Paolo Siepi, ItaliaOggi 28/4/2015, 28 aprile 2015
PERISCOPIO
La commissione di vigilanza della Rai ha proposto l’abolizione del programma Che fai, mangi? ritenendolo allusivo per la nostra classe politica. Amurri & Verde. News. Mondadori, 1984.
Mi pare che il bilancio di Renzi non sia così catastrofico. Modesto sì, catastrofico no. Se quelli della sua compagine fossero meno trionfalisti e più umili, lo scarto tra i tanti proclami e le poche cose fatte sarebbe meno grave: dire «guardate quanto siamo bravi» è sempre controproducente, puzza di presunzione e di fumo negli occhi. Tenere i toni bassi (stare schisci, si dice a Milano) aiuterebbe a mitigare le brutte sorprese. Michele Serra. ilvenerdì.
Con Caldoro alla Regione Campania abbiamo avuto per cinque anni un governatore assente. Ed ecco i risultati: siamo gli ultimi in tutto e primi solo per disoccupazione. Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno e candidato alla presidenza della Regione Campania. Corsera.
Più passa il tempo in tv, più l’osservatore prende confidenza con la grammatica landiniana e più si rende conto di come questo simpatico sindacalista si stia trasformando nell’erede naturale di Antonio Ingroia. Stesso pubblico. Stessi fan. Stessa stampa. E proprio come il nostro beniamino che ha allegramente usato le proprie inchieste per fare politica, Landini oggi sta usando il consenso che ha costruito in una vita passata nel sindacato per fare la sua rivoluzione civile. Claudio Cerasa. Il Foglio.
In un circolo Arci, tra Reggio Emilia e Parma, dopo che ha parlato Massimo D’Alema, interviene un imprenditore, settore ceramiche, prende il microfono e si sfoga: «Mi sento un fallito perché ho fatto fare la cassa integrazione, perché ho lasciato a casa 40 persone, perché ho votato questo partito per cinquant’anni. Massimo, tu hai sbagliato perché non sei stato vicino a Walter quando ne aveva bisogno». D’Alema si alza in piedi da tavola: «Scusate, ma sono un vecchio comiziante. Io non odio Veltroni, ma gli ìmputo la colpa del leaderismo che ci ha portati dove stiamo. M’invitò alla prima di Quando c’era Berlinguer, ho dovuto declinare l’invito perché avevo un convegno, in Cina. Ma poi ha insistito. E con lui le nostre figlie. Io e lui abbiamo un universo sentimentale comune e siamo prigionieri delle nostre figlie. Non è vero che Veltroni è più buono e io più furbo». Massimo D’Alema (Giampiero Calapà). Il Fatto.
Il migliore dei ministri di quest’ultimo dopoguerra fu Giovanni Marcora, un vero e concreto decisionista, uno che non faceva perdere tempo al prossimo, sempre nell’interesse della comunità. Corrado Calabrò, grand commis dello Stato. redazione.cesarelanza.com.
Appena arrivò anche in Svizzera la notizia della Liberazione, il 25 aprile 1945, mi precipitai a Lugano per rientrare a Milano. Il Cln si oppose, disse che era troppo pericoloso. Ma mi incamminai lo stesso, con Giorgio Cini, figlio del conte Vittorio, e riuscii a varcare la frontiera. Appena in tempo per assistere, due giorni dopo, alla mattanza granguignolesca di Piazzale Loreto. Ecco, l’immagine che associo a quei giorni è purtroppo quello spettacolo di macelleria messicana, che certamente non mi indusse a pensieri troppo ottimistici per l’avvenire... La Milano di allora era piena di partigiani, pochi autentici e molti dell’ultima ora. Tutti con una gran voglia di sangue, di epurazione. Anche tra i giornalisti. Intrupparono anche me, tra quelli che avrebbero dovuto epurare i colleghi per conto del Cln: la commissione era presieduta da quel galantuomo di Mario Melloni, il futuro Fortebraccio. Riuscii a convincerlo a non epurare quasi nessuno. Altrimenti, dissi, avremmo dovuto cacciare tutti gli italiani. Figurati che volevano castigare persino Buzzati, solo perché aveva continuato a scrivere sul Corriere anche durante Salò. Dovetti spiegare che Dino di politica non capiva nulla, andava assolto per incapacità di intendere e volere... Indro Montanelli (Marco Travaglio), La Voce, marzo 1995, ripresa dal Fatto.
Ozieri. La ragazza, seduta davanti alla porta di casa, indossa il costume tradizionale. Sotto la lunga gonna nera spuntano le scarpe da tennis bianche e rosse. Anche questo è inquinamento. Dino Basili, Tagliar corto. Mondadori, 1987.
Non ho un dio. Se lo avessi, gli chiederei di non farmi arrivare alla morte. Ho ancora molto da camminare. Ci sono lune alle quali non ho ancora abbaiato e soli che non mi hanno ancora acceso. Eduardo Galeano, scrittore. la Repubblica.
Luciana non è solo una persona: lei è una legione di fatti, problemi, incontri, dubbi, amici, contatti, rimpianti, offerte speciali, mostre , processi, eventi, diete, figurazioni allegoriche, tragitti, spedizioni, safari, ricerche dell’io e di tutti gli altri pronomi, analisi (di scuole diverse), affiliazioni pseudocriminali, trip orgiastici, sedute spiritiche, estasi artificiali, librerie vintage, biglietto gratis, foulard di Como, carciofi di Paestum, violini di Cremona, ceramiche di Vietri, risonanze magnetiche, ricatti emotivi, auto-palpazioni, estroflessioni prostatiche, orgasmi mentali, ginnastiche ideologiche, ribaltamenti politici, salite e discese dalla scena new age, punk, electroglam, berlinese, situazionista, sistuazionista-viennese, post-surrealista, hard e soft core, post-psichiatrica, psichiatrica e basta, mainsteream, nazionale, internazionale, globale, localissima, non artistica, veneziana, cineamatoriale, porno, post-porno, ebraico-palestinese, periferica, centrale. Daniela Ranieri, Mille esempi di cani smarriti. Ponte alle grazie, 2015.
Il 13 febbraio chiamo un taxi Cinquesettanta e mi viene a prendere un ragazzo. Durante la corsa si mette a cantare e io lo lodo per la voce bella e intonata. Lui mi risponde che ha l’abitudine di cantare con la moglie e i figli. «Quanti figli hai?». «Tre», mi risponde. «’Primm’ è nivuro» («Il primo è negro»). Abitava in un vascio dei vicoli di Toledo (i famosi Quartieri). Una negra fece un bambino e, abbandonatolo, scomparve. Questo ragazzo lo ho adottato. Ora ’O nirone, così lo chiamano i compagni di scuola, ha 13 anni. Il taxista ha già il posto prenotato in Paradiso, nessuno potrà toglierlo. Paolo Isotta, La virtù dell’elefante. Marsilio, 2014.
Era una mite sera lombarda di novembre, con un sapore di risaie lontane e una calia di nebbia che alonava attorno ai lampioni a gas. Luigi Santucci, Orfeo in Paradiso. Mondadori.
Se volete che un pettegolezzo, con il suggello della discrezione, diventi di pubblico dominio, bisbigliatelo in un orecchio. Roberto Gervaso Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 28/4/2015