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 2015  aprile 26 Domenica calendario

ABITI E BIGIOTTERIA, ALL’ASTA LA VERA

SISSI

Quando si annunciano aste con oggetti di celebrity si assiste a un commercio di reliquie.
Ci si imbatte in ex voto che eccitano la morbosità dei collezionisti, come se le cose appartenute a Evita Peron, Grace Kelly, alla principessa Diana, ad esempio, «trattenessero l’anima abbandonando il corpo»: per dirla con Ludwig , film di Luchino Visconti, ma anche cugino di Elisabetta d’Austria, della quale, proprio il prossimo 7 maggio, saranno battuti dalla casa Dorotheum una serie di cimeli che vanno da un paio di stivaletti di seta bianchi (aveva il piede lungo 25 centimetri, dunque taglia 40), stimati tra gli 8 mila e i 14 mila euro (chissà dove saranno finite le altre 113 scarpe del corredo?), fino al ritratto da sposa dal quale, però, non si notano i capelli lunghi alle caviglie del peso di 5 chilogrammi, al personal travelling chamber pot (vaso da notte), al jug for washing of feet (brocca per lavare i piedi); e ancora the Empress immortalata a cavallo del suo Haflinger che amava chiamare «il mio angelo», quando, nell’infanzia e adolescenza, viveva selvaggia insieme ai nove fratelli e sorelle nei boschi della Baviera felix viziata dal padre Max, un eccentrico che nel cortile del palazzo a Monaco manteneva in pianta stabile un circo.
Il mito di Elisabetta d’Asburgo, e poi, sposando a sedici anni e mezzo suo cugino Francesco Giuseppe, imperatrice d’Austria e infine regina d’Ungheria, cresce in cinemascope grazie ai film girati dal regista Marischka ( La principessa Sissi ; Sissi, la giovane imperatrice ; Sissi, il destino di un’imperatrice ), tutti con protagonista Romy Schneider. Alla bellissima viennese, negli anni Sessanta, proposero, con contratto d’oro, di partecipare a un quarto, ma Romy rifiutò. Il ruolo di Lisi , in famiglia, e Sis i a Corte (ce lo ricorda Renzo Castelli in La vera storia della Principessa Sissi e dell’anarchico che la uccise , edizioni Ets) «le era rimasto addosso come un fosco presagio». Studiando colei che detestava Bismarck, aveva scoperto che il suo unico figlio maschio, Rodolfo, era morto suicida. L’attrice aveva sentito giusto. Si ucciderà a soli quarantaquattro anni dopo che suo figlio David, a quattordici, rimase trafitto dalle lance di un cancello.
Se i film di Marischka, a eccezione di Visconti, lanceranno nel firmamento la cometa irrorata di vitalità di Sissi, un po’ Heidi, un po’ ninfa nei boschi di Possenhofen, un po’ Cime tempestose in rotocalco, Elisabetta fu la contraddizione, l’antimperatrice, come anch’ella appartenesse alla bomba infilata sotto il cuscino di un impero cinquanta volte l’Austria. Si disse: «Era un’egoista senza limiti e tutt’altro che una vittima». Sposò Francesco Giuseppe al posto di sua sorella Elena. La madre dell’imperatore, Sofia, divenne zia-suocera: un sergente di ferro. Le strappò i figli affidandoli a precettori, generali… mentre Lisi componeva versi, si lasciava lavare i capelli con un impasto di decine di uova e pettinare e acconciare per tre ore; le stesse che trascorreva a sfiancare cavalli.

A corte si vociferava sugli amanti; in realtà era rimasta traumatizzata la terza notte nella quale perse la verginità facendo l’amore con indosso, lei e Joseph, un camicione con tagli giusto all’altezza dei sessi. Lisi non sa ballare, detesta l’etichetta, però ama il popolo. Lo ha nei geni e le viene dagli insegnamenti del conte János Mailáth. Si dedica alla visita degli orfanotrofi, degli ospedali, degli ospizi. Quando spettegolano sull’inizio di una love story , mentre la suocera la fa pedinare dagli agenti segreti, confida: «Ho sempre pensato che soltanto le prostitute si divertano con il sesso. Io lo odio».
Le muore la figlioletta Sofia, e comunque continua a mantenersi in forma: ginnastica, diete, galoppo. È alta un metro e settantadue centimetri, pesa quarantacinque chili; il giro vita è cinquanta. Viaggia. Fa attendere la regina Vittoria quando, sull’isola di Wight, pretende che ogni mattina il veterinario visiti la mucca Jersey, per verificarne lo stato di salute, prima di mungerla e far bere il latte a una delle figlie. Fuma, usa cocaina, è anoressica, dicono sia frigida: rassomiglia a Orlando di Virginia Woolf.
La apostrofano «l’Imperatrice Locomotiva»: Madera, Italia, Corfù, l’amatissima Itaca, le rovine di Cartagine. Trieste, vista da ragazzino, mi apparve una dama cicatrizzata. Adesso so che fu per l’atmosfera triste che si respirava nel castello di Miramare. La dama era Lisi, Sisi o Sissi, cioè la regina del Popolo come Diana lo fu da principessa.
Visse nello strazio per aver lasciato educare Rodolfo nella crudeltà. Il giovane si sparò un colpo alla tempia a Mayerling. Lisi aspirò di «volar via da questo mondo come un uccello, come un filo di fumo». Accadde sul lago di Ginevra. Ci pensò lo stupid , Luigi Luccheni, abbandonato dalla madre e costretto a raccogliere merde per la strada. Sbucato da un ippocastano colpì dritto al cuore. Zac: senza dolore. Nella Cripta dei Cappuccini a Vienna, Sissi ora sa che al destino non si sfugge. La sua antenata Maria Teresa aveva una figlia che si chiamava Maria Antonietta, andata in sposa a Luigi XVI di Francia.