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 2015  aprile 25 Sabato calendario

La vera riforma istituzionale sarebbe vederli finalmente in aula. Tutti. O almeno qualcuno. Non è la prima volta che disertano, ma ci sono situazioni in cui fa più male

La vera riforma istituzionale sarebbe vederli finalmente in aula. Tutti. O almeno qualcuno. Non è la prima volta che disertano, ma ci sono situazioni in cui fa più male. Ieri, per esempio. Il ministro degli Esteri riferiva alla Camera sulla tragedia di Lo Porto, l’italiano ucciso da un drone di Obama, e ad ascoltarlo erano in trentacinque. Gli altri seicento assiepavano stazioni e aeroporti, ma forse erano già ripartiti il giorno prima o quello prima ancora. Forse non erano mai arrivati. Tanto chi li controlla? Chi dà peso al loro lavoro? Gli scranni vuoti svuotano di senso il rito della democrazia. Le polemiche contro il governo che risuonavano ieri mattina nell’aula deserta erano urla nel silenzio, meri esercizi di stile. Come puoi pensare che il Paese ti ascolti, se non ti ascoltano nemmeno le persone che sono state elette con te? La Camera è la piazza dove si discute, ma una piazza abbandonata toglie autorevolezza a qualunque cosa vi accada. Prima di decidere la legge elettorale che servirà a selezionare gli inquilini futuri di Montecitorio, bisognerebbe chiedersi quale sarà il loro ruolo. Quello attuale oscilla tra il passacarte, il menefreghista e il latitante. E, con un morto di mezzo, lo squallore della scena diventa insopportabile. A proposito della falsa partecipazione dei potenti al suo lutto, il padre di Lo Porto ha detto: «Tanto domani berranno il caffè e si saranno già dimenticati tutto». È stato ottimista, perché domani era già ieri. Massimo Gramellini