Silvia Berzoni, MilanoFinanza 1/5/2015, 1 maggio 2015
SELL IN MAY? E PERCHÉ?
[Intervista a Byron Wien] –
Sell in may and go away, dice un famoso proverbio a Wall Street. Ma a causa delle mosse straordinarie delle banche centrali, le strategie di primavera sono sempre più difficili da elaborare. Se è vero che il detto ha funzionato una sola volta dal 2009 a oggi, è anche vero che con i mercati ai massimi storici è forte la tentazione di mettere in cassa i profitti.
Ma Byron Wien non la pensa così. Il vice chairman di Blackstone, uno dei maggiori esperti di finanza mondiale, conosciuto per le sue Dieci Sorprese sui Mercati con cui dal 1986 apre l’anno, è convinto che il rally proseguirà fino all’estate Non ci saranno pause. «Nei primi tre mesi, malgrado una crescita zero, Wall Street è salita del 3%. Nel II trimestre, il pil crescerà del 3% e i fondamentali sosterranno il mercato». La scommessa, dunque, è che gli Stati Uniti recuperino le performance a doppia cifra di Europa, Giappone e Cina. Anche perché, nonostante l’incognita della Fed, per chi cerca rendimento «l’alternativa delle obbligazioni è inesistente».
Domanda. Il Nasdaq ha battuto il record del 10 marzo del 2000, prima dello scoppio della bolla Dot.com. Siamo di nuovo a rischio o le attuali valutazioni sono giustificate?
Risposta. Non siamo nemmeno vicini ai livelli di allora. All’epoca della bolla del 1999-2000 le azioni scambiavano più di 50 volte gli utili attesi, oggi il multiplo è 25, e più di 12 volte le vendite attese, oggi siamo a 3,5.
Certo, non posso dire che i titoli costino poco ma nemmeno che siano cari come nel 1999.
D. Eppure ad alcuni operatori fanno paura comparti come il biotech.
R. Che è uno dei miei settori preferiti, uno dei più interessanti. Vero, i titoli di alcune aziende hanno corso molto da inizio anno ma ciò è giustificato dalla crescita degli utili. Pensate ai tanti prodotti approvati dall’Fda. Finché gli utili aumentano, quindi, il settore non potrà dirsi sopravvalutato. Ma bisogna essere prudenti perché ci sono anche titoli molto cari e rischiosi.
D. Altri settori in cui investite in questo momento?
R. Dato che il petrolio è in recupero, credo ci siano molte opportunità nell’energia, specie nell’obbligazionario, molto colpito sinora dalle quotazioni basse del barile. Poi il settore dei consumi discrezionali visto che negli Stati Uniti ci si attende una crescita del salario minimo e un calo della disoccupazione al 5,3%. Anche l’immobiliare è in crescita. Il numero di nuove costruzioni dovrebbe raggiungere il milione di unità e questo sarà positivo per il settore. Non sono molto attratto invece dalle commodity.
D. A inizio anno ha previsto un aumento del 15% dell’S&P500, poi lo ha rivisto al 10%. Lo pensa ancora?
R. Sì. Nel primo trimestre non poteva andare peggio. Tutto è andato storto: maltempo, dollaro forte. Eppure, dopo quattro mesi, il mercato è a + 3%. Moltiplicando il dato per tre otteniamo +9%, molto vicino al 10%.
D. I mercati sono sostenuti dalle banche centrali e dai riacquisti di azioni proprie. Tutto ciò è sostenibile nel lungo periodo?
R. Penso che le banche centrali, specie la Bce, ma anche la Bank of Japan, continueranno ancora per un po’ negli acquisti di asset. L’altro fattore è l’M&A, oggi a livelli record. Questo perché i ricavi delle aziende non salgono velocemente come vorrebbero. Se ciò avvenisse sarebbe più facile aumentare gli utili. Ma se, come accade, i ricavi crescono più lentamente, allora bisogna trovare altre strategie per aumentare gli utili, e le opzioni sono tre: buyback, M&A e leverage per aumentare gli utili per azione.
