Paolo Siepi, ItaliaOggi 22/4/2015, 22 aprile 2015
PERISCOPIO
Immigrati - D’altra parte non possiamo accoglierli tutti. Jena. La Stampa.
(mfimage) Renzi ha invitato gli italiani a stare tranquilli. Facile a dirsi, ma quando c’è di mezzo l’Isis è un attimo perdere la testa. Dario Vergassola. il venerdì.
Renzi: «È allo studio un bonus per i più poveri», tipo un’entrata gratis all’Expo. Vignetta di Mario Biani. il Fatto.
Il senatore Quagliariello (Udc) è caduto sul basolato dell’Appia correndo una maratona. Quo vadis? Gino Roca. Il Foglio.
C’è gente che vota da anni lo stesso partito come se giocasse al lotto, sogna di vincere, ma i suoi candidati sono sempre ritardatari. Massimo Bucchi, scrittore satirico. il venerdì.
Per i ragazzi del Movimento 5 Stelle i sondaggi (ah, i sondaggi!) danno un po’ in ripresa ma che, nel giro di un anno e mezzo, sono riusciti a sbagliare più gol a porta vuota di Darko Pancev in una partita con l’Inter. Ci sarebbero anche loro, se non fosse che Grillo non ha più voglia, il movimento vive delle sue contraddizioni, gli scissionisti aumentano sempre di più e i grillini hanno dimostrato di essere delle forze antagoniste e giammai rivoluzionarie. Ci sarebbero anche loro, se non fossero diventati, i Di Battista e compagnia, più comici del loro capo comico. Claudio Cerasa. Il Foglio.
Telefonai a Craxi ad Hammamet, fu gentile e alla domanda su cosa si rimproverasse dopo Mani Pulite disse soltanto: «Ho sottovalutato ciò che stava accadendo». Antonio Padellaro. Il Fatto.
Il fantasma di Prodi è riapparso sui merli del castellaccio Pd. Vignetta di Giuliano. il Fatto.
Renzi non è un tipo di quelli che mi piacciono. Non è nelle mie corde: troppa sicurezza, troppo petto in fuori, dalle mie parti quelli così li chiamano sboroni. Certo di cose ne ha fatte. Anche se non sono quelle che dice lui. Per carità, quello che c’era prima era un disastro: un sistema ingessato, consociativo, bloccato dai veti, fondato sulla chiacchiera. Quando sentivo le parole «mettiamoci intorno a un tavolo» mi veniva voglia di tirar fuori la pistola. Ma Renzi, a sinistra, ha annichilito il sindacato. E fin qui siamo d’accordo: aveva una forza politica assurda e sproporzionata al suo ruolo. A questo aggiungo che per la prima volta le coop sono in difficoltà. Sui giornali, in questi giorni, leggiamo le storie dei Mario Chiesa del mondo cooperativo. Abbiamo alzato solo un lembo del tappeto e non sappiamo dove si andrà a finire. Ma di sicuro le potenti coop oggi devono rincorrere gli eventi. Non è mai successo, fino ad ora erano loro a dettare il gioco. Giorgio Guazzaloca, ex sindaco di Bologna (Angelo Allegri). Il Giornale.
Non mi si venga a dire che i rom sono abituati da sempre a non integrarsi nei paesi dove transitano, a guadagnarsi il pane arrangiandosi in modo inconsueto e addestrando i figli, fin dalla più tenera età, a fare altrettanto. Non c’è giustificazione etnica che tenga. A un notabile indiano, che giustificava la tradizione del proprio paese di bruciare sulla pira del marito defunto la moglie, un governatore inglese aveva replicato «anche noi abbiamo le nostre tradizioni, impicchiamo chi brucia le vedove». Piero Ostellino. Il Giornale.
Con il licenziamento in tronco da La Stampa avevo perduto la casa, ma anche il lavoro di corrispondente da Mosca con i suoi orari massacranti che mi tenevano legato alla scrivania. La novità di questa condizione di assoluto disimpegno pratico, dopo tanti anni di gavetta, mi dava come la sensazione eccitante di uscire dalla penombra asfittica di un sottomarino all’aria aperta: finalmente padrone di me stesso e del mio tempo in una Mosca che non avevo avuto ancora il modo, a causa dell’accecante servizio quotidiano, di scandagliare e di conoscere più a fondo. Paradossalmente, in un paese di gente non libera, io ero diventato, per un attimo, l’uomo più libero del mondo. Enzo Bettiza, Via Solferino. Rizzoli, 1982.
Sergio Prozzilo è detto da decenni «Il Geometra» e questo perché una volta mi ritiro e la mia cameriera Rita’a bionda, mi dice: «È passato il geometra Prozzillo che Vi lascia questa imbasciata (in napoletano le imbasciate sono i messaggi). Io le rispondo: «nunn è ggeometra, è architetto!», e lei: «Me dispiace, puveriello, ggeometra è ’e cchiu’!» («Mi dispiace, poveretto, geometra è di più»). Paolo Isotta, La virtù dell’elefante. Marsilio. 2014.
Ciò che mi accompagna ancora, è lo sguardo che aveva mio padre quando camminavo accanto a lui. Quella sua curiosità silenziosa e gentile, quasi contemplativa, tanto era attenta alla realtà. Leggeva, sui muri dei piccoli paesi di montagna, le partecipazioni di lutto, e si fermava a ragionare sulle parentele del defunto, e sulle lontane radici dei cognomi che ricorrevano nella zona. Considerava con attenzione la varietà e la maturazione delle verdure negli orti; e la inclinazione più o meno accentuata dei tetti, per capire quanta neve cadeva lassù, in inverno. È lui che mi ha insegnato a incuriosirmi a una finestra solitaria sempre accesa, la sera, in una casa buia. E, dopo pochi giorni, sapeva gli orari delle massaie e dei vecchi del paese, e a che ora chiudeva la chiesa, e i cancelli del cimitero; e come si chiamava il sagrestano che ogni sera, serrando quei battenti, siglava la fine di una giornata. Era, quella di mio padre, come una immedesimazione, un immergersi silenzioso nel tessuto di un paese - sognando forse di appartenergli, e di avere anche lui lì il suo orto, coi pomodori che maturavano al sole. Marina Corradi. Tempi.
Nessun genere o strumento letterario è al riparo da pericoli. L’aforisma è uno dei più rischiosi. È raro e deve restare raro. Le raccolte di aforismi danno presto la nausea. È come nutrirsi solo di aperitivi, di dessert, o di pillole. Alfonso Berardinelli, critico letterario. (Marco Cicala), il venerdì.
A Roma prese la forma che oggi conosciamo, il più grande ed enigmatico dei capolavori di Gogol, Le anime morte («della Russia io posso scrivere solo a Roma, solo qui, essa mi appare in tutta la sua grandezza»); e ancora oggi Gogol ce lo possiamo immaginare a spasso per la città, sempre molto elegante, eccentrico e di buonumore, come non sarebbe mai più stato in nessun altro posto al mondo: «Adesso a Roma ho pochi amici, o meglio, quasi nessuno (i Repin sono a Firenze). Ma non sono mai stato così allegro, cosi soddisfatto della mia vita», scrive all’amico Aleksandr Semenovic Danilevskij il 2 febbraio 1838. Nicoletta Tiliacos. il Foglio.
Per accontentarsi di poco bisogna avere molto. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 22/4/2015