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 2015  aprile 20 Lunedì calendario

PARTNERRE, CHE COSA FA LA COMPAGNIA DELLE BERMUDE SCELTA DA ELKANN PER EXOR

Più piccolo dell’Elba e “nascosto” in mezzo all’Atlantico a mille chilometri dalle coste americane, l’arcipelago delle Bermuda è riuscito, come centro finanziario off-shore, ad attrarre più di 10mila società internazionali, a cominciare da grandi nomi del ramo assicurativo e riassicurativo. Tra questi, il gruppo Partner-Re di Pembroke, mille dipendenti guidati da David Zwiener, un fatturato 2014 di 6,5 miliardi di dollari, e tra i primi dieci nella hit parade delle riassicurazioni, capitanata da Munich Re, Swiss Re, Hannover Re e naturalmente dai Lloyd di Londra. Proprio la PartnerRe è finita la settimana scorsa, a sorpresa, nel mirino della Exor, la holding degli Agnelli. John Elkann, che è presidente della Exor oltre che della Fca (Fiat Chrysler Automobiles), ha messo sul piatto 6,4 miliardi di dollari, cioè 130 dollari ad azione, per rilevare l’intero gruppo delle Bermuda. Come si spiega questa mossa degli Agnelli? E’ forse una indicazione che la famiglia potrebbe uscire dal settore dell’auto, come ipotizza qualche osservatore americano? Se l’acquisizione andasse in porto, il mix delle partecipazioni della holding subirebbe una trasformazione, con un forte potenziamento delle attività finanziarie. La Exor oggi controlla il 30 per cento della Fca, di cui è l’azionista di riferimento, e altrettanto della Cnh Industrial (macchine agricole). Ha il 63 per cento della Juventus, il 17 per cento di Banca Leonardo, il 4 per cento dell’Economist e l’81 della Cushman & Wakefield, colosso newyorkese dei servizi immobiliari: una partecipazione, quest’ultima, che Elkann ha già deciso di vendere dando incarico alla Goldman Sachs e alla Morgan Stanley di trovare un compratore. La Fiat Chrysler e la Cnh, cioè le due maggiori partecipazioni della Exor, operano in settori che richiedono un alto impiego di capitali mentre offrono dividendi piuttosto bassi. Di qui l’interesse di Elkann e degli altri membri della famiglia a una diversificazione capace di accrescere la redditività della holding, controbilanciando gli interessi industriali. La nuova acquisizione verrebbe finanziata attingendo alla liquidità in cassa, vendendo la Cushman per circa 2 miliardi di dollari e attraverso dei prestiti obbligazionari per 3 miliardi di dollari già approvati dal consiglio di amministrazione e favoriti dai bassi tassi di interesse. Resta però un ostacolo: quattro mesi fa, a gennaio, la PartnerRe aveva raggiunto un accordo per fondersi con la Axis Capital, un’altra società delle Bermuda, e raddoppiare così le sue dimensioni. E ora sarà il board della PartnerRe a decidere se rimanere con la Axis o accettare l’offerta degli Agnelli, che non solo è del 16 per cento superiore alla valutazione della società fatta a gennaio, ma – come ha insistito lo stesso Elkann - dà agli azionisti della PartnerRe la sicurezza di un pagamento in contanti e non con titoli della nuova società. Una impostazione, questa, che piace a Peter Langerman, chief executive della Franklin mutual advisers e secondo azionista della PartnerRe con il 4,75 per cento del capitale. «E’ una soluzione molto migliore del matrimonio con la Axis», ha detto Langerman alla Reuters. Del resto la mossa della Exor ha avuto una brusca ripercussione anche al New York Stock Exchanghe, dove martedì scorso il titolo PartnerRe è ha visto un’impennata dell’8,5 per cento. Ma la Axis non mollerà troppo facilmente: «Crediamo ancora nella fusione con la PartnerRe», ha ammonito il suo chief executive Albert Benchimol, senza però chiarire quali saranno le prossime mosse. Riaprire le trattative? Arrivare a un nuovo accordo che garantisca al management della PartnerRe di restare in sella invece di essere spazzato via dai colleghi della Axis? O gettare la spugna, intascando i 250 milioni di dollari di penale previsti dall’accordo di gennaio? Un altro rischio per la Exor è che il board della PartnerRe respinga l’offerta “amichevole”, costringendo Elkann o a ritirarsi o ad aprire le ostilità. E poi c’è il pericolo che un terzo incomodo entri nella competizione alzando la posta in gioco: un’ipotesi, questa, tutt’altro che impossibile. Da un lato, infatti, si assiste a un consolidamento del ramo riassicurativo, per far fronte ai costi crescenti; da un altro lato c’è un interesse di gruppi esterni, proprio come Exor, per le attività assicurativo-finanziarie.
Arturo Zampaglione, Affari&Finanza – la Repubblica 20/4/2015