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 2015  aprile 27 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ARRIVA L’ITALICUM


1 - CECCANTI: QUANDO BRUNETTA E CUPERLO VOLEVANO PREMIO ALLA LISTA

STEFANO CECCANTI
STEFANO CECCANTI

(askanews) - Premio di maggioranza alla lista, anzi no: uno dei punti più contestati della legge elettorale voluta da Matteo è proprio quello che attribuisce il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione, come avveniva invece con il ’Porcellum’, ma molti di coloro che criticano questo punto della riforma non troppo tempo fa erano a favore, al punto da firmare un referendum che proponeva proprio questa modifica.



E’ il costituzionalista Stefano CeccanTi, Pd e vicino alle posizioni renziane, a pubblicare sul proprio blog l’elenco dei membri del comitato promotore dei referendum Guzzetta del 2009, quesiti che non raggiunsero il quorum nel voto del 21 e 22 giugno di quell’anno. Il premio alla lista "realizza una vocazione totalitaria e autoritaria", dice ora Brunetta, come si può leggere in una dichiarazione su twitter dello scorso 30 marzo.



brunetta, renzi 45e1c4.0
brunetta, renzi 45e1c4.0

Ma il capogruppo di Fi figura nel comitato promotore del referendum che chiedeva di eliminare la possibilità di apparentamento tra liste di diversi partiti per ottenere il premio di maggioranza. E’ il caso, anche, di Stefania Prestigiacomo, che pure faceva parte del comitato promotore di quel referendum e che adesso parla di "grave profilo di incostituzionalità" nel meccanismo previsto dall’Italicum per "l’attribuzione del premio di maggioranza".



BERLUSCONI BRUNETTA RENZI
BERLUSCONI BRUNETTA RENZI
Ma anche a sinistra ci sono i pentiti, a cominciare da Gianni Cuperlo: anche l’ex sfidante di Renzi alle primarie era nel comitato promotore del referendum che chiedeva il premio alla lista, mentre ora chiede di "garantire la possibilità di un apparentamento al turno di ballottaggio", come dice in una intervista a Libero dello scorso 10 aprile. E pure Franco Monaco, prodiano, faceva parte insieme ad Arturo Parisi di quel gruppo di referendari, mentre ora propone un "lodo" centrato sullo scambio preferenze-premio alla lista: la minoranza rinunci alle preferenze e Renzi ritorna al premio di coalizione.



2 - ITALICUM: BOSCHI, LEGGE COME QUELLA DI SAGGI GOVERNO LETTA
(ANSA) - L’Italicum e’ assai simile alla legge elettorale proposta dalla Commissione di esperti nominata dal governo Letta. Lo ha detto il ministro Maria Elena Boschi alla Camera, nella replica alla fine della discussioen generale sull’Italicum. "Stiamo in un punto decisibvo - ha detto Boschi di un percorso iniziato prima del giuramento dell’attuale governo, iniziato con discorso di insediamento del presidente Napolitano alle Camere che chiese che questa fosse una legislatura che approvasse la legge elettorale e le riforme".

3 - ITALICUM: MATTARELLI (SEL), RITENGO UTILE VOTARE SI’
(AGI) - Toni Mattarelli, deputato di Sel, annuncia su Facebook il suo voto a favore dell’Italicum, mentre in aula il suo gruppo ha annunciato opposizione al testo. "Scrivo questa dichiarazione al termine di una riflessione ponderata e durata molte settimane" scrive Mattarelli, che ricorda come il varo delle riforme sia stato "una delle prime necessita’, avvertite dalla nostra funzione parlamentare ma anche variamente sollecitate dagli interventi dei Presidenti della Repubblica".
"Le esigenze da tenere in massimo conto erano fondamentali premesse da cui muovere: confermare il sistema maggioritario, introdotto dal referendum del ’93 e poi confermato; far si’ che il voto espresso dall’elettore garantisse una maggioranza certa; assicurare adeguata rappresentanza all’intero elettorato" ricorda Mattarelli.
E dopo le modifiche apportate al Senato, l’Italicum "sembra rispondere con sufficiente pienezza a quelle esigenze, cosi’ risultando ragionevolmente equilibrato per favorire il principio della governabilita’ senza arrecare danno a quello della rappresentativita’". "In ragione di queste considerazioni, ritengo utile votare favorevolmente al testo della nuova legge elettorale posta all’esame della Camera".

