stati accompagnati in questura dalla polizia per essere identificati, dopo essere stati fermati intorno alle 14 in un bar di via Washington, davanti a un supermercato Esselunga dove poco prima si erano fermati per fare la spesa. Sul posto sono intervenute diverse volanti, auto civetta e un blindato. Nelle prime ore del mattino, invece, erano state sequestrate tre molotov davanti a un bar in via Trivulzio 14. A chiamare la polizia era stato il titolare dell’esercizio pubblico che aveva notato un marsupio con all’interno bottiglie con stoppini bianchi e un liquido che all’apparenza sembra benzina. Ma la questura nella notte ha dovuto fare un inventario lunghissimo di tutto ciò che è stato sequestrato dopo il corteo e indosso ai manifestanti portati in questura.
Polemiche contro chi non si è dissociato. E si apre la polemica sul comportamento degli altri manifestanti, quelli che anche se non hanno partecipato all’opera di devastazione, nemmeno si sono dissociati dalle violenze. "Penso che sia arrivato il momento di scegliere con chi accompagnarsi - ha detto il vice sindaco Ada Lucia De Cesaris - durante la manifestazione c’è stato un momento in cui l’inizio della tensione era visibile: chi avesse voluto prendere le distanze, avrebbe potuto farlo subito. E il fatto che questo non sia avvenuto, fa riflettere. Penso che sia giusto manifestare e farlo democraticamente quando si hanno obiettivi reali, ma stavolta sembra che l’unico obiettivo fosse distruggere".
Le riflessioni del movimento. Il movimento No Expo fa autocritica e diffonde in rete, sul sito Milanoinmovimento, una prima riflessione: "Anni di lavoro sui contenuti, di condivisione e lotte sono stati letteralmente spazzati via dalla scena pubblica. E se c’è chi ha gioco facile a far vedere colonne di fumo nero che si alzano nel cielo della città e roghi di auto e negozi, beh, qualcuno ’sto lavoro di demonizzazione glielo ha reso davvero facile. Non abbiamo davvero niente da guadagnare dal totale isolamento nel quale ci ritroveremo, da domani, a fare politica nella nostra città".
Il bilancio dei danni. E’ pesante e non ancora quantificato, ma parla di vetrine di negozi devastate, ingressi di banche completamente distrutti, decine di auto date alle fiamme o danneggiate, di una guerriglia che lascia ben evidente sui muri della città le frasi della protesta. A fine giornata sono cinque gli arresti per resistenza aggravata. Sono tutti italiani tra i 27 e 42 anni, tra loro due donne, tutti sono anche indagati per lesioni, lancio di cose pericolose e oltraggio.
Salvata la targa di Calabresi. La targa commemorativa di Luigi Calabresi, che si trova in via Cherubini dal 17 maggio 2007, a margine dei giardini di via Mario Pagano, è stata rimossa il 30 aprile per evitare che
venisse vandalizzata.
La guerriglia sui media internazionali. Anche l’attenzione dei media internazionali è stata catalizzata dagli scontri, più che dall’inaugurazione di Expo. Secondo le maggiori testate straniere - dal Financial Times, al Guardian, da Le Monde a Der Spiegel, dal Pais alla Bbc - quello che è successo per mano delle tute nere ha "rovinato" la festa di Expo.

No Expo, i milanesi puliscono. L’assessore: "Domenica evento di risposta della città"

Il giorno dopo il corteo No Expo che ha devastato la zona di Cadorna, i cittadini di Milano si sono messi al lavoro per pulire le scritte dai muri e per riparare i danni fatti dai black bloc. L’assessore ai lavori pubblici Carmela Rozza annuncia una risposta, da parte dell’amministrazione pubblica per domani e un altro momento che verrà organizzato per sabato prossimo. In quell’occasione i cittadini di Milano saranno chiamati a pulire in massa la parte di città devastata dai manifestanti. "Un’azione forte che dice: adesso ci avete rotto le scatole".

