Federico Rampini, D, la Repubblica 25/4/2015, 25 aprile 2015
SETTE GIORNI AL CENTRO DEL MONDO
[Federico Rampini]
Che ci faccio a New York? Non potrei fare lo stesso lavoro, stando in un’altra parte del mondo? Che so, in un bel borgo medievale italiano, dove l’aria è pulita, il paesaggio è meraviglioso, il cibo eccellente... Con Internet, non è tutto accessibile ovunque? Non avrei le stesse informazioni, gli stessi contatti, lo stesso flusso di fatti e idee su cui lavorare? La domanda non è oziosa. Ogni tanto me la fa qualche amico. Oppure se la pone chi amministra un giornale. Un corrispondente estero costa. La sua qualità della vita, talvolta, lascia a desiderare: lontano da tanti amici e parenti, immerso in una grande metropoli stressante, inquinata. Con orari di lavoro assurdi. Troppi aerei da prendere. Per molte ragioni nell’èra digitale ci si chiede se l’ubicazione del nostro lavoro non sia diventata fungibile. E non riguarda una sola categoria come i giornalisti. Le esperienze di telelavoro le hanno fatte dappertutto, dai call center fino a professioni creative, di consulenza e progettazione.
La risposta più semplice è nella mia agenda settimanale. Ve la ricopio, tale quale, da una settimana presa a caso. L’elenco è sul mio iPhone che uso come promemoria degli impegni di lavoro, sociali, culturali. Prima ve l’incollo, poi arriva la morale...
Lunedì mattina, al Council on Foreign Relations incontro uno dei capi della Federal Reserve, risponde alle domande su quel che farà la banca centrale americana nei prossimi mesi. Quando e di quanto alzerà il costo del denaro (possibili riflessi sull’euro). Nel pomeriggio, si apre all’Hyatt di Grand Central Station il summit sull’energia rinnovabile organizzato da Bloomberg.Tra i relatori l’ex vicepresidente Al Gore, premio Nobel per la pace con il suo libro Una verità scomoda sul cambiamento climatico. Martedì, a Palazzo di Vetro all’associazione dei corrispondenti accreditati alle Nazioni Unite, interviene il segretario generale Onu, Ban Ki-Moon.
Mercoledì, il ministro dell’economia tedesco Wolfgang Schaeuble di passaggio a New York parla sul tema “ce la farà la Grecia a restare nell’eurozona?”. Nel pomeriggio, a un convegno organizzato dal governo francese interviene la commissaria europea alla concorrenza Margarethe Verstager, che gestisce il dossier antitrust contro Google. In serata, a Brooklyn, manifestazione per convincere Hillary Clinton che va vietata la costruzione del maxi-oleodotto Keystone XL dal Canada al Golfo del Messico, un test per la candidata sui temi dell’ambiente. Giovedì mattina ho appuntamento per intervistare Andrew McAfee, autore di La nuova rivoluzione delle macchine, affresco affascinante e inquietante sul modo in cui l’automazione e l’intelligenza artificiale stanno sostituendo il lavoro umano. A pranzo alla New York Public Library, dietro il mio ufficio a Bryant Park, incontro lo sceneggiatore e regista della serie Mad Men, Matthew Weiner, e l’architetto Ian Schrager, inventore dei “boutique hotel”. Nel pomeriggio l’Italian Academy alla Columbia University organizza un incontro con alcuni dei nostri cervelli in fuga, in questo caso specialisti di... cervelli: sono scienziati italiani che si occupano di neuropsichiatria e neurofisiologia. Ovviamente non capisco nulla della materia ma è interessante incontrare i nostri ricercatori. Venerdì alla New York Historical Society vado a sentire Cornell West, studioso della questione razziale, leader radicale di molti ragazzi afroamericani. Poi all’Ethical Society viene presentato il Rapporto sulla Felicità delle nazioni curato da Jeffrey Sachs per l’Onu.
Le mie serate includono un’improvvisazione jazz del pianista Keith Jarrett a Carnegie Hall, un concerto di beneficienza a cui interviene Patti Smith, Charlotte Rampling che legge poesie di Sylvia Plath all’Armory su Park Avenue, Fabio Luisi che dirige i Pagliacci al Metropolitan Opera, un dibattito tra Roberto Saviano e John Turturro, un’edizione fantastica di Un americano a Parigi di Gershwin a Broadway. Mi fermo.
Sto leggendo un libro di Alex Pentland intitolato La fisica sociale. Come si diffondono le idee nuove. Spiega come e perché il contatto umano resta il più formidabile vettore della creatività. Vi risparmio la teoria. Io vivo la pratica. Tutti i giorni, a New York. Città faticosa ma insostituibile. Non replicabile online.