FOGLIO DEI FOGLI
Oggi inizia alla Camera la di- scussione del- la nuova legge elettorale, quella chiama- ta Italicum, che se fosse
approvata così com’è divente- rebbe definitiva ed entrerebbe in vigore dal primo luglio del 2016. Finora la proposta di leg- ge ha avuto un percorso trava- gliato, che si preannuncia tale anche nel suo ultimo passaggio.
L’Italicum è già stato votato al- la Camera nel marzo 2014 e ap- provato dal Senato nel gennaio 2015. Avendo però il Senato ap- portato delle modifiche rispetto al testo votato alla Camera, la legge ora torna a Montecitorio. Qualora si decidesse di modifi- care di nuovo la riforma (basta una virgola), questa dovrebbe tornare a Palazzo Madama: e al Senato – dove l’approvazione avvenne a suo tempo con il voto dei senatori di Forza Italia – il Pd non ha il vantaggio di cui go- de alla Camera. E l’Italicum ri- schierebbe di finire in un pan- tano.
Alla fine di marzo, la direzione nazionale del Pd ha votato a mag- gioranza la relazione del segre- tario sull’Italicum, decidendo quindi che il testo sarebbe stato presentato alla Camera senza ulteriori modifiche. La mino- ranza del Pd non ha partecipato al voto, dicendo che avrebbe presentato degli emendamenti in commissione prima della di- scussione finale. Il 15 aprile an- che i deputati del gruppo del Partito Democratico – senza quelli della minoranza, usciti per protesta – hanno approvato la linea Renzi, cioè presentare e votare l’attuale versione del- la riforma elettorale. Riunione piuttosto agitata con il capo- gruppo del Pd alla Camera, Ro- berto Speranza, che ha infine presentato le proprie dimissio- ni dall’incarico [1].
Il 21 aprile il premier decide di sostituire dieci membri, fa- centi capo alla minoranza Pd e contrari ad approvare la legge senza modifiche, della commis- sione Affari costituzionali della Camera in cui si stava svolgen- do l’esame preventivo del testo. Tra loro l’ex segretario Bersani e gli altri capi dell’opposizione interna Cuperlo, D’Attorre, Bin- di (in quella commissione la mi- noranza del Pd era certamente sovradimensionata). Sconcerto, proteste, musi lunghi tra gli esclusi, abbandono della com- missione da parte delle opposi- zioni. Il 23 aprile, con il manda- to ai relatori, la nuova legge elettorale riceve il via libera della commissione Affari costi- tuzionali e oggi approda in Au- la. Per le votazioni, probabil- mente, si dovrà aspettare i pri- mi di maggio: entro metà mese è previsto il voto finale. Il go- verno non ha ancora annuncia- to se sul testo sarà posta la fi- ducia [2].
Renzi: «Da anni diciamo che è una priorità cambiare la legge elettorale. Il Pd ne ha discusso durante le primarie, in assem- blea nazionale, in direzione, ai gruppi parlamentari, ovunque. La proposta – che è stata sem- pre votata a stragrande maggio- ranza – è stata approvata anche dal resto della maggioranza e dai senatori di Forza Italia. Fer- marsi oggi significherebbe con- segnare l’intera classe politica alla palude e dire che anche noi siamo uguali a tutti quelli che in questi anni si sono fermati prima del traguardo. Ma noi non siamo così» [3].
Il gioco s’è fatto molto duro e Cuperlo arriva a dire che se an- che l’Italicum passerà la legi- slatura sarà irrimediabilmente pregiudicata. D’Attorre avverte che se viene messa la fiducia si entra in una terra incognita e non si sa dove si va a finire. La Mattina: «Renzi infatti dovrà fa- re bene i conti. Se le opposizio- ni saliranno sull’Aventino an- che in aula, ad ogni votazione si rischia la mancanza del numero legale. Ancora peggio nel caso in cui si sommassero tutti i ne- mici del premier al voto finale a scrutinio segreto» [4].
Ecco dunque i numeri con cui oggi Montecitorio accoglierà nuovamente l’Italicum. Consi- derando il plenum di 630 depu- tati, la soglia per passare è di 316 voti. Ma per l’approvazione di una legge ordinaria, come in questo caso, basta la maggio- ranza semplice. Quindi le as- senze potrebbero far diminuire
i sì necessari. Il Pd ha 310 voti, 25 Scelta Civica, Per l’Italia 13, Area popolare 33, Misto 12. Fan- no 393 voti. Un margine di sicu- rezza di 77 voti. Dalle ipotesi che si fanno sui giornali, sono tra i 20 e i 40 i voti della minoranza del Pd che potrebbero mancare all’Italicum (e aggiungersi ai 237 dell’opposizione). 17 invece quelli di parlamentari di Fi (verdiniani, in particolare) che potrebbero dare votare a favore [5].
