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 2015  aprile 27 Lunedì calendario

SLIM, IL VENERDì 17 DEL RE DI DENARI INIZIA LA METAMORFOSI DELL’IMPERO TELEFONICO


New York
La data fatidica è stata quella di venerdì 17 aprile. Non perché Carlos Slim, il secondo uomo più ricco al mondo, fosse condizionato da una cabala (negativa) alla napoletana, ma più semplicemente perché così richiedevano i nuovi severi regolamenti antitrust e i tempi della Borsa.
Dieci giorni fa per il multimiliardario tycoon messicano è arrivato infatti il momento di separare da America Móvil (la grande società di tlc che lo ha reso ricchissimo e con cui ha controllato finora in Messico il 70% del mercato della telefonia mobile e l’80% di quella fissa) le quasi 11mila cell tower, le antenne radio per i cellulari di cui la stessa America Móvil era proprietaria. Anche se si tratta solo di un cosiddetto split off – la nuova società, che si chiama Telesites, avrà gli stessi azionisti (ogni nuova azione verrà scambiata alla pari con azioni American Móvil) e il suo unico cliente sarà Telcel, la rete mobile che fa parte dell’impero di Slim – quanto accaduto quel venerdì 17 è il primo, effettivo, segnale che anche uno degli uomini più ricchi (e più potenti) del mondo deve fare i conti con nuove realtà e, nel caso di Carlos Slim, con le nuove regole che anche il Messico (aldilà degli stereotipi di paese corrotto, violento e inaffidabile) si sta dando per competere nel mercato globale.
Per Carlos Slim non si tratta certo di una diminutio, né da un punto di vista economico-finanziario né da un punto di vista di potere. È vero che le riforme con cui nel 2013 è stata modificata la Costituzione messicana avevano come primo e principale obiettivo quello di creare una ‘concorrenza’ al monopolio quasi assoluto di American Móvil e che in uno dei suoi primi rapporti la nuova agenzia federale per le telecomunicazioni (Ift) ha criticato la società di Slim (e le sue controllate) come “preponderanti agenti economici’’. Ma pur dovendo ridurre al 50% (tetto imposto dalle nuove regole varate dall’Ift) il controllo che ha sul mercato delle telecomunicazioni, la società del multimiliardario messicano resta di gran lunga la più grande e potente tanto che i suoi avversari lamentano che il governo abbia fatto ancora troppo poco. E il capo dell’Ift, Gabriel Contreras, ha confessato alla Reuters che se Telesites continuerà ad essere controllata dagli stessi azionisti di American Móvil difficilmente le cose potranno cambiare in un prossimo futuro.
Appena nata la Telesites è già la seconda società che ‘affitta’ antenne radio per cellulari in America Latina ed in breve sarà in grado di competere con l’American Tower Corp., il gigante Usa con sede a Boston che ha 8mila torri-radio solo in Messico e oltre 32mila nell’intera America Latina. Tra le sanzioni che sono state imposte ad American Móvil c’è quella che impone all’azienda di eliminare la ‘ tassa’ che viene caricata sugli altri operatori per essere connessi alla sua rete, ma considerato che il Messico necessita, secondo le ultime stime, di un totale di 80mila cell tower appare chiaro come Telesites abbia grandi opportunità di crescita. Come parte delle nuove regole Ift la nuova società che ha visto la luce venerdì 17 deve dare però accesso a qualsiasi operatore ne faccia richiesta in cambio di un cifra fissa che verrà pattuita dalle parti. Nel caso non si arrivasse a un accordo la stessa Ift farà da arbitro.
