Justine Drennan, D, la Repubblica 18/4/2015, 18 aprile 2015
IL BUSINESS GLOBALE DEGLI UTERI IN AFFITTO
Il parlamento thailandese ha approvato una norma che pone forti limiti alla maternità surrogata, dopo le polemiche sulla scarsa tutela delle madri e dei bambini nati dalla pratica dell’“utero in affitto” scoppiate dopo due scandali lo scorso anno.
Nel luglio 2014 aveva suscitato indignazione a livello internazionale la vicenda di cui si era resa protagonista una coppia australiana: avevano incaricato una donna thailandese di portare in grembo due gemelli, ma una volta appurato che uno dei due era affetto da sindrome di Down e malformazione cardiaca, lo aveva lasciato alla madre surrogata, portando con sé in Australia solo la sorellina sana. Il secondo scandalo era emerso meno di un mese dopo: un ventiquattrenne giapponese, di nome Mitsutoki Shigeta, aveva pagato almeno 11 donne in Thailandia per portare in grembo 16 bambini. Al direttore di una delle molte agenzie cui si era rivolto aveva detto di voler avere 10 figli ogni anno fino ad età avanzata per costruire una base elettorale fedele in vista della sua futura carriera politica in Giappone, ma c’è il sospetto che il suo intento fosse piuttosto un traffico di adozioni. I bambini ora sono affidati a un orfanotrofio thailandese e Shigeta, attualmente irreperibile, sta tentando di riottenerli per vie legali.
Questi casi estremi e la reazione del governo thailandese sono solo la parte emersa del groviglio di problemi etici e giuridici che circondano a livello internazionale la maternità surrogata, una pratica che richiede una attenta mediazione tra le aspettative di genitori che altrimenti sarebbero impossibilitati ad avere figli biologici e la tutela delle madri surrogate in difficoltà economiche e dei bambini che portano in grembo.
La scienza ha reso possibile l’“utero in affitto” fin dalla fine degli anni Settanta, tramite l’impianto di ovuli fecondati in una madre surrogata. La procedura è regolata nei vari paesi da disposizioni molto diverse riguardo ai diritti e doveri degli aspiranti genitori e delle madri sostitute, ai diritti e alla nazionalità dei bambini nati dall’impianto degli ovuli, nonché all’esercizio su di loro della patria potestà.
Gli aspiranti genitori in cerca di una madre surrogata all’estero provengono soprattutto dalla Cina, dall’Australia e dai paesi europei che vietano questa procedura o impongono rigide limitazioni alla sua pratica. Spesso sorgono complicazioni, per esempio l’ambasciata fiancese in Ucraina (paese in cui la maternità surrogata è legale) ha rifiutato di dare la cittadinanza e regolari documenti di viaggio ai gemelli nati da una gravidanza portata a termine per conto di una coppia che vive in Francia (dove la surrogazione è illegale), lasciandoli in un limbo a tempo indeterminato. La materia non è regolata da accordi globali come la Convenzione dell’Aia sull’adozione internazionale e gli aspiranti genitori cercano di aggirare le limitazioni imposte dai singoli paesi di origine.
«Regolamentare e controllare a livello internazionale la surrogazione è un compito arduo», dice Sam Everingham, il fondatore dell’organizzazione Families Through Surrogacy, che aiuta gli aspiranti genitori a orientarsi in questo terreno complicato. «Le agenzie del settore ne sono consapevoli e sanno come aggirare gli ostacoli normativi. Le più grandi tendono a indirizzare gli utenti verso Paesi dai governi deboli, in cui i contratti di maternità surrogata non sono regolamentati».
Proprio per questo, il rischio di sfruttamento è maggiore. Nel 2011 le autorità tailandesi hanno fatto chiudere i battenti a un’agenzia di Taiwan con sede a Bangkok sospettata di aver costretto varie donne vietnamite a portare avanti gravidanze per conto terzi. Lo scorso anno la madre surrogata di uno dei figli del famigerato Mitsutoki Shigeta ha dichiarato all’Associated Press di essere stata informata dall’agenzia New Life che il bambino che avrebbe portato in grembo era destinato a una coppia sposata. Solo dopo il parto ha saputo, incontrandolo, che il padre era un giovane giapponese single. La New Life ha negato ogni responsabilità, sostenendo di aver interrotto il rapporto con Shigeta, insospettendosi alla sua richiesta di un terzo utero in affitto. L’agenzia sostiene di essersi a quel punto rivolta all’Interpol, che però nega di aver ricevuto la denuncia. Organizzazioni come New Life dichiarano l’intento di aiutare le donne in difficoltà economiche, negando di partecipare al loro sfruttamento. «Gli aspiranti genitori danno una mano alle madri surrogate a realizzare i loro sogni, e viceversa», dice Sophie Ukleba, coordinatrice presso la sede centrale di New Life a Tbilisi, in Georgia, un altro paese che consente l’affitto degli uteri. New Life ha sedi in molti paesi, dall’India all’Ucraina al Messico e, a seconda del Paese, le madri surrogate ricevono una quota variabile tra i 10mila e i 15mila dollari, a fronte di un pagamento da parte degli aspiranti genitori che varia tra i 30mila e i 38mila dollari. La differenza va a coprire i costi sanitari e i diritti di agenzia. In Georgia, con una maternità surrogata una donna può comprarsi un monolocale fuori dalla capitale e crescere meglio i propri figli biologici, spiega Ukleba. «Nessuna madre ci ha mai detto di essersi sentita sfruttata».
New Life monitorizza le condizioni fisiche e mentali delle madri surrogate nel corso delle gravidanze e per alcuni mesi dopo il parto. Le madri devono aver avuto figli in precedenza e rientrare nella fascia d’età dai 25 ai 35 anni. Anche per gli aspiranti genitori è prevista un’età minima e massima.