Martirano: «Per provare a raccapezzarsi sui numeri, sui pro e i contro l’Italicum, sulle minoranze interne e sui doppiogiochisti, bisogna innanzitutto disegnare due scenari. Nella prima cornice, il governo non pone la questione di fiducia fin dall’inizio e dunque affronta 80 potenziali scrutini segreti sulla legge elettorale. Ma questa sembra fantascienza. Nel secondo scenario, il meno improbabile, Renzi impone (dopo una decisione del Consiglio dei ministri) la questione di fiducia sulla legge elettorale appena si chiuderà la discussione generale: in questo caso, i voti di fiducia saranno tre (uno per ogni articolo del testo tranne il terzo che è già stato approvato in “doppia conforme” da Camera e Senato) mentre il voto finale sarà segreto se richiesto da trenta deputati o da un solo capogruppo» [6].
Nel primo scenario, le insidie per il governo sono davvero molte davanti a una raffica di 80 potenziali voti segreti, a partire da quello sulla pregiudiziale di co- stituzionalità. Martirano: «Sebbene la maggioranza conti sulla carta su 393 voti (di cui 310 del Pd) e le opposizioni su 237, sarebbe troppo allettante la ten- tazione di far saltare il banco dell’Italicum con giochetti d’Aula, magari mascherandoli con incidenti di percorso notturni. Le incognite (sui singoli emendamenti a scrutinio segreto e in particolare su quello che intro- duce l’apparentamento al ballottaggio e dunque il premio alla coalizione) devono tenere
conto di due numeri: il dissenso palese (20-40 voti) e quello occulto (fino a 70 voti) all’interno del Pd; e quello sul “soccorso azzurro” per il governo (a partire da 17 voti) che si è già manifestato dentro Fi quando Denis Verdini chiese ai suoi fedelissimi di appoggiare la riforma costituzionale» [6].
Ma c’è anche uno scenario di mezzo. Prevede che Renzi parta comunque in maniera soft (senza fiducia preventiva) dopo aver incassato un accordo con i capi- gruppo di opposizione sulla rinuncia alla richiesta di voto segreto, come accadde (con successo) nel 1993 con il Mattarellum. Ma cosa succede se poi trenta deputati senza insegne rompono il patto stretto tra i partiti e chiedono uno scrutinio segreto? A quel punto, secondo l’interpretazione del regolamento del capogruppo vicario Ettore Rosato (Pd), «bisognerebbe verificare, uno ad uno, se i trenta richiedenti sono effettivamente in Aula e così il governo avrebbe il tempo per mettere la fiducia sull’intero articolo» cui si riferisce l’emendamento oggetto di richiesta di voto segreto [6].
Se invece il governo non si fida e non vuole sorprese, scatta il secondo scenario. Il presidente del Consiglio fa scorrere senza intoppi la discussione generale che si apre oggi, poi forse ai primi di maggio affronta il voto segreto sulla pregiudiziale di costituzionalità (quello sulla sospensiva è palese) e prima di passare all’esame degli emendamenti (se ne annunciano una manciata anche in Aula, tutti di merito) chiede al ministro Bo- schi di porre la questione di fiducia. A quel punto i voti di fiducia sarebbero tre: sei «chiame» che si snodano lungo un’intera giornata [6].
Sorgi: «Resta da capire – e il premier Renzi e i suoi collaboratori ovviamente si riservano di valutarlo – quale sarà il peso dei franchi tiratori nelle votazioni sugli emendamenti (fino a oggi ne sono stati presentati 135). E fino a che punto il ricorso all’ostruzionismo potrà rallentare la marcia verso il voto conclusivo» [7].
È quasi certo che la fiducia verrebbe votata anche da una parte della minoranza del Pd. Il bersaniano Davide Zoggia lo conferma: «Sì, voterei la fiducia, che poi è il voto politico, ma sul provvedimento bisogna vedere... Per questo aspettiamo un segnale da Matteo Renzi». Grosso modo, questa (sì alla fiducia, astensione nel voto o dal voto sul provvedimento) è la posizione di Pier Luigi Bersani e di Area riformista. Più marcata, seppure ancora più minoritaria, la posizione di Pippo Civati: «Non parteciperei al voto di fiducia e voterei contro una legge sulla quale mi impediscono di presentare emendamenti». Anche Rosy Bindi ha detto che non voterebbe «una fiducia che ritiene incostituzionale» e la stessa linea sarebbe tenuta da Stefano Fassina, da Alfredo D’Attorre e da un’altra manciata di oppositori dem all’Italicum. Troppo pochi per impensierire il governo [6].
(a cura di Francesco Billi)
Note: [1] il Post 17/4; [2] la Repub- blica 25/4; [3] Matteo Renzi, bacheca di Facebook 21/4; [4] Amedeo La Mat- tina, La Stampa 22/4; [5] Corriere del- la Sera 23/4; [6] Dino Martirano, Cor- riere della Sera 23/4; [7] Marcello Sor- gi, La Stampa 21/4.

