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 2015  aprile 20 Lunedì calendario

DUELLO AD ANKARA BASCI IL BANCHIERE CHE SFIDA CON LA LIRA IL POTERE DI ERDOGAN

Istanbul
«Piacere, mi chiamo Erdem». Semplice, diretto, informale. Non sente nemmeno la necessità di presentarsi con il proprio nome e cognome completi. Viene lui incontro al suo interlocutore, consegna il biglietto da visita con tanto di telefono cellulare, e nello stringere la mano offre un sorriso timido. Erdem Basci, il presidente della Banca Centrale turca, si siede al tavolo delle riunioni nella sede di Ankara dell’Istituto, e spiega con dovizia di particolari le politiche finanziarie della Turchia. Un tecnico puro. Nessuna intervista, per carità. Non è certo questo il momento, mentre ha in corso da mesi con il Capo dello Stato, Recep Tayyip Erdogan, un braccio di ferro che definire al calor bianco è poco. Però Basci, abito scuro e cravatta rossa su una camicia candida, si presenta come un uomo alla mano, nonostante sia al centro delle prime pagine dei quotidiani economici di tutto il mondo per la sua resistenza nei confronti del potentissimo Presidente della Turchia. Cinquant’anni non ancora compiuti, un cursus honorum improntato agli studi economici ad Ankara, la sua città natale, un diploma finale negli Stati Uniti alla Johns Hopkins University, una vita personale molto riservata. Basci oggi è l’uomo che più di ogni altro, avversari politici compresi (e ci troviamo ad un passo dalle elezioni generali), si oppone all’incontrastato leader turco. In uno scontro oggi incarnato da due visioni opposte: quella schiettamente politica di Erdogan, e quella più squisitamente tecnica interpretata da Basci. Ma chi fa il vero bene della Turchia, si chiedono investitori e osservatori stranieri, mentre la chiamata alle urne è vicinissima? Il caso è quello della lira turca. Una moneta divenuta da qualche anno pesante, capace di eliminare non solo tutti gli zeri che si trascinava dietro nei cambi con le divise estere, ma in grado di aumentare di giorno in giorno il proprio valore rispetto a dollaro ed euro. I turisti e i visitatori periodici del Paese lo sanno bene, trovandosi ogni nuovo mese un potere d’acquisto inferiore rispetto ai periodi precedenti. Tutto questo, però, fino a pochi mesi fa. Ora accade esattamente l’inverso, e la moneta è in caduta libera. Perché dall’inizio dell’anno Basci è accusato di non tagliare drasticamente i tassi di interesse, come vorrebbe invece Erdogan, deciso a rilanciare la crescita in vista delle cruciali elezioni politiche del 7 giugno. Il Capo dello Stato ha chiesto ripetutamente il taglio, nonostante l’inflazione alta, e lo scontro ha finito per mandare la lira turca ai minimi record, sollevando preoccupazione sulla reale indipendenza della Banca Centrale. Così Basci e il suo sponsor politico, il vicepremier Ali Babacan (uomo in realtà vicino non a Erdogan ma all’ex Presidente Abdullah Gul, questi ultimi due entrambi fondatori del partito islamico al potere in Turchia da 13 anni), non potendo rialzare i tassi stanno lavorando sulla liquidità per contenere il crollo della lira. Nei giorni scorsi la moneta ha toccato un nuovo minimo storico sul dollaro nonostante l’apparente tregua raggiunta dopo l’ultimo colloquio fra Erdogan e Basci. Ognuno è rimasto sulle proprie posizioni, ma il leader turco sembra avere abbassato i toni rispetto alle settimane precedenti, pronunciandosi a favore della stabilità della valuta nazionale. I mercati si augurano ora che Capo dello Stato e Governatore possano infine intendersi. E’ però difficile che tra i due torni la pace, vista l’asprezza del confronto. Con la consueta retorica muscolare, Erdogan è infatti arrivato addirittura ad affermare che «arrendersi agli alti tassi di interesse significa