La nuova normativa thailandese, in attesa di approvazione reale per entrare in vigore, impone limiti ben più severi, consentendo la surrogazione esclusivamente alle coppie eterosessuali e solo se almeno uno dei partner è di nazionalità thailandese. Gli aspiranti genitori devono essere sposati da almeno tre anni e dimostrare di non essere fertili e di non avere parenti fertili. La madre surrogata deve essere una cittadina thailandese sopra i 25 anni di età e l’accordo deve avvenire su base “altruistica” più che “commerciale”: la madre surrogata cioè non deve ricevere un compenso, ma solo la copertura delle spese mediche del caso. Le agenzie che offrono o pubblicizzano servizi di maternità surrogata sono state messe fuori legge, con pene previste fino a 10 anni di reclusione per chi usa l’affitto degli uteri a scopo commerciale.
C’è chi teme che la nuova legge spinga a praticare la maternità surrogata in clandestinità. Altri la considerano di severità esagerata. Cathie Sanchez, consulente per l’agenzia Fertility Choices Group seAsia, ammette, da noi intervistata, che in Thailandia era necessario un maggior controllo su cliniche e agenzie, ma aggiunge che a suo giudizio la nuova normativa «rappresenta chiaramente una reazione eccessiva da parte del governo militare agli scandali dello scorso anno. E non appare del tutto giustificata».
Le nuove limitazioni vanno a scapito soprattutto delle coppie omosessuali e degli aspiranti genitori single. Negli ultimi anni, centinaia dei circa 6mila bambini nati nel mondo grazie alla maternità surrogata commerciale sono stati partoriti in Thailandia. Stando alle stime dell’agenzia stessa, il 35 per cento della clientela del Fertility Choices Group lo scorso anno era composto da uomini gay. La pratica dell’utero in affitto è legale anche in India, altra destinazione molto gettonata, ma una circolare governativa alla fine del 2012 ha negato l’idoneità alle coppie non sposate e omosessuali, alle quali oggi restano ben poche alternative legali, tra cui il Messico, gli Stati Uniti – dove in certi Stati l’utero in affitto è vietato, in altri consentito, in altri ancora limitato in base allo stato civile e all’orientamento sessuale degli aspiranti genitori – e (recentemente aggiuntosi) il Nepal, spiega Ukleba di New Life.
Ora che la Thailandia ha imposto restrizioni, Cathie Sanchez dice che la clientela del Fertility Choices Group si orienta soprattutto verso l’India, l’Europa e alcuni stati americani come la California. I costi degli Usa erano un tempo proibitivi, spingendo gli aspiranti genitori a cercare altrove soluzioni più rischiose, ma lo scorso anno hanno subito una significativa riduzione.
La surrogazione è legale anche in Russia, Grecia, Messico e in Nepal, ma Sanchez sconsiglia il Messico per motivi di sicurezza e il Nepal perché in quel paese la surrogazione non ha uno status giuridico ben definito. La Russia sta riflettendo sulla possibilità di limitare o vietare questa pratica nell’ambito della svolta in corso verso politiche sociali di stampo conservatore. Dmvtro Pugach, dell’agenzia Ukrainian Surrogates, con sede a Kiev, sostiene che il mercato della surrogazione, fiorente fino a poco tempo fa, ha subito un forte calo, soprattutto nell’Ucraina orientale dopo l’inizio delle ostilità.
A seguito del giro di vite in Thailandia l’agenzia New Life sta puntando a espandere i suoi servizi in Nepal e potenzialmente in Cambogia, dove la materia «al momento non è regolamentata», dice Ukleba. Il Nepal ha recentemente autorizzato la surrogazione a beneficio degli stranieri, ma mancano ancora disposizioni precise circa molti aspetti di carattere giuridico come il rilascio dei certificati di nascita, spiega Everingham dell’organizzazione Families Through Surrogacy. Alle donne nepalesi non è consentito affittare l’utero, quindi sono le indiane ad attraversare il confine con questo obiettivo.
Abbiamo chiesto a Ukleba se in situazioni scarsamente regolamentate esistano spazi per lo sfruttamento delle madri surrogate. Risponde che New Life al momento «non individua rischi di questo genere» perché, pur in assenza di disposizioni governative, l’agenzia si attiene comunque alle proprie politiche, tese a garantire la massima correttezza nei confronti di tutte le parti in causa. «Facciamo il possibile per mantenere gli stessi standard in ogni paese in cui abbiamo sede», assicura, pur ammettendo che per ragioni di privacy la New Life non può coordinarsi con altre agenzie in modo da evitare per esempio che un individuo come Shigeta incarichi in contemporanea più madri surrogate. A proposito di casi del genere, Ukleba assicura che la sua agenzia é molto cauta nei confronti di coppie che hanno già parecchi figli e ne desiderano altri. Recentemente ha respinto la richiesta di una coppia che aveva già otto bambini. «Se si sente odore di bruciato» è sempre possibile dire no agli aspiranti genitori, afferma la consulente.
Everingham sostiene però che, pur in condizioni ottimali, «la maternità surrogata internazionale è tutt’altro che il sistema ideale per diventare genitori, perché risulta estremamente stressante a livello emotivo e finanziario».
A suo giudizio sarebbe meglio che in Europa e altrove i paesi eliminassero le restrizioni interne, consentendo agli aspiranti genitori l’accesso a servizi di uteri in affitto ben organizzati in patria. Ma data la posizione sempre più rigida in proposito della Cina a partire dal 2009 e la tendenza a vietare la pratica o a rendere più restrittive le condizioni in molti paesi europei dagli anni Novanta, pare che le prospettive future delle gravidanze surrogate siano esattamente all’opposto.
Traduzione di Emilia Bonghi