Simonetta Scarane, ItaliaOggi 22/4/2015, 22 aprile 2015
PIOGGIA DI DOLLARI SU SILICON VALLEY
È stato il miglior trimestre da 15 anni a questa parte, quello chiuso a marzo 2015 per le start-up della Silicon Valley americana. Dalla bolla di Internet dei primi anni 2000. E questo per la quantità di dollari, 13,4 miliardi (12,4 miliardi di euro), iniettati nelle società «unicorno» come sono state ribattezzate le start-up in maniera immaginifica, prendendo a prestito l’animale del mondo delle fiabe.
Mille e venti sono state le operazioni realizzate nei primi tre mesi del 2015 da parte delle società di venture capital, secondo i risultati dello studio pubblicato il 16 aprile dall’Associazione nazionale di venture capital, la federazione degli investitori americani. Operazioni che corrispondono a valorizzazioni da capogiro per questi «germogli» societari. Tra gli «unicorni» che valgono più di 10 miliardi di dollari si trovano Uber (41,2 miliardi di dollari, 38,3 miliardi di euro), Snapchat (19 miliardi di dollari, 17,6 miliardi di euro); Airbnb (13 miliardi di dollari, 12 miliardi di euro); Space X (12 miliardi di dollari, 11,1 miliardi di euro).
Nella società fondata nel 2011 dai due ventenni, Evan Spiegel e Bobby Murphy, Snapchat, vorrebbe investire 200 milioni di dollari il gigante cinese dell’e-commerce Alibaba. L’applicazione per lo scambio di messaggi, foto e video su tablet e smartphone (Snapchat) può solo rallegrarsi di aver rifiutato l’offerta di acquisto di Facebook che era pronta a mettere sul tavolo 3 miliardi di dollari a novembre 2013 dal momento che oggi Snapchat vale 19 miliardi. New entry nella classifica delle top «Unicorno» è Shazam, l’applicazione che serve a riconoscere qualsiasi tipo di musica e poi ad acquistarla.
La maggioranza delle start-up ritarda il più possibile l’ingresso in Borsa con il conseguente obbligo di trasparenza finanziaria. Il sito svedese di musica in streaming, Spotify, che a settembre avrebbe dovuto entrare nel listino di Wall Street, alla fine ha rinunciato alla quotazione.
Il successo fenomenale delle imprese come Facebook hanno attirato un sacco di nuovi sul settore. C’è un clima di euforia che a qualcuno fa venire in mente la bolla Internet del 2000 dal momento che nessuna di queste imprese non è redditizia. Certe, come Snapchat, non hanno neppure un modello economico. I giovani imprenditori della Silicon Valley preferiscono che a investire siano i fondi perché in questo mondo possono tenere d’occhio chi prende una parte del capitale della loro impresa. Inoltre, in questo periodo di politiche monetarie di sostegno c’è una pioggia di denaro sulla Silicon Valley, favorita dai bassi tassi. E questo anche perché nessun altro settore dell’economia consente rendimenti così importanti come le imprese di tecnologia della Silicon Valley. E attrae nuovi investitori come Calpers, uno dei più grossi fondi pensione americani che gestisce le pensioni dei funzionari californiani. Conosciuto per il suo approccio conservatore negli investimenti ha investito, recentemente, nelle nuove tecnologie. E anche le grandi imprese come Google o la cinese Alibaba ci provano. Le società di venture capital Kleiner Perkins o Andreessen Horowitz hanno oggi soldi da investire grazie al successo borsistico dei loro puledri come Facebook. E, secondo gli esperti del settore, questo prova che non si tratta di una bolla speculativa. Queste imprese tecnologiche hanno introdotto nuovi usi quotidiani, rivoluzionandoli, e questo non potrà più essere messo in discussione da un concorrente. Per questo la situazione, secondo gli analisti specializzati, è lontana da quella del 2000, quando furono valorizzati concetti senza verità. Ma soltanto quando queste nuove start-up «unicorno» entreranno in Borsa si saprà se davvero non c’è la bolla.
Simonetta Scarane, ItaliaOggi 22/4/2015