tradire il nostro Paese». Il Presidente ha incolpato della caduta della lira gli speculatori e la «lobby dei tassi di interesse» accusata di frenare l’espansione economica. «Coloro che investono eccessivamente nel dollaro – ha ammonito - potrebbero restare delusi». Quindi ha detto che la politica monetaria della Banca Centrale è «inadeguata alle realtà dell’economia turca». In pubblico è intervenuto ripetutamente – ogni volta provocando un indebolimento della lira e la preoccupazione degli investitori - chiedendo a gran voce un netto taglio dei tassi. «Se scegli la linea dura con noi – ha affermato un giorno - con il pretesto di essere indipendente, comincio a pensare che prendi ordini da qualcuno». Parole suonate come un avvertimento. E ancora: «Dicono che il capo della Banca Centrale sia una brava persona, una persona molto perbene, ma non mi importa se sia buono o meno». La Bct ha così finito per operare un taglio prudente di 25 punti base, senza però soddisfare il Presidente, che ha considerato la riduzione come puramente simbolica. Basci finora ha resistito. Anche in virtù del fatto che la Banca Centrale turca è indipendente dal governo per una legge del 2001 che le affida il pieno controllo sulla politica monetaria. E la politica economica quest’anno è particolarmente seguita in Turchia con la presidenza di turno del G20, rappresentata al massimo livello proprio da Babacan e Basci. Eppure le durissime sortite del numero uno della Turchia hanno finito per minare la salute del Governatore. Prima ci sono state le insistenti voci di dimissioni, tanto di Basci quanto di Babacan, due personaggi che tuttavia godono della fiducia dei mercati. Poi il presidente della Banca Centrale è scomparso dagli eventi pubblici per entrare in ospedale. Giorni di ansia nei mercati, fino a fine febbraio, quando un portavoce dichiarava che Basci era stato sottoposto a controlli medici dai quali non erano comunque emersi problemi. «Se la salute me lo consente – ha detto il Governatore riemergendo - continuerò a svolgere il mio dovere». La durissima battaglia interna finiva però per ampliarsi a tutto lo schieramento politico governativo, guidato da un monocolore rappresentato dal solo partito islamico, chiamato della Giustizia e dello Sviluppo. Rientrato una notte da New York dov’era per un’occasione ufficiale, il premier Ahmet Davutoglu, fedelissimo di Erdogan, criticava Basci, incontrandolo assieme a Babacan. Dopo una riunione infuocata il tasso di riferimento veniva abbassato al 7,50% dal 7,75% precedente, i tassi a un anno portati a 10,75% da 11,25%, e quelli overnight al 7,25% dal 7,50%. Ritocchi limitati, con cui il Governatore tentava di affermare l’indipendenza del suo organismo. A sua difesa, però, arrivava il vicepremier Bulent Arinc, con una critica esplicita nei confronti di Erdogan: «Non è giusto dire della Banca Centrale che agisce in maniera sbagliata. D’ora in poi non bisogna dire più nulla. Un Presidente deve solo indicare la strada, le sue parole possono essere male interpretate. Ritengo che la costante critica del Governatore, con i dubbi gettati sull’economia, possano generare effetti di rialzo del dollaro». Morale: dal gennaio 2015 la lira turca ha perso oltre il 10% del suo valore, precipitando a marzo per quattro sedute di fila e battendo ogni record negativo sul dollaro. Oggi ha recuperato un po’ di tono sia sul biglietto verde sia sull’euro ma l’instabilità è ormai strutturale. Commentano gli analisti di Finansbank: «L’intensificazione delle pressioni politiche sulla Banca Centrale costituisce manifestamente la principale ragione del calo della lira». Fra Erdogan e Basci la tregua ora è solo elettorale. Dopo il voto, il braccio di ferro sembra destinato a riaprirsi.
Marco Ansaldo, Affari&Finanza – la Repubblica 20/4/2015