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 2015  aprile 22 Mercoledì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 40 (A

proposito di Čechov)

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ČECHOV, IL FREDDO, LE BUGIE, LA SCRITTURA –
Ghiaccio «Bisogna mettersi a scrivere solo quando ci si sente freddi come il ghiaccio» (Čechov).
Čechov «Nato il giorno 17 del mese di Iannuario dell’anno 1860, battezzato il 27 del mese medesimo con il nome di Antonij; figlio di Pavel Georgievi Čechov, mercante di terza gilda di Taganrog, e della di lui legittima consorte Evgenija Jakovlevna. Padrini: Spiridon Titov, fratello mercante di Taganrog, e la sposa di Dmitrij Saf’janopolu, mercante di terza gilda di Tanganrog» (dal certificato di nascita di A. P. Čechov).
Infanzia La povertà gretta della famiglia; la madre taciturna, labbra sottili e sempre serrate; il padre «iracondo e severo» che costringeva i figli più grandi a cantare di notte nel coro della chiesa, li tormentava con le prove fino a tarda sera, autentico tiranno, e pretendeva che sin da piccoli, a turno, stessero a bottega, «occhio del padrone».
Bugia «Secondo me, terminato un racconto bisognerebbe gettare via l’inizio e la fine. È lì che noialtri uomini di lettere concentriamo le bugie maggiori».
Brodo «Quando lavoro, non faccio che bere caffè e brodo fino a sera. Caffè la mattina e brodo a pranzo. Altrimenti non riesco a lavorare».
Ordine Čechov mangiava poco, dormiva poco, adorava l’ordine.
Mani Aveva belle mani, grandi e asciutte.
Mare «Descrivere il mare è difficilissimo. Sapete che cosa ho letto di recente sul quaderno di uno scolaro? “Il mare era grande”. Punto. È straordinario, a parer mio».
Errore «E soprattutto non date mai ascolto ai consigli altrui. Hai sbagliato? Hai mentito? L’errore è soltanto tuo».
Porcherie «Sapete, di recente sono stato a Gaspra, da Tolstoj. Era ancora a letto, ma ha parlato a lungo di tante cose. Anche di me, tra l’altro. Alla fine, quando ho fatto per alzarmi e prendere congedo, mi ha afferrato per un braccio e ha detto: “Baciatemi”. L’ho fatto, e quel vecchio energico è stato lesto a sussurrarmi all’orecchio: “Non lo sopporto proprio, il vostro teatro. Shakespeare scriveva porcherie, ma voi siete addirittura peggio!”» (Čechov nel marzo 1902).
Eroi «Mi accusano spesso, lo faceva anche Tolstoj, di scrivere di quisquilie, di non avere eroi positivi: rivoluzionari, Alessandri Magni o quanto meno un onesto capo della polizia, come Leskov... Ma dove volete che vada a prenderli? Noi siamo uomini di provincia, abbiamo città senza selciati, campagne povere, gente stremata... Da giovani cinguettiamo felici e contenti, ma verso i quarant’anni siamo già vecchi e pensiamo alla morte... Begli eroi!» (Čechov).
Povero «Uno scrittore dev’ssere povero, deve sapere che se non scrive, se cede alla pigrizia, potrebbe morire di fame. Vanno incarcerati, gli scrittori, per costringerli a scrivere di galere, torture e bastonate... Sapeste quanto sono grato alla sorte di essere stato povero da giovane!» (Čechov).
Mondo «Uno scrittore dev’essere ricco sfondato, tanto ricco da potersi concedere in qualunque momento un giro del mondo sul proprio yacht, o da organizzare una spedizione alle sorgenti del Nilo, al Polo Sud, in Tibet o in Arabia, da comprarsi il Caucaso o l’Himalaya... Tolstoj dice che a un uomo servono tre aršin di terra. Sciocchezze. Tre aršin di terra servono a un morto, a un vivo – e soprattutto a uno scrittore – serve il mondo intero...» (Čechov).
Solo «Da morto sarò solo come lo sono da vivo».
Male «Mi vergogno terribilmente di come scrivevo agli inizi!» si lamentava con lui uno scrittore. «Che dite!» esclamò Čechov. «Cominciare male è meraviglioso! Quando invece l’avvio è folgorante, allora sì che è finita!».
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 22/4/2015