Laura Laurenzi, il venerdì 24/4/2015, 24 aprile 2015
PARRICIDIO IN FRANCIA. TRA DRAMMA, SESSO E PETTEGOLEZZI
Fra i due litiganti vince il terzo, o meglio la terza in questo caso, il caso di uno psicodramma politico-famigliare dai contorni ancora incerti. Un parricidio mediatico, più che un semplice scontro generazionale: a casa Le Pen nelle ultime settimane sono davvero volati gli stracci. A prevalere su tutti è la nipote del fondatore: Marion Le Pen detta viso d’angelo che ha solo 25 anni, ma a 22 già sedeva in parlamento, aggiudicandosi il primato di deputato più giovane nella storia della Quinta Repubblica. Si candida, ma rifiuta la tutela di un veterano al suo fianco. E prende le distanze dal nonno.
Una saga che va seguita con attenzione: in ballo non c’è soltanto la leadership morale di un partito a conduzione famigliare, il Front National, che alle ultime europee è stato il partito più votato di Francia. C’è la corsa all’Eliseo di Marine Le Pen nel 2017. Con una posta in gioco tanto alta, non deve meravigliare la freddezza con cui una figlia rottama il padre pugnalandolo in pubblico. Si dirà che, soprattutto in Francia, è prassi comune che il nuovo leader elimini il suo mentore per poter prendere il suo posto: lo ha fatto Sarkozy con Chirac e prima di lui Jospin con Mitterrand. In questo caso il parricidio fa più impressione in quanto reale e non figurato.
Anche lei però va capita: come strategia per conquistare i voti moderati da anni si batte per sdoganare il Front National e renderlo presentabile. L’operazione è quella di cancellare, o almeno mitigare, l’impronta estremista, razzista, intollerante, xenofoba, antisemita e omofoba che il padre fondatore ha dato, e alacremente continua a dare, al suo partito. E proprio sul più bello l’ottantasettenne presidente onorario del Front va a ripetere alla radio che le camere a gas naziste sono «un dettaglio della storia». Passano due giorni e Le Pen padre si fa intervistare da Rivarol, giornale di estrema destra già condannato per antisemitismo, e si lancia in una filippica a difesa del maresciallo Pétain. Poi si scaglia contro l’attuale governo «composto da immigrati e da figli di immigrati» e infine riserva il colpo di grazia al nuovo corso del proprio partito seppellendolo di critiche. Apriti cielo. La rampante Marine reagisce e gli nega la candidatura alla presidenza della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. È come se padre e figlia si dessero del lei. In pubblico lui la chiama signora. Annuncia che non ha nessuna intenzione di rinunciare alle elezioni locali e che è pronto a presentarsi con una lista autonoma dissidente. Poi con astuzia ritira «da solo» la candidatura.
Per tutta risposta Madame dà il via alla procedura per espellerlo dal partito. Non è la sola, come prevedibile, ad emettere un verdetto di condanna. «Per Jean-Marie Le Pen è tempo di entrare nel museo delle cere» decreta il deputato frontista Gilbert Collard. «I nostri disaccordi politici sono ormai inconciliabili» si indigna il vicepresidente del partito nonché compagno della due volte divorziata Marine.
Arrivano lodi e attestati di solidarietà anche da Matteo Salvini: «Giustificare o anche solo edulcorare i campi di sterminio è da ricovero coatto. Io sto con Marine, perché fa politica su temi concreti». Ammirazione ampiamente ricambiata; non molte settimane prima lei aveva dichiarato: «Salvini ha un’energia debordante. A volte vado in estasi davanti alla sua forza». Figlia contro padre, ma anche padre contro figlia: «Marine Le Pen si augura la mia morte, forse. È possibile, ma non conti sulla mia collaborazione» sibila il vecchio leone. E ancora: resto in politica fin che muoio. Testualmente: «Andrò avanti finché il boss non mi richiamerà indietro». Per boss intendendo il buon Dio. La faida è solo all’inizio. Lo ha scritto anche il New York Times, chiedendosi quanto questa guerra intestina rischi di «sotterrare il sogno di Marine Le Pen. Come Shakespeare ci ricorda, le battaglie per la conquista del trono sfociano sempre nel dramma».
Nel dramma, ma pure nel pettegolezzo, a voler sdrammatizzare. Indirettamente lo conferma anche Nicola Cenga nel suo libro Il Front National da Jean-Marie a Marine Le Pen. Scrive l’autore: «La femminilità di Marine è stata per molto tempo mascolinizzata dai media e descritta come virile e volgare». Quanto alla figura di Le Pen padre, l’autore sottolinea come nelle biografie su di lui «spesso ha prevalso la curiosità scandalistica per le vicende private del leader». Comprensibile, considerando le molte debolezze del capo, il suo amore per il lusso, l’eredità contesa di un lascito plurimiliardario che gli fu destinato da un re del cemento, la sua coazione a ripetere nel legarsi sempre, lui, nato poverissimo, a donne facoltose. Ma soprattutto le alterne vicende dovute alla condotta della prima moglie Pierrette, madre delle sue tre figlie, di cui Marine è la più giovane. Pierrette Lalanne, bionda signora dotata di un fisico procace, pianta il marito perché si innamora di un giornalista che aveva bussato alla porta dei Le Pen per scrivere una biografia del leader. Separazione ultra mediatica, rivelazioni di Pierrette del genere: mio marito è un evasore fiscale, ha un conto segreto in Svizzera, è razzista. Scandalo anche per via di un servizio fotografico en deshabillé che la signora, nuda tranne un minuscolo grembiulino, pubblica su Playboy. Le tre figlie non le parlano per quindici anni, poi la perdonano.
Qualche pettegolezzo si è fatto anche sul matrimonio di Yann, la secondogenita di Le Pen, che ha sposato un esponente del Front National il quale l’ha lasciata per una donna di colore. Yann è la mamma di Marion Maréchal-Le Pen, deputata-prodigio candidata a sorpresa come capolista al posto del nonno con l’approvazione, per lo meno formale, della zia. Suo padre biologico non è Samuel Maréchal che le ha dato il nome, ma Roger Auque, il giornalista che fu tenuto in ostaggio per un anno dagli Hezbollah libanesi nell’87.
Che grinta Marion. Molto più nazionalista-identitaria, molto più anti immigrati, della zia. Determinata: «Vi fregheremo, quando arriveremo noi vi faremo veramente male» ha minacciato ad alcuni giornalisti. È lei la terza generazione. Con buona pace di zia Marine che proprio in queste ore è finita sotto inchiesta accusata di finanziamenti illeciti al FN. Ed è stata anche colpita da un piccolo lutto molto doloroso: la sua gattina bengalese è stata sbranata dal dobermann di suo padre. Niente, evidentemente, accade per caso.