Anna Messia, MilanoFinanza 23/4/2015, 23 aprile 2015
FONDAZIONI, VIA ALL’AUTORIFORMA
Nel solco della riforma delle banche popolari decisa dal governo e in attesa del riordino sulle regole delle Bcc, ieri ha preso il via il progetto di autoriforma delle Fondazioni di origine bancaria. L’ufficializzazione è arrivata con la firma del protocollo d’intesa tra il ministero dell’Economia e l’Acri, l’associazione raccoglie fondazioni e casse di risparmio presieduta da Giuseppe Guzzetti.
Una svolta storica, che rappresenta il punto d’arrivo di un percorso venticinquennale che ha avuto inizio con la legge Amato nel 1990, ha affermato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, aggiungendo che la riforma delle banche popolari e il protocollo per l’autoriforma delle Fondazioni bancarie «si inseriscono nel cambio di rotta della situazione economica del Paese», che si è concretizzato con la ripresa del pil dopo tre anni consecutivi di andamento negativo.
La novità più importanti contenuta nel protocollo è l’impegno delle Fondazioni a non superare la soglia del 33% del patrimonio verso un unico investimento. Ma c’è ben di più. È stato per esempio introdotto il divieto di ricorso all’indebitamento salvo il caso di «temporanee e limitate esigenze di liquidità dovute allo sfaldamento temporale tra uscite ed entrate certe per data ed ammontare». In ogni caso l’esposizione debitoria complessiva non potrà superare il 10% della consistenza patrimoniale e le fondazioni bancarie che oggi si trovassero oltre questa soglia avranno cinque anni per rientrare nei limiti. Banditi anche gli strumenti derivati, che potranno essere utilizzate solo a scopo di copertura del rischio e da segnalare è sicuramente anche la manovra volta a incrementare la trasparenza, con la pubblicazione delle procedure attraverso cui i terzi possono avanzare richieste di sostegno finanziario ed è stato pure fissato un tetto ai corrispettivi per i componenti degli organi di governo delle Fondazioni. «L’obiettivo della diversificazione è consentire alle Fondazioni di avere rendimenti adeguati», ha dichiarato Alessandro Rivera, responsabile della direzione Sistema Bancario e Finanziario-Affari Legali del ministero dell’Economia, che insieme al capo di gabinetto, Roberto Garofoli, ha lavorato con il ministro al protocollo. Rivera ha ricordato che sono state diverse le Fondazioni che hanno misurato sul proprio patrimonio gli effetti della crisi, con una duplice ricaduta negativa. «Vedere il loro patrimonio depauperato a danno del terzo settore e avere una banca locale non più in grado di sostenere il territorio», ha detto. A oggi sono 42 le Fondazioni che hanno più di un terzo del loro patrimonio concentrato su un unico investimento e il protocollo concede tre anni di tempo per l’adeguamento in caso le partecipate siano società quotate e cinque per le non quotate. «Ma ci aspettiamo che le fondazioni si attivino da subito», ha aggiunto Rivera, «approfittando magari del Quantitative easing e delle fusioni bancarie che si prospettano». Positivo il commento di Guzzetti, sicuro che il protocollo non limiterà l’attività delle Fondazioni ma al contrario «rappresenta un’opportunità per un ulteriore impulso alla nostra attività, liberando nuove energie utili a creare una maggiore coesione sociale». Mentre il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha dichiarato che senza le fondazioni la banca non sarebbe oggi al quarto posto tra gli istituti europei e ha espresso «preoccupazione, come capo azienda, nell’individuare nei prossimi anni degli interlocutori che possano svolgere lo stesso ruolo».
Anna Messia, MilanoFinanza 23/4/2015