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 2015  aprile 26 Domenica calendario

LA WHIRLPOOL DALLE UOVA D’ORO: MANAGER STRAPAGATI, OPERAI A CASA

Si fa presto a chiudere uno stabilimento con dentro 815 operai. Specialmente quando Carinaro, in provincia di Caserta, dove i lavoratori sono in preda alla rabbia e alla disperazione, è un punto lontano visto da quel Michigan dove ha sede la Whirlpool e dove ormai anche Sergio Marchionne ha sede fissa con la sua Fca. Ancora più facile se la propria retribuzione è di 17,5 milioni di dollari l’anno (nel 2013 era di 14,5) più di 400 volte il salario medio dei propri dipendenti negli Stati Uniti. Ci asteniamo dal fare il confronto con i lavoratori italiani.
Negli Stati Uniti è il sindacato, l’Afl-Cio, che ha istituito un osservatorio apposito (Corporate Watch) per monitorare l’andamento delle paghe dei manager soprattutto in relazione a quelle dei loro dipendenti. E la paga di Jeff Fettig, presidente e amministratore delegato della Whirlpool company, ammonta a quella cifra composta da “salario base” (1,4 milioni di dollari) da premi aziendali e stock option, da incentivi legati al raggiungimento dei risultati, dagli accantonamenti pensionistici (la bellezza di 4,7 milioni) fino ai 211 mila dollari di altri compensi non meglio precisati tra cui i 47 mila dollari spesi per l’utilizzo dell’aereo.
Se la passa bene anche il resto del top-management: i primi cinque dirigenti della Whirlpool hanno una retribuzione complessiva, fatta di “paga-base”, di premi e stock options, che ammonta a 33 milioni di dollari l’anno. I quattro dirigenti che affiancano Fettig, percepiscono complessivamente 16,5 milioni l’anno, più di quanto l’amministratore delegato di Whirlpool Italia ha promesso per affrontare il caso dello stabilimento di Carinaro: 30 milioni di investimenti aggiuntivi.
Poi ci sono le indennità in caso di morte da pagare agli eredi. Una pensione di reversibilità dall’entità astronomica contro la quale il sindacato americano si batte da anni. Negli Usa li chiamano golden coffins e si tratta di pagamenti fatti alla morte del manager ai suoi eredi. Secondo l’Afl-Cio sono una “beffa” della nozione di paga per una performance. E crescono come funghi. Alla fine del 2011, ad esempio, agli eredi dei primi cinque dirigenti della Whirlpool sarebbero stati assegnati in caso di emolumenti post-morte, 34,5 milioni di dollari.
Nel 2014, l’ammontare complessivo di questa speciale forma di assicurazione sulla morte per soli cinque dirigenti (presidente e vice) è arrivato alla cifra astronomica di 150 milioni di dollari di cui la metà per il solo Fettig. Stessa cifra verrebbe corrisposta in caso di “disabilità”. Per gli stessi cinque manager, l’ammontare complessivo riferito alle indennità in caso di dimissioni o licenziamento è di 16 milioni di dollari, un articolo 18 d’oro che qualsiasi operaio medio può solo sognare.
La Whirlpool può permettersi questo e altro anche perché è una di quelle compagnie che sono gestite dai propri stessi manager. La proprietà, infatti, è frantumata in una decina di fondi pensioni e fondi di investimento tra cui Vanguard Group che ha attivi per oltre 3.000 miliardi di dollari o Black Rock che invece ne ha per oltre 3.700 miliardi. Tra gli azionisti si trovano anche altri colossi Usa come Fidelity o Ssga Funds Management e altri ancora. Una società i cui azionisti, dunque, investono ai fini della pura redditività da stornare, a sua volta, alle decine di milioni di investitori, singoli o istituzionali, che versano i propri risparmi, o le proprie speculazioni, nelle loro mani.
Sempre l’Afl-Cio, del resto, nel suo Corporate Watch che monitora gli stipendi dei manager, ha sviluppato l’analisi su come votano i fondi di investimento quando si tratta dei compensi dei manager. Nel caso di Vanguard e Black Rock il voto è mediamente positivo. Del resto, in un gruppo che fattura circa 20 miliardi di dollari con 100 mila addetti e che nel 2014, anno in cui ha avuto una flessione, ha cumulato un utile netto di 692 milioni, di cui 224 distribuiti agli azionisti, le paghe del vertice sono ampiamente sostenibili. Se poi c’è qualche problema ci sarà sempre uno stabilimento da chiudere e qualche operaio, a 1.300 euro al mese, da mandare a casa.
Salvatore Cannavò, il Fatto Quotidiano 26/4/2015