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 2015  aprile 25 Sabato calendario

PRIMO IN CLASSIFICA A SUA INSAPUTA, IL SIGNOR GARCIA VUOLE GLI ARRETRATI

Lui è sincero: «Quella canzone non è niente di che. Carina, per carità, ma c’è di meglio». Eppure, se tutto fosse andato come doveva andare, lo avrebbe reso famoso e soprattutto ricchissimo.
E invece, el Rey de Copas, autore di Frontera dell’ensueño, se ne sta seduto in un bar senza fronzoli di una città senza fronzoli («Ma con tanta anima», secondo lui), Jerez de la Frontera, a raccontare la sua incredibile storia. Una vicenda che ricorda quella di Sixto Rodriguez, lo Sugar Man celebrato tardivamente nel documentario vincitore di un Oscar.
Fernando Garcia nei primi Anni Novanta è il leader di un gruppo, El Rey de Copas, che osa mescolare tradizione e innovazione, il flamenco (Jerez ne è la capitale) con il rock. L’esperimento ha un discreto successo nella patria andalusa, ma non varca i confini, a parte qualche festival, concerti d’estate e con un po’ di fatica anche un contratto con una casa discografica importante.
Quando il figlio di due anni ha un terribile incidente, Fernando molla tutto, si sposta a Barcellona per seguirne il calvario, finito bene. «Le mie canzoni evidentemente hanno vissuto di vita propria», racconta oggi, e questo lo ha scoperto solo di recente, quando una collega gli ha detto: «Fernando, su Internet si parla di te».
«Allora - racconta - per curiosità ho cliccato il mio nome d’arte su Google. Ho capito subito che era successo qualcosa». La sua musica si era ribellata alla pensione: «C’erano migliaia di citazioni, confesso che dopo la cinquantesima mi sono rotto di leggerle». Lo choc dura qualche giorno, poi i fatti vengono ricostruiti: il brano Frontera dell’Ensueño, dedicato alla sua Jerez, è stato remixato da un dj di New York (Ray Roc) e ha preso il volo.
I calcoli («per difetto») del signor Garcia parlano di un milione di copie vendute in tutto il mondo («In Francia, a Singapore, in Italia, in Australia, vuoi sapere se c’è anche la Norvegia? Sì, c’è»), per un totale di 26 diverse versioni. Insomma, un botto, peccato che nessuno lo abbia avvisato: «Ho un contratto che parla chiaro: mi spetta il 25% dei guadagni. Ma finora mi hanno dato 10 mila euro, un centesimo a copia».
Appena rinsavisce, el Rey lascia il Sud e va a Madrid: «Ho preso la corriera di notte, il treno era troppo caro. Sono andato alla sede della Warner, ma non mi hanno fatto neppure entrare». Abituato alla diffidenza, Fernando tira fuori il telefono: «Guarda, su iTunes vendono un album con 14 versioni della mia canzone. E se la voglio, devo pagare. C’è anche un compilation dove ci siamo io ed Elvis Costello. E questi neanche mi aprono la porta».
La battaglia legale va avanti, qualche settimana fa le case discografiche riconoscono il problema, «ma non la responsabilità. Il master è della Warner, dicono che è stato rubato. Il brano è stato pubblicato da tutti: Universal, Virgin, Emi e altre 35 etichette, mica pirati. Chi gliel’ha venduto?”. El Rey de Copas, però, oltre alla carte bollate e al whisky, ha di nuovo in mano la chitarra: «Sto facendo un album, ma soprattutto preparo il contratto».