Varie, 28 aprile 2015
Circo per Sette - Ha scritto il Wall Street Journal che Cirque du Soleil potrebbe cambiare proprietà
Circo per Sette - Ha scritto il Wall Street Journal che Cirque du Soleil potrebbe cambiare proprietà. Infatti il fondatore, l’ex mangiatore di fuoco Guy Lalibertè, è in trattativa per cederlo a una cordata di investitori guidata dal fondo di private equity americano Tpg. Della cordata farebbe parte anche la cinese Fosum Capital Group. Si parla di un’offerta da 1,5 miliardi di dollari, ma Laliberté vorrebbe di più. Numeri del Cirque du Soleil: 3.800 dipendenti, 8 spettacoli in tournée con tendoni in tutto il mondo, e altri 9 spettacoli stabili, ognuno con differenti tematiche, a Montreal, Las Vegas (6 show), New York, Orlando e Macao. Nel maggio 2011 sono stati aperti altri due spettacoli fissi a Singapore e a Dubai. Differenze tra il circo tradizionale e il “nuovo circo”: il primo utilizza animali, il secondo è quasi sempre senza animali, eccetto qualche animale domestico o da cortile. Nel primo, i numeri si susseguono senza una logica precisa, nel secondo sono legati tra loro da un filo drammaturgico. L’arte circense tradizionale è composta da acrobazie e prestidigitazione, il “nuovo circo”, pur mantenendo numeri acrobatici, propone danza, teatro, musica. Il circo tradizionale si rivolge soprattutto ai bambini, il “nuovo” è pensato anche per gli adulti (alcuni spettacoli sono vietati ai minori). Il primo è creato e tramandato da grandi famiglie circensi, il secondo mette insieme compagnie teatrali non legate da parentela. Il circo tradizionale viaggia in carovana e pianta il tendone nei luoghi in cui si esibisce, il “nuovo circo” trova i tendoni già installati, i suoi spettacoli fanno parte di cartelloni teatrali. «Una volta, ad Amsterdam, piazzammo il nostro tendone davanti alla sede del Soleil. Loro sembravano una setta segreta, la mattina recitavano una specie di litania tutti assieme, vestiti uguali, stessa maglietta e stesso cappellino. Per prenderli in giro comprai una serie di Borsalino per gli artisti del mio circo. La differenza è questa: la nostra è un’impresa familiare, con vite normali, tutte disciplina e fatica. La sua è una multinazionale sbarcata a Hollywood, con quello che ne segue» (Livio Togni a proposito di Guy Lalibertè). Nell’antico Egitto in onore del dio Osiride si tenevano festeggiamenti con canti, divertimenti e danze acrobatiche, raffigurate nei dipinti rimasti a Tebe e a Menfi. I Cretesi, a questo tipo di rituale, aggiunsero gare sportive sostenute da giovani acrobati che saltavano in groppa ai tori, compiendo spericolate esibizioni. Invece gli Ateniesi, al termine della vendemmia, si divertivano con giochi di equilibrio su otri di vino unti di olio. Alcuni storici ritengono che sia stato Tespi, padre della tragedia greca, l’inventore di alcuni elementi che si trovano ancor oggi nel circo. Per esempio la maschera bianca, che tuttora viene talvolta usata da alcuni clown. Tra i Romani il termine “circo” indicava le lotte dei gladiatori, che si tenevano nel Colosseo o nel Circo Massimo. Quasi sempre lo spettacolo cominciava con danze, acrobazie e spettacoli equestri in il cavaliere induceva il cavallo a piegare la testa fino a toccare la polvere, come in un inchino. Già ai tempi dei Romani per le strade non era insolito vedere spettacoli di girovaghi, molto graditi alla popolazione. Dopo l’affermazione del Cristianesimo e della Chiesa, furono proibiti: non poche volte giocolieri e cavallerizzi finirono sotto il giudizio degli inquisitori. Il cavallo Morocco, ammaestrato dall’inglese Banks e ricordato anche da Shakespeare, si esibiva nelle fiere europee nella seconda metà del 1500: riportava gli oggetti, indicava una carta, marciava sulle ginocchia, faceva il morto e danzava. Insieme al suo padrone fu mandato al rogo con il suo addestratore dall’Inquisizione di