Maurizio Chierici, il Fatto Quotidiano 19/4/2015, 19 aprile 2015
LA PANTERA NERA E L’INFILTRATO USA-CUBA, GLI ANNI DI PIOMBO
I sorrisi di Panama nascondono spine che complicano la distensione tra Obama e Raul Castro. “Per riaprire l’ambasciata all’Avana l’ accordo impegna a regolare le pendenze giudiziare che dividono i nostri paesi”, parole di Jeff Rathke, portavoce del Dipartimento di Stato. Chi negli anni tormentati si è nascosto nell’isola di Fidel deve essere restituito alla giustizia degli Stati Uniti. Washington presenta l’elenco e Cuba risponde. Non è d’accordo Josefina Vidal, incaricata dei rapporti col grande vicino: nessun rifugiato politico verrà estradato anche se il governo è soddisfatto per la decisione Usa “di cancellare il nostro paese da una lista nella quale mai avrebbe dovuto essere incluso”. E ricomincia il braccio di ferro.
Due elenchi paralleli riassumono la tensione degli anni di Mosca, quell’ immensa ambasciata all’Avana, palazzo quasi di governo. La più ricercata nell’elenco di Washington é Joanne Deborah Byron Chesimard, afro americana: nelle Pantere Nere aveva preso il nome di Assata Shakur. Per la Fbi “una terrorista interna”, taglia di un milione di dollari. Nel ’98 repubblicani e democratici votano al Congresso l’estradizione.
DAL FUNERALE DI MALCOM X ALL’OMICIDIO DI M. LUTHER KING
Assata entra in politica con la divisa del college, studentessa di economia in fila assieme a un milione di persone dietro la bara di Malcom X, figlio di un pastore battista convertito all’Islam nell’illusione di abbracciare una fede che raccolga nella misericordia musulmani e cristiani. Assassinato mentre l’America annacqua l’antirazzismo dei Kennedy. “Ero a scuola – racconta attorno al tavolo dell’hotel Nacional dell’Avana – quando un ragazzo attraversa i corridoi gridando: hanno ucciso Martin Luther King. Gli hanno sparato. Noi neri piangevamo, i bianchi avevano solo facce tristi. Avevo 21 anni. Bisogna entrare in politica, pensavo, ma se il pacifismo di Martin Luther King era finito così, allora mi sono resa conto che non potevo ribellarmi da sola…”. Si rifugia nell’ombra delle Pantere Nere. L’arrestano, accusa terribile: assassinio di un agente. Ricostruzione della polizia smontata nei tribunali: era ferita, due pallottole nel braccio che avrebbe sparato. Si ammettono interrogatori “robusti”, insomma sevizie e torture, ma Assata non cambia la sua verità. Condannata, diventa la ragazza simbolo della persecuzione.
LA FUGA E L’ARRESTO DI SILVIA BARALDINI
Musicisti bianchi e neri le dedicano brani; Canzone per Assada nei juke box di ogni città. Non l’abbandonano gli amici delle Pantere, fra loro Silvia Baraldini: le fa visita quando i regolamenti lo consentono. Nel 1979 Assata scappa dal supercarcere del New Jersey e la Baraldini viene arrestata e condannata a 47 anni con l’accusa di complicità nella fuga. Le leggende raccontano che il governo D’Alema sia riuscito a riportarla a Roma in cambio della partecipazione italiana alla guerra del Kosovo.
Incontro Assata nel giardino di un albergo. Ascolta le domande e sceglie le parole con l’attenzione di chi cerca il dolce preferito nel vassoio delle tentazioni. Trecce sottili, voce lenta con filo d’ironia. Niente fotografie. Non vuole aggiornare gli schedari Fbi. “Baraldini?” – la sua dolcezza finisce nella rabbia – “Dovevano incolpare qualcuno: hanno scelto chi non c’entra. È andata in un altro modo, ma non posso parlare: certe persone fanno politica, rivedo le facce in Tv”. Assata sparisce. Dopo l’evasione ancora quattro anni di misteri prima dell’apparizione all’Avana. Dove si è nascosta ? Chi l’ha aiutata? “Ero abituata a vedere la mia faccia col Wanted stampato fra i capelli. Welcome il cartello che mi ha accolto: asilo politico nel 1984”.
IL NEMICO DI FIDEL AL SOLE DI MIAMI
Il primo nome che da anni Cuba presenta agli Stati Uniti è Luis Posada Carriles. Gode la vecchiaia a Miami: nato a Cienfuegos scappa appena arriva Fidel. Carriera nella Cia, Fbi, sbarco nella Baia dei Porci, consigliere segreto nelle ambasciate dei paesi che scottano: Argentina, Venezuela, Salvador. Si allarga all’allenza mondiale delle Gladio e nel ’76 apre la stagione dei fuochi: attentati in Costarica e Colombia. Lavora in proprio (“Con Cia e Fbi neutrali” ) assieme a Orlando Bosch specialista in attentati: Comitato di Organizzazioni Rivoluzionarie Unite è il nome dell’ azienda, se si può dire così. L’impresa che fa il giro del mondo è la bomba che scoppia sull’aereo della Cubana, in volo da Caracas all’Avana: muore la squadra giovanile di scherma. I terroristi non sono tutti uguali: se la testa di Assata vale un milione di dollari quale taglia peserà su Posada Cartilles ? Nel ’77 Cuba è un bersaglio “raccomandato”. Si deve smorzare il flusso del turismo. Bombe alle Bodeguita del Medio dove cenava Hemingway, bombe nei villaggi turistici, bomba all’hotel Copacabana.
Quella sera Fabio di Cenno, imprenditore di Genova con interessi all’Avana, accompagna due amici in viaggio di nozze. Una scheggia lo uccide. Posada Carriles racconta al New York Times: “Incidente occasionale ma la guerra continua”. Continua a Panama: scoppia il finimondo nell’università dove gli studenti aspettano l’arrivo di Fidel Castro. Arrestato, liberato da improvvisa amnistia panamense, con passaporto falso torna in Texas. Ancora manette, rilasciato su cauzione fino a quando il tribunale di Miami gli riconosce l’innocenza. Impossibile sapere se l’accordo di Panama lo abbia turbato, ma a 86 anni e con certe amicizie non deve preoccuparsi. Chissà quando ne parleranno Avana e Dipartimento di Stato.
Maurizio Chierici, il Fatto Quotidiano 19/4/2015