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 2015  maggio 01 Venerdì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 42

(Emilio Riva, l’ultimo uomo d’acciaio)

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EMILIO RIVA, UOMO CHE ADDIZIONAVA SENZA MAI SOTTRARRE –
Nascita. Emilio Riva, nato nel 1926 «a Milano, da una famiglia non agiata. Fin da piccolo vuole qualcosa di meglio, e cresce con l’ambizione di avere di più, non sa mai accontentarsi di ciò che ha. Si capisce già allora che è una persona speciale, diversa, uno con qualcosa dentro che lo porterà lontano».
Tedeschi. A 17 anni un certo maresciallo tedesco lo incarica di approvvigionare l’esercito, e Riva trova così il modo di sfamare anche i suoi. «Va ogni giorno a Milano e fischia sotto la finestra di casa. Quando la madre cala giù dalla finestra il cestino, lui furtivamente lo riempie di pietanze sgraffignate all’esercito».
Il maresciallo tedesco fa finta di non vedere, «soprattutto perché si rende ormai conto che le truppe tedesche in Italia sono destinate a durare pochissimo. «Io adesso aiuta te. Quando Germania kaputt, tu aiuta me». Quando arriva il momento, Emilio nasconde in casa sua il tedesco per sei mesi.
Benzina. «Messo finalmente da parte un po’ di denaro, si attivò per recuperare relitti abbandonati lungo le spiagge della Campania, per poi rivenderli alle grandi acciaierie bresciane su al Nord. Un giorno si ritrova però al porto di Ancona, dove compra dagli americani una nave Liberty, che stiva diecimila tonnellate.
Una volta che se ne impadronisce, scopre che la nave è piena di fusti di benzina. È un affare enorme per l’epoca, tanto che grazie a quell’acquisto adesso comincia veramente a disporre di quantità rilevanti di denaro. Può insomma inseguire il sogno di mettersi in proprio».
Cucinare. «A cucinare bene e a cucinare male ci impieghi lo stesso tempo» (Emilio Riva).
Divise. «Alle impiegate in ufficio impone a tutte la divisa: gonna scura e camicia bianca che loro stesse hanno scelto liberamente consultandosi. Lui si è solo premurato di affidare il lavoro a un sarto.
Non gli sta tanto a cuore di quale divisa si tratti, ma tiene al fatto che siano tutte uguali. Perché, come spiega lui: «Anche le hostess indossano una divisa. Non mi piace vedere sfilate di abiti e colori diversi in un ufficio nel quale tutti fanno lo stesso lavoro».
Sotto. «Il problema di moltissimi uomini è che vivono al di sopra delle loro possibilità. Ne ho conosciuto uno solo al mondo che si accontenta di vivere invece molto al di sotto delle sue possibilità. Si chiama Emilio Riva» (Attilio Monti)
Zucchero. Giamba Parodi, avarissimo, ricchissimo, potentissimo, viveva in un meraviglioso palazzo cinquecentesco nel centro di Genova. Ma, per risparmiare, non teneva acceso il riscaldamento.
Offrì un caffè all’intirizzito Emilio Riva e versò lui stesso nella tazzina mezzo cucchiaino di zucchero. Dopo che Riva ebbe osservato: «È un poco amaro», Parodi rispose subito: «Giri, giri…».
Vita quotidiana.«Il vivere quotidiano di Emilio era fatto di rientri non prima delle otto di sera, dopodiché amava preparare da mangiare e andare a letto presto, perché alle sette dell’indomani era già sveglio, scattava in piedi per bere il suo primo caffè accompagnandolo, da buon milanese, con la lettura del “Corriere”.
Dopo mezz’ora di toilette, andava in ufficio, o dove il lavoro lo portava quel giorno: in Spagna, in Belgio, in Germania. Era la sua vita, il suo tran tran ordinario».
Lapide. «Sulla mia lapide» mi disse una volta Emilio «si potrà scrivere come nella barzelletta dello scozzese McIntosh: “Qui giace Emilio Riva che sempre addizionò, spesso moltiplicò, mai sottrasse. Gli eredi riconoscenti divisero».
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 1/5/2015