ILPOST
Alla proposta di riforma è stato dato il soprannome di «Italicum». È un nomignolo sbagliato: se proprio vogliamo continuare a usare il «latinorum» per battezzare i sistemi elettorali (un’idea di Giovanni Sartori, e non certo fra le sue migliori), questo in realtà dovremmo chiamarlo «Prorenzum». Un importante premio di maggioranza alla lista, che soltanto il Partito Democratico potrebbe sperare di cogliere al primo turno; un eventuale ballottaggio al quale, con Matteo Renzi, a tutt’oggi arriverebbe un grillino; la possibilità di designare dall’alto una quota importante di parlamentari; una soglia di sbarramento modesta, tale che l’opposizione ne uscirebbe con ogni probabilità frammentata e impotente. Questa legge è un abito tagliato su misura per il presidente del Consiglio [Giovanni Orsina, La Stampa 19/4].
Il Post, venerdì 17 aprile
L’Italicum è stato già modificato due volte (al primo passaggio alla Camera e al Senato) recependo alcune critiche della minoranza del Pd – sono state parzialmente introdotte le preferenze, sono state abbassate le soglie di sbarramento, è stata alzata la soglia oltre la quale non è richiesto il ballottaggio – ma altre proposte non sono state accolte: i collegi plurinominali, le pluricandidature dei capilista, i capilista bloccati, l’impossibilità di creare coalizioni al primo tur- no, l’impossibilità di apparentamenti o collegamenti di lista al secondo turno.
Va ricordato che la legge elettorale vale solo per la Camera, in vista delle riforme costituzionali che porteranno il Senato a non essere più direttamente elettivo: per avere il tempo di approvare quest’ultima riforma, nell’Italicum è stata inserita una clausola che ne prevede l’entrata in vigore dal primo luglio del 2016 (se così non fosse verrebbe in pratica approvata una legge che non si potrebbe rispettare).
L’Italicum è un sistema elettorale proporzionale (il numero di seggi verrà assegnato in proporzione al numero di voti ricevuti) e il calcolo dei seggi sarà fatto su base nazionale, ma modificato fortemente da un premio di maggioranza:
• la lista che supera il 40 per cento dei voti ottiene un premio di maggioranza: raggiungendo in tutto 340 seggi, cioè il 55 per cento del totale.
• se nessuna lista supera il 40 per cento dei voti è previsto un secondo turno, cioè un ballottaggio tra le due liste che hanno ottenuto più voti. La lista che prende più voti dell’altra ottiene il premio di maggioranza. Fra il primo e il secondo turno non sono possibili apparentamenti o collegamenti di lista: competono le liste così come sono state presentate all’inizio.
• è prevista una soglia di sbarramento del 3 per cento per ottenere seggi alla Camera.
• saranno costituiti cento collegi che comprenderanno fino a 600mila persone. Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige saranno escluse dal sistema proporzionale: lì si voterà in nove collegi uninominali come già previsto dal precedente sistema elettorale.
