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 2015  aprile 24 Venerdì calendario

HOLIDAY ON ICE

Nel piccolo aeroporto di Arvidsjaur, Lapponia svedese, c’è un museo sui test che dagli anni ’60 tutte le case automobilistiche vengono a fare qui. Ci sono disegni dei bambini locali, titoli come “una Porsche rossa su una strada e un albero“, ci sono le foto dei reali che ogni tanto vengono a inaugurare un nuovo centro Bosch (qui è stato testato il primo Abs).
Ci si arriva in due ore di volo su un piccolo turboelica da Stoccolma, aereo stipato di soli maschi, tutti piuttosto corpulenti, incastrati in piccole poltroncine, con tute con scritto Volvo e Brembo, tipo gita scolastica per soli uomini. Io vado a una speciale gita per ricchissimi, però: l’Aston Martin infatti organizza questa due giorni di guida sportiva su ghiaccio e, come in un liceo molto “bene”, tra i compagni che trovo sul posto ci sono: un padre e figlio polacchi, che posseggono un fondo d’investimento e son qui col loro jet privato; una signorina di Tokyo, attiva nell’import-export, che sarà la mia partner di guida, qui con due amici; una signora di Rotterdam con un gatto, di nome Batman. E due fratelli petrolieri portoghesi.
Il corpo docente è invece composto da una dirigente Aston Martin con tratto da professoressa tedesca di matematica, severa; un preside, che è Wolfgang Schuhbauer, roccioso pilota e capo del centro di addestramento del Nürburgring; poi vari professori, tutti abbastanza inflessibili. Il primo giorno ci fanno firmare un foglio inquietantissimo, in cui sottoscriviamo che qualunque danno faremo alle auto verrà da noi prontamente ripagato, e penso che solo la maniglia in fibra di carbonio di queste macchine, che si apre con un meccanismo molto complicato (bisogna spingerla e poi estrarla), costerà come tre o quattro rate del mio mutuo a tasso variabile. Nello stesso documento si chiede anche che macchina possediamo, tipo la domanda fatidica che faceva il primo giorno al liceo fighetto di Brescia la mia professoressa di italiano, «che lavoro svolge il capofamiglia?», per sapere se eravamo ricchi o poveri. Io scrivo “Mazda MX-5 del 1997”, con orgoglio proletario.
Intanto l’organizzazione del liceo tedesco procede inflessibile: il primo giorno di corso, alle 9.30, è prevista la partenza dall’hotel; io sto finendo il caffè e alle 9.31 la professoressa di matematica comincia a sbuffare probabilmente pensando «il solito italiano», e il pulmino Mercedes 4x4 ci porta immediatamente sul lago ghiacciato. Io faccio subito amicizia coi fratelli portoghesi, è il solito Sud Europa che si allea contro l’austerità, uno dei fratelli dopo dieci minuti chiede se è possibile fare la pipì e uno dei professori tedeschi dice meccanicamente: «No, avevate tempo prima», e riflettiamo sull’impossibilità dell’euro di funzionare (l’altro fratello portoghese intanto racconta barzellette sulla Merkel; un altro componente della gita scolastica, un avvocato di Düsseldorf dall’aria molto distinta, fa finta di non sentire).

ACCANTO A SUKI (O FUKI)
Arriviamo sul lago su cui si svolgerà il corso, ci viene detto che d’inverno c’è uno strato di ghiaccio di un metro, dunque non c’è possibilità di sprofondare. Ecco le macchine, tutte tirate a lustro: la DB9, quella che più assomiglia alla DB5 di James Bond; la Vantage, in versione otto e dodici cilindri; la Vanquish, una cabriolet fichissima, un mostro a dodici cilindri, da 0 a 100 in tre secondi e otto, 574 cavalli. La Rapide, super berlinona per cumenda che non devono chiedere mai. Veniamo divisi a coppie (la signora olandese col gatto Batman viene purtroppo mandata a un altro gruppo), io vengo assegnato alla giapponese che è simpatica e si chiama Suki o Fuki, in due giorni non riuscirò mai a capirlo. Avrà trentacinque-quarant’anni, è qui con questi amici, uno vecchio e uno giovane, con cui fanno dei weekend molto dispendiosi, tipo almeno golf in Nord Africa. Io penso subito a un matrimonio di interesse. L’amico vecchio è il concessionario Aston Martin nella capitale giapponese, non parla una parola di inglese, quando gira mette la freccia. Sul lago. L’amico giovane si chiama Shigeru e ha una testa di capelli ricci tipo afro, e un iPhone con la custodia di Bruce Lee. Arriverà poi primo in tutti i test, gli daranno anche la coppa con l’alce nella serata finale, che si tiene in un igloo.
La giapponese mi fa accendere la DB9, che è la più docile tra queste macchine che fanno un rombo pauroso, io mi sento come Fracchia quando deve accomodarsi nella poltrona Sacco. Cerco una chiave o un pulsante, qui invece c’è un bottone che è una chiave-gioiello, di cristallo, mi informa lei, e occhio a non romperla perché costa tipo tremila euro. La chiavegioiello va collocata in un pertugio sul cruscotto, e premuta, e solo allora il dodici cilindri comincia a ruggire. La giapponese poi mi chiede che macchina ho, io glielo dico, lei: «Ah, una Matsuda», io «no, una Mazda», lei «sì, certo, una Matsuda», e andiamo avanti così per circa dieci minuti, finché non scopro che Mazda si pronuncia Matsuda in giapponese, ed è subito Lost in Lapponia.
Partiamo. Io guido pianissimo, tipo pensionato col cappello. Herr Schuhbauer dà gli ordini via radio con un walkie talkie che abbiamo in macchina, e urla dei gran «more power!» «more power Mikele», e poi a quattr’occhi al ricevimento con gli insegnanti mi dice «tu non giochi, non ti diverti! Siete qui per divertirvi». Ma io continuo a pensare a quel documento paurosissimo. Poi, non so se in quanto giornalista o in quanto ripetente, faccio una specie di lezione privata col maestro di sostegno, Schuhbauer in persona, che mi dice che sto migliorando molto (tipo professore con l’allievo col disturbo di apprendimento). Ringalluzzito, torno in macchina con la giapponese: lei sgomma un sacco, lei si diverte, e infatti il giorno dopo finiamo fuori strada, e deve venire il pulmino a trainarci con una speciale corda. A chi deve essere trainato vengono assegnate delle spillette con sopra un’alce, è tipo la Lettera Scarlatta, per fortuna ci sono i petrolieri portoghesi che hanno pure ammaccato una Vanquish, e fanno incetta di spillette, l’ultima sera, alla premiazione, in una festa nell’igloo con gli Abba che cantano Dancing Queen. Mentre mangiamo prosciutti di orso, alce e renna (penso a una mia amica vegetariana, penso che forse andrò all’inferno), padre e figlio finanzieri polacchi dicono che sì, è tutto molto bello, però al corso della Rolls-Royce l’anno scorso la birra era migliore.