Giacomo Amadori, Libero 19/4/2015, 19 aprile 2015
IL SUPER-INDAGATO COOP: SE HO SBAGLIATO PAGHERÒ
Nell’inchiesta sulla coop Cpl Concordia, gira che ti rigira, si finisce sempre col parlare di Massimo D’Alema. Probabilmente anche quando non c’entra nulla. I fatti sono molto semplici. Quattro giorni fa i magistrati di Napoli hanno depositato dei nuovi atti in cui si fa riferimento all’imprenditore abruzzese Giorgio Montali, 54 anni, consulente di Cpl per il Lazio. L’uomo è sospettato di far parte dell’associazione per delinquere che secondo l’accusa stava ai vertici della coop e il 30 marzo è stato sottoposto all’obbligo di dimora, ma non arrestato. Però, ora, annotano i pm, «la sua posizione si è ulteriormente aggravata a seguito delle ulteriori risultanze istruttorie». Infatti l’ex responsabile delle relazioni esterne di Cpl, Francesco Simone, lo chiama in causa con queste parole: «Vi dico che gli importi delle consulenze a Montali sono sicuramente gonfiati e spropositati, nel senso che - almeno che io sappia - Montali era il “terminale” dei rapporti tra Cpl e “omissis” e più in generale con gli ambienti istituzionali del “omissis” nel senso che era il referente della Cpl nei rapporti con le suddette pubbliche amministrazioni. Tali rapporti erano gestiti direttamente da Roberto Casari (l’ex presidente di Cpl finito in prigione, ndr), dal “omissis”, dal Verrini e dall’Ambrogi (direttore commerciale della coop, ndr) che si interfacciavano con il Montali». Quest’ultimo è presente anche il giorno in cui Simone consegna 13.500 euro provenienti dai fondi neri della coop al manager Nicola Verrini (pure lui arrestato): «Ribadisco che quando diedi i soldi a Verrini c’era anche Montali, ciò evidentemente secondo il consueto protocollo utilizzato dalla Cpl (quello delle consulenze fittizie ndr)». Il capo dell’ufficio legale dell’azienda, Luca Costa, definisce uno dei contratti di collaborazione affidato alla Biciemme di Montali, addirittura «vergognoso» (450 mila euro più Iva per non fargli fare nulla, è la denuncia del dirigente). Per sostenere questo nuovo filone i magistrati depositano il verbale di Simone «con l’eliminazione di alcuni omissis». Ma non tolgono la pecetta sopra agli «ambienti istituzionali del “omissis”» e sopra a «“terminale” dei rapporti tra Cpl e “omissis”». Per provare a capire quali possano essere i politici in contatto con Montali chiamiamo l’ex dipendente di Cpl Dario Solari che ai magistrati ha dichiarato di essere stato aiutato da patròn della Biciemme «a capire come funzionano le cose nei Palazzi romani». «È un immobiliarista che conosce molto bene l’ambiente della Capitale, Comune, Provincia, Regione, soprattutto i livelli tecnici, gli uffici, i dipartimenti. Ha rapporti sia a destra che a sinistra che al centro, ma secondo me non di altissimo livello» precisa. Secondo lui di fianco alle parole «ambienti istituzionali» bisogna aggiungere «del Lazio», ma non riesce a completare la frase con l’altro elemento mancante. Con ogni probabilità il nome di un politico. La ricerca va avanti. Sull’homepage del gruppo Ipla di Montali, a cui fanno riferimento alcune società di intermediazione immobiliare, c’è la foto del Campidoglio, sede del Municipio. Scopriamo che la Biciemme «è una società attiva nel settore della consulenza e assistenza per lo sviluppo di aziende». Facciamo un ulteriore approfondimento nella banca dati della Camera di commercio e scopriamo che l’indagato è anche amministratore unico di Ambiente Italia, società specializzata dal 2001 «in realizzazione e gestione di strutture