Spagna: era inaccettabile che un animale avesse atteggiamenti umani. Altri animali famosi: nel 1749, alla fiera di St. Germain aveva molto impressionato un cavallo prestigiatore ed equilibrista, che sapeva danzare al suono di un violino. Il cavallo turco della fiera di St. Laurent del 1772 era celebre perché contava quanti bottoni c’erano negli abiti degli spettatori, distingueva i colori e saltava attraverso un cerchio. Alcune illustrazioni del sec. XVIII raffigurano cavalli che stanno seduti a tavola, raccolgono fazzoletti o panieri, indicano l’ora o le lettere dell’alfabeto a colpi di zoccolo, si coricano sulla schiena, e s’impennano poggiando le zampe anteriori sulle spalle dell’uomo. Gli artisti della Comédie française, ostili ai saltimbanchi, ottennero una legge che proponeva a quest’ultimi l’uso della parola nei loro spettacoli. Jean Baptiste Nicolet che improvvisava sul Boulevard du Temple a Parigi un teatro di varietà. Per evitare le minacce dei commedianti si era munito di una concessione di Luigi XV che gli accordava di intitolare la sua baracca “Théâtre des grands danseurs du roi”. Nello spettacolo si esibivano giocolieri, acrobati, prestigiatori, ballerini, funamboli, mimi. Il primo a dare spettacoli di cavalli ammaestrati in anfiteatri trasportabili, nel Settecento, fu l’inglese Philips Astely, considerato il fondatore del circo moderno. A lui va il merito di aver realizzato gli spettacoli che, ai numeri con i cavalli, univano le esibizioni di funamboli, giocolieri, prestigiatori, ventriloqui e clown (che avevano la funzione di divertire il pubblico dopo i momenti di maggiore tensione). I primi tendoni smontabili erano piccole tende di 20 o 30 metri di diametro, a un solo albero centrale. Dopoil 1850 l’americano Gilbert Spaudin inventò la tenda a due alberi, capace di contenere 3.500 posti; successivamente furono costruite tende a 4, 6 fino a 8 alberi per ospitare fino a 15.000 spettatori. Nel 1890 al “Barnum and Bailey Greatest Show on Earth” il programma di spettacoli si svolgeva contemporaneamente su tre piste. Esordi di Phineas Taylor Barnum, impresario circense: a venticinque anni (1835), acquistò, per cinquanta piastre una vecchia di colore di nome Joyce Heth. Dopo averla portata con sé a New York, la mise in mostra ai giardini Niblo, inventandosi che aveva centosessantuno anni e che era stata la nutrice di George Washington. Alla morte della vecchia, l’autopsia rivelò che aveva al massimo ottant’anni. A Barnum si deve anche la «sirenetta delle Fiji», ottenuta assemblando resti di pesce sul corpo di una scimmia. Anna Swan, nata a New Annan nella Nuova Scozia nell’agosto del 1846, una delle principali attrazioni del circo Barnum a New York: alta quasi due metri e mezzo, appena nata già famosa «persino a Boston», poi sposa del «gigante del Kentucy» Martin van Buren Bates. Da adulta si sottopose a un esame medico in cui diversi saggi tentarono di misurare le dimensioni del suo sesso. Una volta un inviato del Times chiese a Barnum il segreto del successo. Risposta: «Nella via ci saranno un centinaio di persone. Quanti saranno gli intelligenti? Sette, otto? Io lavoro per gli altri novantadue». Hans Stosch Sarrasani aveva un circo stabile di 30.000 metri quadrati. Nello stesso periodo l’avversario Carl Krone aveva un circo ambulante con tre piste in cui mandava in scena spettacoli con corse di carri, rodeo di cowboys e indiani. Litigavano su quale fosse il più grande. Alla fine si accordarono: quello di Krone fu detto «il più grande», quello di Sarrasani diventò «lo spettacolo più bello dei due mondi». Nel 2015 il finanziamento pubblico destinato alle attività circensi e di spettacolo viaggiante è di 4.468.519 euro. L’anno scorso era di 5.281.000 euro. Si calcola che in tutto il mondo le scuole di formazione per diventare artisti circensi siano 640 (dati della Federazione Europea delle Scuole