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"L’Expo non si poteva macchiare di sangue. Né dei manifestanti, né delle forze dell’ordine". Il capo della polizia, il prefetto Alessandro Pansa, non ha dubbi nello schierarsi al fianco di chi, a Milano, ha gestito l’ordine pubblico il Primo Maggio, giornata del corteo No Expo finita con il centro devastato da un manipolo di tute nere. Ma nessun ferito - lo sottolinea la questura - tra manifestanti e cittadini. Tante sono le polemiche di politici nate da quei fatti e tanti i commenti dei cittadini milanesi - sui social network è uno degli argomenti più caldi - che accusano polizia e carabinieri di un atteggiamento troppo indulgente nei confronti dei violenti. Non è dell’avviso neppure il premier Matteo Renzi: "Credo si debba dire grazie alle forze dell’ordine che hanno fatto un lavoro molto serio, hanno evitato le provocazioni". Poi aggiunge: "Bisogna dire grazie ai cittadini di Milano che subito dopo che era passato il corteo sono scesi per strada a ripulire".
No Expo, l’arsenale delle tute nere
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Della stessa opinione è anche il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli che in qualità di capo del pool antiterrorismo si occupa delle indagini sui black bloc (l’orientamento è quello di indagare per "devastazione", reato che prevede pene fino a 15 anni). Romanelli giudica "straordinario il lavoro delle forze dell’ordine" e ringrazia "chi era là in prima linea, perché l’area dei disordini è rimasta circoscritta". E anche perché - particolare non trascurabile nel caos generato dai black bloc - nessuno è rimasto ferito. Lo precisa la questura specificando, nessun manifestante e nessun cittadino. Undici, invece, sono stati gli agenti e i carabinieri, che sono stati medicati.
La tesi di Pansa è quella che si è trattato di scegliere il male minore. "E’ evidente che chi tira una molotov deve essere arrestato - ha detto ancora - ma abbiamo valutato che non valeva la pena intervenire e arrestare perchè avremmo creato danni ancora più gravi. Il fatto che le forze dell’ordine abbiano atteso e lasciato che alcune azioni violente venissero compiute è una scelta fatta a monte. Noi infatti, grazie all’attività di intelligence, sapevamo benissimo che gli obiettivi dei manifestanti violenti erano ben altri: volevano fare danni molto maggiori, raggiungere piazza Duomo e la Scala, distruggere i simboli di Expo disposti nella città".
Interrogato sul perchè, quando la polizia vede i manifestanti incendiare un’auto, non intervenga, il capo della polizia ha risposto: "Saremmo caduti nella loro trappola. I piccoli gruppi che agivano in vie laterali si sarebbero rifugiati nel corteo e noi saremmo finiti addosso al corteo senza riuscire più a individuarli. Così avremmo consentito loro di raggiungere gli obiettivi che volevano".

