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 2015  aprile 24 Venerdì calendario

IL TUO MONOPOLIO È PIU’ CATTIVO DEL MIO

Come l’erba del vicino è sempre più verde, così i monopoli altrui sono sempre più cattivi, almeno così sembra essere per l’Unione europea (Ue). Molto tollerante nei confronti dei monopolisti europei, la Ue attacca con passione i monopoli americani. Tra questi, il più odiato oggi dai politici europei è senz’altro Google, "responsabile" ai loro occhi della morte di molti giornali. Non sorprende quindi che il commissario europeo alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager, abbia aperto un caso antitrust contro Google, colpevole di aver favorito i propri siti a danno dei concorrenti.
Quali che siano le motivazioni politiche, la decisione della Vestager ha delle ragioni economiche. L’antitrust ha il compito di impedire abusi di posizioni dominanti che danneggino i consumatori. Che Google abbia una posizione dominante in Europa non c’è dubbio: possiede il 90 per cento del mercato dei meccanismi di ricerca. Ma per sanzionare Google non basta dimostrare la sua posizione dominante: un monopolio raggiunto grazie ad una tecnologia superiore non è di per sé sanzionabile. Occorre dimostrare che Google abusi di tale posizione.
Per esempio se Google utilizzasse il proprio meccanismo di ricerca per favorire i propri servizi di vendita a danno di quelli dei rivali, questo sarebbe un esempio di abuso di posizione dominante. I lettori di questa rubrica sanno che l’antitrust americana ha già trovato evidenza di tale favoritismo: Google mette i siti di Google Shopping prima di altri siti concorrenti. Sembrerebbe quindi che Google, quando si tratta dei suoi siti, non segua le stesse regole di priorità che applica a tutti gli altri.
Neppure questa condizione, però, è sufficiente. Per sanzionare Google la Vestager dovrà dimostrare che queste pratiche di Google hanno danneggiato i consumatori. Questa è la parte più debole della tesi dell’accusa. I consumatori usano Google gratis e possono facilmente scegliere un altro meccanismo di ricerca. Come è possibile che siano danneggiati?
Non sappiamo quali prove abbia la Vestager a sua disposizione. Provare il danno per i consumatori, però, non dovrebbe essere impossibile. Basterebbe dimostrare con degli esperimenti che l’ordine con cui Google presenta i risultati del suo motore di ricerca influenza le scelte di acquisto on line. Questo non sarebbe sorprendente perché sappiamo che l’ordine con cui sono disposti i prodotti sugli scaffali dei supermercati influenza gli acquisti. Infine, per dimostrare il danno per il consumatore si dovrebbe comparare il prezzo o la qualità dei servizi offerti da Google Shopping con quello dei suoi competitori discriminati dai meccanismi di ricerca della casa di Mountain View.
Se l’argomentazione è così semplice, perché l’antitrust americana ha archiviato l’inchiesta? Innanzitutto, far causa a Google non è popolare come attaccare il monopolio di una compagnia aerea. In quest’ ultimo caso i consumatori soffrono per i prezzi eccessivi ed amano vedere questi prezzi ridotti dall’attività dell’antitrust. Google, invece, fornisce i suoi servizi ai consumatori gratis. E quindi non è visto come il monopolista cattivo. Se non bastasse, la rapidità di ricerca di Google ha enormemente migliorato la qualità della nostra vita. Perché mai dovrebbe essere punita?
Ma il vero motivo per l’archiviazione dell’inchiesta americana è più banale. Google è stata la seconda società per donazioni ad Obama ed Eric Schmidt, il presidente di Google, ha supervisionato personalmente alcuni dei programmi usati da Obama nella sua campagna per la rielezione. Anche se l’autorità antitrust americana dovrebbe essere indipendente dall’esecutivo, è difficile immaginare che questo sostegno non abbia pesato sulla decisione di archiviare il caso. Per fortuna in Europa, grazie alla rivalità economica tra i due continenti, il potere di lobby di Google non è così forte. Questo ha permesso al commissario europeo di prendere la decisione giusta. Ovvero è solo grazie alla concorrenza tra Paesi che possiamo sperare di veder salvaguardato il principio della concorrenza tra imprese. Nonostante i men che nobili motivi, i consumatori ringraziano.