Professionali di circo). Secondo la Lav i circhi con animali (comprese le mostre faunistiche itineranti e i circhi acquatici) sono circa 100. Gli animali sarebbero più di 2.000, tra cui più di 400 equidi (cavalli, pony e asini) e circa 50 zebre. E poi circa 140 tra cammelli e dromedari, una decina di giraffe, una sessantina di lama, più di 50 elefanti, circa 160 tigri, circa 60 tra leoni e altri felini, circa 350 volatili (la maggioranza pappagalli, ma anche rapaci notturni e avvoltoi), più di 100 cani, una ventina di mammiferi marini (otarie, etc.), circa 400 rettili, tra cui 250 serpenti (prevalentemente pitoni, boa e anaconde) e 50 tra coccodrilli e alligatori, più di 200 i pesci stimati, in gran numero piranha. Il primo esemplare di giraffa giunse in epoca moderna in Europa con un circo, oltre due secoli fa. Si chiamava Zarafa, attraversò la Francia a piedi tra folle entusiaste, arrivò a Parigi al Jardin des Plantes, visse 18 anni. «Se ti viene la malinconia, l’odore di sterco te la manda via» (Moira Orfei sulla vita circense). I clown François, Albert e Paul Fratellini, per anni principale attrazione comica del circo Medrano, avevano un intero magazzino per contenere tutti gli accessori utilizzati in pista: dalla testa di elefante alle cinque teste di cavallo che utilizzavano per il numero intitolato “La corsa dei tori”. Poi un toro completo e un cavallo di stoffa, che in pista veniva fatto muovere dai piccoli spettatori in una parodia dell’addestramento. E poi sciami di mosche e vespe, cigni, asini, giraffe, scimmie, leoni, orsi. La rivista Nature ha pubblicato una ricerca che dimostra l’esistenza del bernoccolo del giocoliere. Alcuni individui, dopo aver imparato a tenere in aria tre palline per almeno sessanta secondi, sono stati sottoposti a risonanza magnetica. Risultato: un aumento di materia grigia nell’area medio temporale e nel solco intraparietale posteriore sinistro, regioni del cervello che elaborano le informazioni visive. La giocoleria è usata dalle mamme delle isole Marchesi per insegnare ai bimbi il loro albero genealogico. Nel 324 a.C. Alessandro Magno fu preso da ammirazione e stupore di fronte a un giocoliere indiano molto abile nel lanciar piselli Nel 100 a.C. il romano Tagatus Ursu, anche detto «re della palla», si autoproclamò «primo giocoliere ad aver usato sfere di vetro». Si racconta che Confucio, passando per una foresta dello Stato di Chu, fu molto stupito da un giocoliere gobbo capace di catturar cicale con delle bacchettine strette tra le dita. Nel III secolo dopo Cristo, in Cina, gli artisti alla moda lanciavano in aria una giara di porcellana del peso di venti chili, se la facevano ricadere in fronte e poi, con un’energica spinta delle mani, la facevano ruotare sul cranio a mo’ di trottola. «È a partire da quattro palle che un giocoliere comincia a essere degno di questo nome; a cinque è bravissimo; a sei è un maestro; a sette è un fuoriclasse. A otto palle credo che sia impossibile arrivare» (George Strehly, storico del circo). Enrico Rastelli, giocoliere, figlio di artisti circensi, per sviluppare il senso dell’equilibrio dormiva su una brandina appesa a delle corde, che oscillava al minimo movimento. Si allenava anche 12 ore al giorno. Nel 1922 si esibì al Palais d’été di Bruxelles tenendo in volo dieci oggetti: un record ancora imbattuto. Malato di emofilia, morì a 35 anni a Bergamo, nel 1931: durante un’esibizione doveva prendere al volo, con un bastoncino tenuto in bocca, un pallone lanciatogli da uno spettatore. Il colpo troppo violento lo ferì al palato, ebbe un’emorragia. Qualche giorno dopo, il taglio s’infettò e morì. Prima di spirare ebbe comunque il tempo di esibirsi in un altro spettacolo. «Non so esattamente cosa mi dava il circo. Tranne che vedevo le persone rischiare la vita mentre erano belle, per la gioia degli altri. E penso sia abbastanza» (Maxim Gorki).