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 2015  aprile 24 Venerdì calendario

IAGO: «GASP SEMBRA SPAGNOLO: CI DIVERTIAMO E IO SEGNO»

Nove gol, otto nelle ultime quindici partite. Tre nelle ultime sfide consecutive del Genoa e la possibilità, contro il Cesena, di fare poker e di raggiungere la doppia cifra. Il tutto senza tirare rigori. Nel 2015 solo Toni, con 9 reti, e Tevez, con 8, hanno fatto meglio di lui senza usufruire dei tiri dal dischetto. Eppure Iago Falque era un’ala poco abituata ad esultare. «In effetti - conferma - mi è mancata la continuità. Ho sempre giocato da esterno, nella serie B spagnola ho fissato il mio record a 11 gol, nella nazionale spagnola giovanile segnai molto in un Europeo Under 17, ma non sono mai stato un capocannoniere».
Per di più non è un rigorista.
«A un rigore è legato un brutto ricordo, nella finale del Mondiale Under 17 disputato con la Spagna. All’ultimo minuto regolamentare colpii la traversa con un tiro da 40 metri. Poco dopo, dal dischetto, sbagliai la conclusione che sancì la nostra sconfitta. Potevo essere l’eroe, finii nella polvere».
Sembra un segno del destino, la sua carriera ha varie facce: grande promessa nelle giovanili del Barcellona, poi momento difficili, ora, a 25 anni, la riscossa.
«Quando arrivai al Barcellona B, con Guardiola, feci fatica. Da lì in poi ho girato tanto. E’ stato un momento difficile, ma ora posso dire che tutto mi è servito: ho imparato molto».
Una curiosità: lei ha giocato nel Real Madrid, nel Barcellona e nella Juventus, in più è stato allenato da Guardiola. Le semifinali Champions parlano di lei.
«Non ci avevo fatto caso, ma è vero. Il Barcellona mi prese vedendomi giocare alcuni tornei con il Real, poi andai alla Juventus, quindi Tottenham e varie squadre. Per la Champions guardo con affetto il Barcellona, ma anche alla Juve mi sono trovato bene, ho vinto due tornei di Viareggio, che a livello giovanile hanno un valore».
Vista così, ci scusi, sembra che abbia perso vari treni importanti. Perché?
«Semplice: c’era sempre qualcuno più bravo di me. Grandi squadre significa grande concorrenza, per un giovane non è così semplice farsi largo».
Nel suo passato c’è anche una stagione al Bari, allenatore Ventura, ora sua avversario con il Torino nella rincorsa al sogno europeo. Non giocò mai.
«Ma devo qualcosa pure a lui. Io parto da un presupposto: tutti gli allenatori vogliono vincere, se non ti fanno giocare è perché pensano che non sei il più bravo».
Detta così sembra banale. Ma non è comune trovare un calciatore che la pensa come lei.
«Quello che sono, culturalmente, lo devo a mia madre (Carmela Silva eletta in Spagna al congresso dei deputati, ndr). Quando ci vediamo non parliamo mai di politica o calcio. Preferiamo staccare un po’ e ritagliarci un nostro spazio. Per me è importante».
Torniamo al calcio e alla lotta per un posto in Europa league. Ci credete ancora?
«Certo. In Spagna diciamo che la speranza è l’ultima che muore: 5 punti di distacco a 7 partite dalla fine sono molti, ma vediamo di vincere con il Cesena e di avvicinare le nostre avversarie, poi nelle ultime quattro può succedere di tutto».
Serve una vittima, a chi puntate: Fiorentina o Sampdoria?
«Ora la più vicina è la Fiorentina, quindi puntiamo i viola, se poi rallenterà la Sampdoria inseguiremo i blucerchiati. Noi abbiamo un vantaggio: comunque vada a finire, sarà stata una stagione straordinaria. Il nostro obiettivo lo abbiamo già centrato da tempo».
Gasperini ha un segreto?
«Il modo di intendere il calcio. Noi giochiamo per vincere, sempre. Anche quando siamo in vantaggio 1-0 lui ci chiede di fare il secondo, non di difenderci. Diciamo che ha una mentalità spagnola, europea. La gente apprezza lo spettacolo, noi giocatori in campo ci divertiamo e io segno».
Eppure si dice che il calcio italiano viaggi a un’intensità minore rispetto agli altri. Lei che conosce i metodi spagnoli e inglesi, può fare un confronto?
«Io so solo che non ho mai lavorato tanto quanto ho fatto qui, al Genoa. Poi per le altre italiane non so».
L’Inter è interessata a lei?
«Ho sentito questa voce, ma di voci ce ne sono sempre tante. Essere accostati a una grande squadra è bello, ma il mio pensiero è al cento per cento dedicato al Genoa».
Il suo sogno?
«A livello di squadra resta l’Europa con il Genoa, personalmente penso a raggiungere il gol numero 10. La doppia cifra è un traguardo, poi si vedrà, anche se a pensarci bene c’è una rete, tra le nove che ho fatto, che per me vale doppio, quella nel derby. Indimenticabile».