Matteo Brega, La Gazzetta dello Sport 25/4/2015, 25 aprile 2015
PARMA ULTIMO ATTO. MIRANTE: «SI LOTTA FINO ALLA FINE»
Quando Roberto Donadoni apre la porta della sala riunioni di Collecchio e butta uno sguardo, sgrana gli occhi. «Antonio, ma sei ancora qui?». Sono 40 minuti abbondanti che Mirante spiega il suo pensiero su tutto. Lo fa per la prima volta in stagione proprio ora che la retrocessione potrebbe diventare aritmetica. In caso di mancata vittoria contro il Palermo, oggi il Parma scivolerebbe in serie B se l’Atalanta dovesse vincere. Parla poco e per questo anche Mattia Cassani, quando i compagni entrano per la riunione, lo scherza «Antonio, ma è un’intervista economica?».
Mirante, perché ha scelto di non parlare finora?
«Sarebbe stato come sparare sulla Croce Rossa. Quello che hanno fatto al Parma non è da uomini».
Che cosa ha imparato?
«A non credere sempre a tutto quello che ti viene detto. E ho riscoperto valori che a volte vengono sopraffatti dalla materialità della quotidianità».
I giocatori sono parte lesa, ma gli altri dipendenti sono ancor di più la parte debole. Non crede?
«Vero, noi abbiamo dato la forza anche a loro, abbiamo avuto l’occasione di farlo per aiutarli a credere in un futuro».
Ha mai pensato di smettere?
«Ti viene la nausea, ti manca il divertimento del campo, ma non ho mai pensato di smettere».
E di lasciare il Parma?
«Potevo andare via a inizio stagione, ma ho preso un impegno e voglio portarlo a termine».
Qual è il futuro del club?
«Non sappiamo se c’è un futuro, non abbiamo certezze. E ciò crea malumori e sconforto. Ma ci siamo rafforzati tra di noi».
E’ tornato il sorriso?
«Sì, l’atmosfera è cambiata. Prima sentivamo mancarci la terra sotto i piedi, adesso lavoriamo con il sorriso e sentiamo meno la fatica».
Vi hanno pignorato un po’ di tutto, si è sentito come tornare indietro alle prime società in cui ha giocato?
«Ho capito cosa hanno provato i miei colleghi delle serie minori…».
E se pensa ai suoi inizi?
«Mi guardo le ginocchia e le cicatrici mi ricordano i campetti in terra battuta dove ho iniziato con il Club Napoli di Castellammare di Stabia».
E’ sempre stato portiere?
«Sì, ero veramente scarso fuori, ho provato a fare l’attaccante ma alla fine mi mettevano in porta».
Sempre affezionato alla Juve Stabia?
«Sempre, appena posso vado a vedere una partita con i miei. Speriamo nei playoff per tornare in B».
Come gestisce il suo tempo libero?
«Ho provato con il golf, sport ideale per rilassarsi. Ma ero un palo: in campo è il mio migliore amico, ma sul green non va mica bene… Quindi ho virato sulla console. Mi piace fare il deejay. Musica pesante, techno».
Saranno felici i suoi vicini di casa…
«Vivo in centro, cambierò casa (ride, ndr). Abbiate pazienza un paio di mesi, la stagione sta finendo».
Anche il cane se n’è andato?
«Hugo, un bulldog inglese, l’ho portato dai miei. Volevo stare solo a casa in questo periodo. Così potevo sbattere la testa contro il muro tranquillamente…».
Come si passa dall’accarezzare il sogno Mondiale all’ultimo posto in A da falliti?
«Serve forza di volontà e la fortuna di lavorare con persone vere».
Cosa si aspetta dalle ultime 7 gare?
«Tutti sanno che pensiamo solo al campo ormai. Prima non ci riuscivamo e c’è il rammarico per i punti lasciati indietro».
Il 10 maggio arriva il Napoli, ultima sfida casalinga contro una grande.
«E’ sempre particolare affrontarlo per me. Mi auguro che vadano in Champions e che si giochino l’Europa League fino alla fine. La piazza se lo merita».
La gioia sportiva più grande di quest’anno è la vittoria con la Juve?
«Sì, gioia e vanto allo stesso tempo dopo un’annata così».
In sintesi, come si sente ora?
«Forgiato e logorato. Ma andiamo avanti. A testa alta, sempre».