– ma solo loro – potranno cioè essere inseriti nelle liste in più di un collegio, come già accadeva nel Porcellum, fino a un massimo di 10 collegi.
• ci saranno quindi cento capilista, scelti direttamente dai partiti. Prima sono eletti i capilista, poi – se avanzano posti – i candidati eletti con le preferenze. Dal secondo eletto in poi intervengono dunque le preferenze e ogni elettore o elettrice ne potrà esprimere due: obbligatoriamente un uomo e una donna pena la nullità della seconda preferenza. Tra i capilista, non più del 60 per cento sarà dello stesso sesso.
Le principali critiche all’Italicum sono cinque e riguardano collegi plurinominali, pluricandidature dei capilista, capilista bloccati, negazione di coalizioni al primo turno, impossibilità di apparentamenti o collegamenti di lista al secon- do turno:
- I collegi dell’Italicum saranno grandi fino a cinque volte quelli del Mattarellum e comprenderanno fino a 600 mila persone: più o meno, ogni collegio eleggerà sei deputati. Gli eletti verranno selezionati prima sulla base del risultato nazionale del partito e poi sulla base del risultato nel singolo collegio. Al partito vengono in- fatti assegnati i seggi proporzionali al suo risultato nazionale, e solo a questo punto quel numero di seggi è distribuito in base ai voti ottenuti nei singoli collegi. La conseguenza è che non necessariamente un ottimo risultato locale si traduce in un’elezione: e che la scelta fatta dagli elettori in un collegio verrà limitata dalla scelta fatta da tutti gli altri elettori su scala nazionale. Per i critici della legge questa è una limitazione del rapporto diretto tra collegi ed eletti.
- le pluricandidature dei capilista permetteranno ai partiti di governare la scelta finale su uno o l’altro dei secondi arrivati in lista.
- i capilista bloccati: tutti gli eletti dei partiti non vincitori saranno i primi della lista, cioè quelli scelti dai partiti. Gli elettori che voteranno un partito che perderà le elezioni non potranno sostanzialmente scegliere i loro eletti, a meno di capilista pluricandidati. Una legge elet- torale, sostengono i critici dell’Italicum, dovrebbe garantire massima rappresentanza a chi governa ma anche a chi sta all’opposizione.
- la negazione di coalizioni al primo turno, porterà, come ha detto Rosy Bindi criticando questo preciso punto, «a un partito unico della nazione, che avrà nella sola Camera una maggioranza “pigliatutto” di 340 deputati e avrà intorno 4 o 5 mini partiti in lotta tra di loro».
- l’impossibilità di apparentamenti o collegamenti di lista al secondo turno è innanzitutto lontano dal modello che Matteo Renzi ha più volte citato, quello cioè delle elezioni dei sindaci. Negare entrambe queste possibilità a livello nazionale produrrebbe, secondo i critici, una forte polarizzazione, una mancanza di pluralismo (o entri nella lista o sei fuori) e una mancanza di rappresentanza.