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«Prenderlo a sberle come ha fatto la mamma di Baltimora? Devo essere onesto, 4 schiaffoni glieli avrei anche dati volentieri. Però mio figlio ha quasi 21 anni, che cosa avrei risolto così? Ci ho pensato ma mi sono trattenuto». Vincenzo Sangermano rivolge lo sguardo sconsolato al figlio Mattia, 21 anni tra pochi mesi. Mattia, Tia per gli amici, è il ragazzo che venerdì sera è rimbalzato da un tg all’altro per le sue frasi inneggianti alla violenza di manifestanti anti Expo che hanno devastato il cuore di Milano. Qui, nella tranquillità di Lacchiarella, paesino di ottomila anime tra le risaie, in cui vive la famiglia Sangermano, la guerriglia civile messa in scena dai black bloc sembra lontana anni luce.
Padre e figlio si affacciano dal cancello di una villetta
Padre e figlio si affacciano dal cancello di una villetta a schiera. Fiori ovunque, un rottweiler e un pinscher nano che corrono al portone. «Guardi che siamo una famiglia normale – puntualizza il padre, operaio in una ditta della zona -. Mio figlio non è uno sbandato. E’ semplicemente un pirla». Mattia studia al liceo economico-sociale Cairoli di Pavia. Dopo due bocciature sta cercando di recuperare. Non fa politica e non appartiene a nessun gruppo. «Bazzica i centri sociali perché ama il rap e il rock alternativo, ma se gli chiedete i motivi della manifestazione no Expo fa confusione. Si è infilato in una storia più grande di lui», dice il padre. La rabbia e il dispiacere per le frasi pronunciate dal figlio è palpabile. «E’ stato mio figlio minore, che ha 2 anni meno di Mattia, a mostrarmi l’intervista sul telefonino. Sono rimasto senza parole. L’ho subito cercato al cellulare. Quando è tornato a casa io e mia moglie lo abbiamo affrontato. Abbiamo litigato per ore. Ma ancora adesso non sa dare un vero perché a queste frasi assurde».
«Io sono totalmente favorevole ad Expo, è un’opportunità di lavoro»
«Una delle cose che mi fa arrabbiare di più, poi, è che io sono totalmente favorevole ad Expo, è un’opportunità di lavoro per tanti. Davvero non capisco», aggiunge Vincenzo. Mattia cerca di giustificarsi ma viene continuamente ripreso dal padre. «Forse non sono stato capito. Partecipare alla manifestazione mi ha caricato di emozioni, anche se ci sono capitato per caso. Io le rivoluzioni le ho lette soltanto sui libri di scuola e mi sembrava di farne parte in quel momento. Lottare per chi muore di fame nel mondo. Ma non fatto nulla, non ho rotto o danneggiato nulla», spiega il ragazzo. Il padre Vincenzo taglia corto: «Mattia ha detto che se avesse potuto avrebbe spaccato qualcosa anche lui. Non ci sono giustificazioni per la violenza. Io e mia moglie chiediamo scusa sinceramente. E ci vergogniamo per lui. Mia moglie non esce di casa da ieri».

LELLO VALITUTTI
Lello Valitutti si muove svelto sulla sedia a rotelle. Ieri era in prima linea al corteo dei NoExpo a Milano. Le foto che lo immortalano con il casco in testa in mezzo al fumo e ai Black Bloc hanno fatto il giro del web. Ma lui in piazza c’è da sempre se ci sono gli anarchici. Pasquale Valitutti - questo il suo vero nome - finì anche nella retata disposta dalla magistratura sulla pista anarchica seguita inizialmente dagli inquirenti all’indomani della strage di Piazza Fontana, nel 1969. Fu fermato per accertamenti con Giuseppe Pinelli, il ferroviere anarchico che morì precipitando da un finestra della questura di Milano. Valitutti, 69 anni, ha origini milanesi, ma vive a Roma. E non si perde una manifestazione.
Come è andata ieri?
Sorride, strizzando gli occhi azzurri. "Bene, giornata tranquilla..."
È venuto da solo?
"Sì, ma qui ho tanti compagni".
Ed era in prima linea.
"Esatto. Quando è arrivata la polizia, gli agenti in divisa mi hanno colpito alla testa. Ma solo con le mani, non con i manganelli. Così, giusto per stordire. Poi sono arrivati gli altri in borghese, e mi hanno minacciato: "Guarda che ti conosciamo, sappiamo dove abiti. Veniamo a casa tua e ti facciamo saltare le cervella". Non si minaccia così una persona".
Ieri, però, il centro di Milano è stato devastato. Hanno distrutto vetrine, automobili...
"Hanno colpito dei simboli: banche, macchine da ricchi. Nessuna macchina povera. Anche se, a volte, in queste situazioni può succedere, può capitare per sbaglio".
Ma cosa c’entrano i proprietari di quelle automobili?
"Deve capire che questi ragazzi vengono qui e rischiano la loro incolumità per i loro ideali. Lo fanno perché sono disperati, è l’angoscia che li muove. Se li prendono possono farsi anche 10 anni di galera. Cosa ci guadagnano? Io sono vecchio, anche se mi beccano non rischio molto. Loro sì, ma vengono comunque. E colpiscono i simboli del mondo che non vogliono".
Scontri a Milano: tra i black bloc l’anarchico in carrozzella
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L’obiettivo, stavolta, era l’Expo.
"Ma anche l’Expo è solo un simbolo. E poi non ha senso che proprio quelli che ci affamano facciano un’esposizione
sull’alimentazione. Dentro ci sono anche le multinazionali. Pensi che il debito per l’Expo, secondo gli ottimisti, vale un miliardo di euro. E lo paghiamo noi".
Per terra, alla fine del corteo, c’erano le tute nere abbandonate. Era tutto organizzato?
"No, non siamo organizzati come tutti pensano. Ci sono persone diversissime tra loro che manifestano insieme. Poi, certo, in corteo, se serve, ci si aiuta a vicenda…"

