Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 26 Domenica calendario

BRUXELLES, L’EXPO DELL’ATOMIUM

Per ogni esposizione c’è sempre un anniversario a cui aggrapparsi per giustificare l’evento, e questo accadde anche a Bruxelles quando nel 1958 si volle celebrare con una Esposizione Universale e Internazionale i cinquant’anni dell’annessione al Belgio dello Stato Libero del Congo sotto la denominazione di Congo Belga. Oggi questa motivazione ci darebbe molti spunti per meditare sul futuro del mondo, ma allora i tempi erano diversi e l’evento segnava il ritorno alla vita normale.
Dal 1939, quando si era svolta la New York World’ Fair, e dopo i terribili anni della seconda guerra mondiale, il mondo si era avviato alla ricostruzione senza dimenticare le nuove tensioni tra il blocco occidentale e quello sovietico e paradossalmente in contemporanea alla guerra fredda si era verificato il miracolo economico. Così l’Exposition universelle et internationale di Bruxelles riapriva un nuovo capitolo non privo di dubbi e speranze. La capitale del Belgio non era nuova alle esposizioni universali perché ne aveva già fatto l’esperienza sia nel 1910, quando si era svolta nella Plaine de Solbosch, sia nel 1935, collocata nel Plateau d’Osseghem nei pressi del Parco Reale di Laeken. Nel 1958 era stata scelto il Plateau dell’Heysel, a 7 chilometri a nord della città, dove vennero utilizzate molte delle strutture già presenti all’esposizione del 1935. Lo slogan fu ’Bilancio del mondo per un mondo più umano’ e una particolare attenzione venne posta alla tecnica al servizio dell’uomo.
Poiché il Belgio ancora si sosteneva sull’industria mineraria e metallurgica si scelse come edificio simbolo l’Atomium, che rappresentava un gigantesco cristallo di ferro. Costituito da nove sfere con struttura di acciaio rivestite di alluminio tra di loro collegate da tubi a rappresentare il legami del reticolo, l’Atomium, alto 102 metri era stato progettato dall’architetto André Wa- terkeyn, direttore del settore commerciale della Fabrimétal. Realizzato in sinergia dalla Fabrimétal, dal Groupement des Hauts fourneaux et aciéries belges e dall’Union des métaux non ferreux, venne a costare 20 milioni di franchi belgi su un budget generale dell’esposizione di due miliardi e mezzo. Ma ebbe la forza di diventare il simbolo permanente della città. Il padiglione dell’Unione Sovietica era un parallelepipedo con struttura in acciaio e vetro, quasi a dimostrare (in anticipo) che la ’trasparenza’ non era un concetto ignoto ai russi; lo slogan di questo Paese recitava ’Dall’aratro di legno allo Sputnik’ ed era proprio questa piccola palla di acciaio con le sue quattro antenne a essere il vero protagonista non solo di questo padiglione, ma dell’intera corsa allo spazio. Questo satellite artificiale lanciato dal poligono di Bajkonur il 4 ottobre del 1957 era stato il primo a essere messo in orbita intorno alla Terra.. Nel padiglione degli Stati Uniti, Walt Disney con André Vanneste presentò il Circarama con una proiezione a 360° intitolata America the Beautiful. Era stato voluto da Howard S. Cullman, il commissioner general degli Usa per l’Esposizione di Bruxelles ed era stata sponsorizzata dalla Ford Motor Company Fund. La totale immersione del pubblico, all’interno di una sala cilindrica sulle cui pareti le immagini si animavano su 23 schermi, si ripeterà a Torino per Italia’61.
La Santa Sede che anche in passato non era stata estranea alle esposizioni universali, da quella di Londra nel 1851 sino a quella di Parigi del 1937, nel 1958 si presentò con un grande padiglione intitolato ’ Civitas Dei’, che risultò essere una delle azioni di comunicazione del Vaticano di maggior successo del dopoguerra. Voluto personalmente da Pio XII, che morirà nell’ottobre dello stesso anno, il padiglione fu finanziato da una raccolta fondi che raggiunse i 148 milioni di franchi belgi. Le sezioni riguardavano l’Uomo e Dio, il Papato, l’Evangelizzazione, la Carità, la Scienza, l’Azione Sociale, l’Educazione, le Organizzazioni cattoliche interna- zionali, le Nuove forme di comunicazione. Tra i temi che destarono maggior interesse vi furono quelli intorno al ’Problema dell’uomo e del suo benessere’. Una struttura reticolare, all’esterno del padiglione, sorreggeva un carillon di 33 campane, un concerto di trombe altoparlanti sotto una sfera armillare a rappresentare il mondo. Le Poste vaticane per l’occasione emisero una serie di francobolli da 35, 60, 100 e 300 lire con l’effigie del pontefice e della Civitas Dei; in calce si poteva leggere, in latino: ’Apostolica Sedes Univ. Expositionem Bruxellensem Participat MCMLVIII’
Infine, tra le molte attrazioni di quel lontano 1958 non si deve dimenticare il Poème electronique, il padiglione della Philips, progettato da Le Corbusier, con la collaborazione musicale di Edgard Varèse e con il supporto artistico di Iannis Xenakis che allora lavorava nello studio dell’architetto. Sarà definito come il primo spettacolo multimediale della storia. Un primo ambiente di spazio-elettronico ( electronic- spatial environment) in cui si integravano architettura, film, luce e musica, e dove erano esaltate le innovative applicazioni dei prodotti Philips nel campo dell’illuminazione e della progettazione di ’atmosfere d’ambiente’.