Per evitare inutili ‘guerre’ commerciali Carlos Slim ha già fatto sapere che intende controllare la nuova società solamente per i primi due anni, periodo dopo il quale scatteranno altre regole nel mercato riformato delle tlc. Il governo messicano sta preparando offerte in vista di una grande rete wireless nazionale in grado di competere con American Móvil, una rete dal valore di 10miliardi di dollari che dovrebbe essere amministrata (in modo indipendente) da una società che non sia coinvolta nel mercato dei cellulari e che dovrebbe essere operativa dal 2018. Ennesima prova (e Carlos Slim ne e prettamente conscio) che l’attacco al suo monopolio non è che all’inizio, che ci sono forti correnti politico-economiche (all’interno del Messico ma soprattutto all’esterno, negli Usa in primo luogo) che lo aspettano al varco. Ha deciso perciò di agire di conseguenza. Come? Allargando il suo regno ad altri settori dell’economia messicana e fare in modo che la crescita della sua ricchezza non venga fermata.
Il mese scorso ha acquistato il Banco Wal-Mart, una banca con un milione e mezzo di clienti attraverso cui avrà pieno accesso al crescente impero del gigante Usa della grande distribuzione in America Latina. Un’operazione che è stata approvata (non senza qualche polemica) dalla commissione federale “per la competitività”. All’inizio di quest’anno è diventato il principale azionista del New York Times dopo aver acquistato la bellezza di 16 milioni di azioni (al prezzo di 6,36 dollari l’una, oggi valgono quasi il doppio) del quotidiano più famoso al mondo e senza essere accusato (cosa che invece avvenne quando mise piede per la prima volta al Nyt) di attentare alla libertà di stampa. Nel marzo di quest’anno ha investito milioni su milioni nel mercato immobiliare spagnolo, comprando quando i prezzi erano ai minimi. La vera svolta l’ha compiuta però nelle ultime settimane. Il 15 aprile scorso il miliardario messicano ha infatti fondato la Carso Oil&Gas, la sua compagnia petrolifera, pochi giorni dopo che il presidente messicano Enrique Peña Nieto aveva annunciato la riforma dell’industria petrolifera che metterà la parola fine al monopolio di Pemex (che dura dal 1938) la società pubblica di proprietà dello Stato.
Carlos Slim non ha perso tempo e del resto non si arriva ad essere il secondo uomo più ricco al mondo (classifica Forbes) per caso – dopo essere stato per qualche anno (dal 2010 al 2013) il primo assoluto – con un patrimonio stimato oggi in circa 75 miliardi di dollari. Di strada “l’uomo che non sorride mai” (come lo ha definito la stampa Usa, nonostante alcune foto mostrino il contrario) ne ha fatta veramente tanta da quando, ancora adolescente, decise di investire – o almeno questo è quanto racconta la leggenda ufficiale – tutti i suoi risparmi in titoli di Stato e qualche anno dopo (a 15 anni di età) divenne azionista della più grande (allora) banca messicana, grazie anche ai soldi dell’azienda immobiliare di famiglia. La grande ricchezza (per lui) coincide con la grave crisi economica del 1982, quando Carlos Slim capisce meglio di ogni altro i grandi spazi di manovra che si aprivano per chi avesse idee e capitali.
Con l’arrivo al potere di Carlos Salinas De Gortari (dal 1988 al 1994) lo spregiudicato presidente costretto nel 1995 a fuggire dal paese perché coinvolto in affari illeciti (e forse narcotraffico) quello di Slim diventa un vero e proprio impero. La politica di Salinas, che sostiene lo sviluppo di forze imprenditoriali locali in grado di contrastare le multinazionali Usa favorisce lui prima di ogni altro, facendolo diventare rapidamente l’uomo più potente del Messico. Con la politica il multimiliardario messicano ci sa fare, non guarda troppo alle ideologie (ha finanziato sia il Partito di Azione Nazionale, formazione di destra ultraconservatrice, che il Partito della Rivoluzione Democratica, di sinistra) e lo sta dimostrando anche adesso che gli attacchi contro di lui (e soprattutto contro il suo impero) sono diventati più massicci e più frequenti.
Pochi giorni fa, durante un incontro a Phoenix con 400 imprenditori dell’Arizona ha riassunto così la propria filosofia di vita e di business: “Accettate sempre il punto divista degli altri. Per mantenere forte il valore del capitale umano investite nella formazione e aiutate i lavoratori a restare in buona salute”.