Maurizio Chierici, il Fatto Quotidiano 22/4/2015, 22 aprile 2015
DI PADRE IN FIGLIA. I NUOVI VOLTI DELLE SIGNORE D’AMERICA
Sorrideva al padre nella campagna elettorale vinta da Bill Clinton, 1983. Adolescenza alla Casa Bianca. In età da marito accompagna i comizi di Hillary favorita delle primarie 2008. Chelsea le dà una mano nelle assemblee di 110 università: «Che sia mia madre o un’altra donna non importa. Deve essere una donna…», e i ragazzi scuotevano la testa perché l’avversario della signora Clinton era l’avvocato Obama: la batte sul filo del traguardo.
Delusione addolcita da un matrimonio con tanti pettegolezzi: il quasi scandalo di una cerimonia regale, 9 milioni e mezzo di dollari per accogliere 500 invitati a un pranzo dalle insolite portate. Niente glutine, la sposa non lo sopporta. Marito banchiere (Mare Mizvinsky), e arriva Charlotte: Hillary e Bill finalmente nonni. Adesso la madre rincorre la presidenza. Appena Barack stringe a Panama la mano di Raul, con sincronia svizzera la signora Clinton annuncia di candidarsi e nel sito di Chelsea la prima foto di Charlotte apre la corsa alla Casa Bianca. Chi la accompagnerà nelle primarie ed eventuale maratona con Marco Rubio o Jeb Bush repubblicani anti Clinton? Hillary ha in mente una campagna basata sui «valori della famiglia» e Chelsea, Charlotte e l’ex presidente diventano ingredienti indispensabili per aprire il cuore alle donne che votano, ispaniche, soprattutto. Il doppio colpo di Obama (pace con Cuba, amnistia a milioni di clandestini) rafforza la speranza. Apripista Bill o Chelsea? Analisi che si dividono: Robert Shapiro, professore della ragazza alla Columbia, immagina che Chelsea «sia importante nel dialogo con i coetanei, ma il marito resta il protagonista decisivo».
Nell’America meno morbida altre figlie provano a scalare la presidenza per tirar fuori i padri dai guai. Per un soffio domenica non ce l’ha fatta Keiko Fujimori, figlia dell’ingegnere che con mano robusta ha governato il Perù dopo un colpo di stato. Olanta Humala, ex guerrigliero e capo di stato uscente, ha mantenuto la poltrona: appena un punto in più. Per mesi Keiko era la favorita delle previsioni e il padre in carcere (condanna a 25 anni per l’assassino di 25 studenti) confidava ai giornali amici la speranza di tornare in libertà. La giovinezza di Keiko ricorda quella di Chelsea: intelligente, università americana, nervi d’acciaio nella grazia orientale. Giapponese autocrate in Perù, nato nella nave dove i genitori viaggiavano verso l’America, Fuji padre incantava le folle senza sillabare una parola. Affidava il lavoro sporco a Montesinos, capo dei servizi segreti. Sparivano contadini, ragazzi, giornalisti. Grande avversario un editore, Enrico Zileri Gibson, italo peruviano: non ha smesso di raccontare i delitti del regime. Alla fine la sua rivista Caretas ce l’ha fatta, Fuji scappa e ritorna, finisce come doveva finire.
La sconfitta di due giorni fa non ha smontato Keiko e il suo giro di impresari: ricatto della borsa giù del 12 per cento. Humala che ha vinto si preoccupa: annuncia di diventare «presidente di ogni peruviano». E la figlia Fujimori non si arrende, medita la versione latina del patto del Nazareno: libertà del padre in cambio di cosa?
Fra qualche mese il Guatemala elegge il nuovo capo di stato. Corre un’altra figlia per «restituire al padre l’onore mai tradito»: Zury Rios figlia del generale Efrain Rioss Montt per due volte presidente nell’abitudine dei colpi di stato e con la stessa abitudine per due volte rovesciato da altri militari. Sta per compiere 89 anni agli arresti domiciliari. Condanna pesante: 80 anni per il genocidio degli indios di Rigoberta Menchu. Nei giorni ruggenti aveva lasciato la Chiesa di Roma per abbracciare la Chiesa del Verbo, setta protestante dell’altra America. Ne è diventato il pastore supremo. La rete militari–latifondisti lo tiene a galla con mille cavilli e Rios Montt si candida al congresso confezionando un nuovo partito. Il generale torna agli onori della politica: presidente del parlamento. Nel familismo latino, Zury vicepresidente. Ma i delitti lo inseguono e nel ’96 gli è proibito presentarsi e perde l’immunità. Cominciano processi che la melina delle amicizie annacqua all’infinito, Zury regista dei rinvii. Adesso corre per ridare onore al padre disprezzato da ogni paese delle americhe.