D. I ricavi non crescono per colpa del superdollaro?
R. No. È che troppe persone producono troppo. La domanda mondiale è alta, ma non è sufficiente a compensare l’offerta. Questo è il vero problema: non una domanda scarsa, ma la difficoltà a trovare un buon lavoro e mantenerlo. Pensate al consumo di benzina: costa sempre meno, anno dopo anno, e i consumatori ne approfittano solo a metà, perché un quarto di ciò che risparmiano lo usano per ripagare vecchi debiti, e un altro 25% lo mettono da parte.
D. In questo momento l’economia Usa è in uno stato tale da giustificare un rialzo dei tassi?
R. La cosa importante da chiedersi è: perché la Fed alzerà i tassi? L’inflazione sale? La disoccupazione è bassa? Nessuna delle due. L’inflazione non è un problema, potrebbe diventarlo in futuro, e il salario minimo orario è aumentato solo del 2,6%. Non ci sarebbero motivi solidi per alzare i tassi. Ma sono stati bassi troppo a lungo, molti contavano su un rendimento del 5% dei fondi pensione e ora hanno meno dell’1%. La Fed vuole alzare i tassi ma non di molto, e non presto. A settembre, forse, così a fine anno i tassi potranno essere circa 50 punti base, non di più. Lo hanno preannunciato, cercano di preparare i mercati quindi non credo che gli investitori debbano preoccuparsi troppo.
D. Quello che dice Janet Yellen ai mercati: non concentratevi sulla data ma sulla modalità del rialzo, che sarà graduale. Ma il mercato è pronto?
R. Credo di sì, non penso che l’impatto sarà troppo forte.
D. Anche per il mercato dei bond? In Europa, circa un terzo di quelli governativi offre rendimenti negativi. Il tasso dei Treasury è appena sopra il 2% nonostante l’economia cresca molto più di quella europea. Qualcosa ci sfugge?
R. Non comprerò mai bond dai rendimenti negativi o più bassi dei Treasury, cioè che rendono meno del 2%. Il mercato obbligazionario oggi è molto costoso, specialmente i governativi. Ma perché? Non c’è abbastanza domanda di beni? Troppa domanda di bond? La realtà è che le persone non sono sicure sul futuro e parcheggiano i soldi nelle obbligazioni. Nessuno crede che un rendimento al 2-3% sia un buon affare, ma è un buon posto dove conservare i soldi finché alcune incognite, come Russia, Iran, e Grecia, non saranno chiarite.
D. Russia e Cina sinora sono state le borse migliori del mondo con una performance del 30%. Troppo costose o è il caso di investirci?
R. L’economia cinese rallenta e, anche se il mercato ha corso molto, se ne vedono già gli effetti. Per questo non investo in Cina a questi prezzi.
D. È possibile l’uscita della Grecia dall’euro? Quali sarebbero le conseguenze per il mercato e gli altri Paesi, come l’Italia?
R. L’uscita della Grecia poteva accadere nel 2010 o 2012, ora non più. Quanto all’Italia, nel 2010 era in pessimo stato, ora sta meglio. Non sta proprio fiorendo, ma quest’anno crescerà dello 0,5%. Spagna e Portogallo crescono di circa il 2%. Il Sud Europa è migliorato rispetto a quattro o cinque anni fa. Non sono preoccupato del contagio. Il debito greco, prima detenuto dalle banche europee, specialmente francesi, sia stato trasferito a enti internazionali, come il Fmi. Quindi, la Grexit non sarà un grosso problema per le banche private, come sarebbe stato due o quattro anni fa. La Grecia può anche essere insolvente e uscire dall’euro senza causare catastrofi. Ma io vorrei che restasse.
D. Lei investe in Italia?
R. Tutti la amano e vogliono investirci. Io però sto investendo in Germania, oggi tra i migliori mercati del mondo. Ho fiducia nell’India e nel Messico, che beneficerà dell’economia Usa.
Silvia Berzoni, MilanoFinanza 1/5/2015