immobiliari». Le quote appartengono alla Meta resorts, di proprietà di Dante e Maria Teresa Mazzitelli. Al cronista si accende una lampadina. Infatti Mazzitelli è il noto imprenditore alberghiero pugliese che nel 2011 finì immortalato su un rotocalco per una gita a Sankt Moritz con Massimo D’Alema e signora. A causa di quella vacanza non proprio proletaria, alcuni giornali definirono l’ex premier «compagno al cachemire». Baffino, diciamo, se ne adontò e puntualizzò che la sciarpa che portava al collo non era di tessuto prezioso, il giaccone era logoro, le scarpe da 29 euro erano di una catena low cost e che lui non soggiornava nell’esclusiva Sankt Moritz, ma a tre chilometri, nell’albergo a 4 stelle di Mazzitelli, lo storico Bernina 1865 di Samedan. Il collegamento tra Mazzitelli e Montali non può essere casuale, pensiamo, visto che in questa inchiesta il nome di D’Alema spunta praticamente in ogni pagina, in particolare per gli 87 mila euro versati da Cpl al lìder Massimo per vini, libri e finanziamenti alla fondazione Italiaeuropei (di cui Baffino è presidente). Per questo telefoniamo a Montali e gli chiediamo se il personaggio misterioso celato dai pm sia D’Alema. L’uomo sembra divertito per la strana coincidenza: «Ovviamente conosco Mazzitelli e ricordo quella sua foto in Svizzera con D’Alema, ma l’ex premier non lo conosco e non ho interesse a incontrarlo, anche perché mi è cordialmente antipatico visto che è uno di quelli che dal 1994 in poi hanno svenduto il Paese, hanno distrutto la democrazia e smantellato la Costituzione». Registrato il tono accorato gli domandiamo se sia un militante del Movimento5stelle. Ride: «Non me lo faccia dire. Sono indagato. Comunque alle ultime elezioni politiche ho dato il mio voto a una piccola speranza per l’Italia. E non si trattava certo di D’Alema o di Matteo Renzi». Montali a questo punto dichiara il suo amore alla magistratura: «Sono indagato, ma resto a disposizione dei pm perché se in questo Paese non ci fossero loro sarebbe una tragedia». Nondimeno ci informa che le intercettazioni ambientali potrebbero avere registrato una voce non sua: «C’è un Giorgio che parla di “fondi neri”, ma usa un lessico tipicamente meridionale, che non è il mio. Mi piacerebbe ascoltare l’audio originale». In quella stessa conversazione si parla anche di «un amico di Saccomanni» che aspetterebbe «25 voti» (per gli inquirenti 25 mila euro), ma per l’imprenditore anche in questo caso qualunque collegamento con il mondo della politica sarebbe di «pura fantasia». Gli leggiamo quello che scrivono di lui i pm: «Il Montali viene indicato da più fonti (e in primis dal Simone) come il soggetto deputato, tramite la solita società di consulenze, a smistare e a dirottare tangenti, appunto attraverso la stipulazione di contratti di consulenza più o meno fittizi, circostanza che risulta confermata dai funzionari della Cpl, sentiti in data 14 aprile 2015». Montali non perde l’aplomb: «Io collettore di tangenti? Non credo proprio, non ne ho mai pagate». Gli riportiamo le parole del suo grande accusatore Simone: «Il ruolo di “terminale” che mi attribuisce è francamente eccessivo. Purtroppo è un personaggio disperato pronto a tutto pur di uscire di prigione». Eccepiamo che ad accusarlo ci sono anche altri testimoni. «Alcuni dipendenti dell’azienda, compresi quelli dell’ufficio legale, non sono informati sulle dinamiche del settore commerciale» controbatte. Tuttavia in zona Cesarini fa una concessione: «Nessuno è perfetto, posso aver sbagliato anch’io e se risulterà che ho commesso degli errori, li pagherò».