CORRIERE.IT
Le prime immagini mostrano il corteo dei No Expo, cartelloni colorati, uomini donne e famigliole che passeggiano al ritmo di una canzone di Donatella Rettore, un classico dei sound system delle manifestazioni. Basta uno zoom, però, per notare che nelle vene di quel corteo ancora tranquillo camminano a passo veloce ragazzi vestiti di nero che nessuno sembra notare. Ma sono troppi per risultare invisibili, soprattutto quando uno di loro si stacca dalla fiumana di gente, avanza verso la polizia schierata e spara petardi.

Comincia così il video-riassunto che la Questura di Milano ha confezionato per raccontare in tre minuti le devastazioni di Milano accadute il 1 maggio in occasione della May Day Parade e della mobilitazione #NoExpo. Un appuntamento che non ha colto di sorpresa le forze dell’ordine: nei giorni precedenti un sito di informazione dell’antagonismo prometteva di "fare male" all’Expo, ed era noto il senso di allarme e preoccupazione del ministero dell’Interno.
Il video, dunque, è di parte. Ma è un documento nitido e coerente sul caos avvenuto in concomitanza con l’inaugurazione dell’Expo. Dopo qualche secondo di introduzione l’occhio della polizia passa alla guerriglia urbana, raccontando visivamente le mosse delle tute nere che appaiono organizzate militarmente, compatte. Tanto che in uno slargo si schierano con i bastoni, esteticamente minacciosi, uno accanto all’altro con la faccia rivolta alle forze dell’ordine, mentre i compagni là dietro "sanzionano" - questo il linguaggio dei movimenti - le vetrine di di un negozio e lanciano bombe carta.
Macchine incendiate, razzi sparati contro i balconi degli appartamenti, fioriere gettate in mezzo ai binari del tram, fumogeni e lacrimogeni che fanno scendere un aria grigia e pesante, creando un’atmosfera da film di fantascienza, slarghi deserti dove gli agenti in tenuta antisommossa si muovo cautamente come fossero alieni, un esercito sgangherato in cerca di un ruolo definito mentre la città (in questo caso: il quartiere) brucia. Tutta la scena, infatti, è presa dai ragazzi incappucciati che continuano a danneggiare negozi, filiali, macchine, lampioni e pensiline d’autobus.
A bruciare, al termine del video, è anche uno dei celerini che cade a terra e viene salvato dai colleghi. Una scena che rimanda alla sostanziale impotenza delle forze dell’ordine, che durante la guerriglia scatenata dagli antagonisti hanno risposto con l’immobilità. E oggi si lamentano: siamo stati mandati al macello.

HUFFINGTON POST. SIAMO SOLI
Le prime immagini mostrano il corteo dei No Expo, cartelloni colorati, uomini donne e famigliole che passeggiano al ritmo di una canzone di Donatella Rettore, un classico dei sound system delle manifestazioni. Basta uno zoom, però, per notare che nelle vene di quel corteo ancora tranquillo camminano a passo veloce ragazzi vestiti di nero che nessuno sembra notare. Ma sono troppi per risultare invisibili, soprattutto quando uno di loro si stacca dalla fiumana di gente, avanza verso la polizia schierata e spara petardi.
Comincia così il video-riassunto che la Questura di Milano ha confezionato per raccontare in tre minuti le devastazioni di Milano accadute il 1 maggio in occasione della May Day Parade e della mobilitazione #NoExpo. Un appuntamento che non ha colto di sorpresa le forze dell’ordine: nei giorni precedenti un sito di informazione dell’antagonismo prometteva di "fare male" all’Expo, ed era noto il senso di allarme e preoccupazione del ministero dell’Interno.
Il video, dunque, è di parte. Ma è un documento nitido e coerente sul caos avvenuto in concomitanza con l’inaugurazione dell’Expo. Dopo qualche secondo di introduzione l’occhio della polizia passa alla guerriglia urbana, raccontando visivamente le mosse delle tute nere che appaiono organizzate militarmente, compatte. Tanto che in uno slargo si schierano con i bastoni, esteticamente minacciosi, uno accanto all’altro con la faccia rivolta alle forze dell’ordine, mentre i compagni là dietro "sanzionano" - questo il linguaggio dei movimenti - le vetrine di di un negozio e lanciano bombe carta.
Macchine incendiate, razzi sparati contro i balconi degli appartamenti, fioriere gettate in mezzo ai binari del tram, fumogeni e lacrimogeni che fanno scendere un aria grigia e pesante, creando un’atmosfera da film di fantascienza, slarghi deserti dove gli agenti in tenuta antisommossa si muovo cautamente come fossero alieni, un esercito sgangherato in cerca di un ruolo definito mentre la città (in questo caso: il quartiere) brucia. Tutta la scena, infatti, è presa dai ragazzi incappucciati che continuano a danneggiare negozi, filiali, macchine, lampioni e pensiline d’autobus.
A bruciare, al termine del video, è anche uno dei celerini che cade a terra e viene salvato dai colleghi. Una scena che rimanda alla sostanziale impotenza delle forze dell’ordine, che durante la guerriglia scatenata dagli antagonisti hanno risposto con l’immobilità. E oggi si lamentano: siamo stati mandati al macello.

È polemica il giorno dopo le devastazioni di Milano. Al centro la gestione della piazza. Le opposizioni chiedono le dimissioni del ministro degli interni Alfano reo, secondo loro, di aver permesso alle tute nere di agire indisturbate. Se M5s annuncia una mozione di sfiducia, Matteo Salvini va giù duro: "Alfano è un incapace se ne deve andare". A difesa del ministro è intervenuto il collega Martina, responsabile del dicastero dell’Agricoltura, il quale ha affermato: "Le dimissioni? Irricevibili".
Intanto però resta aperto il tema legato agli strumenti in mano alla Polizia nelle situazioni di tensione come quella di Milano. Gianni Tonelli, segretario generale del sindacato di polizia torna sui fatti di Milano con duro atto di accusa."Il governo ci ha mandato al macello. Siamo abbandonati a noi stessi. Da anni la direttiva del ministero dell’Interno è questa: dovete evitare qualsiasi contatto, ma così non si riesce a contenere nessuna situazione di pericolo". Così
"Sulla sicurezza - dice Tonelli - la politica non si vuole assumere responsabilità. E il prezzo da pagare dalla brava gente è altissimo. Ancora una volta subiamo l’ipocrisia della nostra classe politica. Chi devasta le città purtroppo non subisce alcuna conseguenza. C’è gente che ha oltre 70 denunce per disordini e che si trova comunque sempre e ancora a piede libero".
Tonelli mette in guardia per i prossimi mesi dell’Expo: "Purtroppo abbiamo le mani legate, mancano 183 giorni e il rischio e che si ripeta molte altre volte quello che è accaduto ieri a Milano. L’Expo rischia di essere un enorme parco giochi per i delinquenti", conclude Tonelli.