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 2015  aprile 19 Domenica calendario

LA FIGURA DI UN UOMO TORTURATO E FLAGELLATO LO SGUARDO VERSO IL SACRO LINO – [+

Cronologia] –
«Lasciamoci raggiungere da questo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore. Ascoltiamo ciò che vuole dirci, nel silenzio, oltrepassando la stessa morte. Attraverso la sacra Sindone ci giunge la Parola unica ed ultima di Dio: l’amore fatto uomo, incarnato nella nostra storia; l’amore misericordioso di Dio che ha preso su di sé tutto il male del mondo per liberarci dal suo dominio». Queste frasi pronunciate nel 2013 da Papa Francesco, in occasione dell’ostensione televisiva della Sindone, sono una chiave di lettura per comprendere ciò che si vivrà a Torino nelle prossime settimane. Come già accaduto nelle precedenti ostensioni, un fiume ininterrotto di pellegrini sfilerà davanti al telo di lino dov’è rimasta impressa la figura di un uomo torturato, flagellato e crocifisso esattamente come i Vangeli raccontano sia accaduto per Gesù di Nazaret.
Le centinaia di migliaia di persone che da tutta Italia e da tutto il mondo verranno a Torino per sostare qualche istante di fronte a quell’icona misteriosa della sofferenza, non sono tutte ingenue o male informate. Molte di loro conoscono le controversa vicenda della Sindone, la discussa datazione al radiocarbonio che la colloca nel Medio Evo, la mancanza di informazioni storiche certe prima del suo apparire, i dibattiti degli scienziati e degli esperti, l’aspro confronto tra coloro che sostengono trattarsi dell’autentico telo funebre che avvolse il corpo del Nazareno a Gerusalemme attorno all’anno 30 e coloro che dicono sia un manufatto medioevale.
Quanti parteciperanno all’ostensione 2015, motivata dal bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco, sanno bene di trovarsi di fronte a un’immagine controversa e discussa. Eppure sono certi che valga comunque la pena affrontare il viaggio, vedere l’uomo della Sindone: quei segni di violenza e di tortura, ma anche la profonda serenità di quel volto con gli occhi chiusi, icona del silenzio del Sabato Santo e preludio della Domenica di Pasqua. Per vedere le impronte lasciate dal sangue, le ferite dei 120 colpi di flagello che hanno martoriato ogni centimetro quadrato del corpo, i rivoli di sangue arterioso e venoso sgorgati dal capo trafitto da centinaia di spine, l’abrasione sulla spalla dov’era caricato il patibolum, il braccio orizzontale della croce, i fori dei chiodi sui polsi e sui piedi, la grande ferita sul costato dalla quale è uscito sangue e siero. Per vedere l’immagine più tenue e ingiallita dell’intero corpo del crocifisso, la cui formazione rimane tutt’oggi un mistero. Un mistero che lascia - è il metodo del Dio cristiano - sufficiente luce per chi vuole credere e buio per chi non vuole credere.
«Il nostro - aveva detto Francesco nel 2013 - non è un semplice osservare, ma è un venerare, è uno sguardo di preghiera. Direi di più: è un lasciarsi guardare. Questo Volto ha gli occhi chiusi, è il volto di un defunto, eppure misteriosamente ci guarda, e nel silenzio ci parla. Come è possibile? Come mai il popolo fedele, come voi, vuole fermarsi davanti a questa Icona di un Uomo flagellato e crocifisso? Perché l’Uomo della Sindone ci invita a contemplare Gesù di Nazaret. Questa immagine – impressa nel telo – parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore».
Il volto dell’uomo della Sindone assomiglia, aveva concluso Papa Bergoglio, «a tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignità, da guerre e violenze che colpiscono i più deboli… Eppure il Volto della Sindone comunica una grande pace; questo Corpo torturato esprime una sovrana maestà. È come se lasciasse trasparire un’energia contenuta ma potente, è come se ci dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza; la forza dell’amore di Dio, la forza del Risorto vince tutto». È questa energia e questa speranza che rendono l’icona dell’uomo sindonico ancora così attraente per le donne e gli uomini del 2015, due millenni dopo le vicende accadute durante quella Pasqua a Gerusalemme.
Andrea Tornielli, TuttoLibri – La Stampa 19/4/2015
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33
LA MORTE DI GESÙ –
I Vangeli non concordano sulla data di morte di Gesù. Accettate sono 7 aprile 30, 27 aprile 31, 3 aprile 33; se si seguono le indicazioni di Giovanni, si deve scegliere la prima. Calato dalla croce, Gesù fu avvolto in un lenzuolo e sepolto in una tomba scavata nella roccia (Deposizione di Rubens). Del lenzuolo si perdono tracce e notizie per circa 5 secoli.

525
IL VOLTO DI EDESSA –
Durante il restauro di Santa Sofia a Edessa, nell’attuale Turchia, in una nicchia viene ritrovato un volto di Cristo impresso su una tela che, secondo la tradizione, non sarebbe stata «dipinta da mano umana». L’immagine, grande quanto un fazzoletto («mandylion») diventa la base dell’iconografia bizantina del Santo Volto.

944
LA CONQUISTA –
I Bizantini espugnano Edessa, nel frattempo caduta in mano ai Turchi, e il «Mandylion» va a Costantinopoli. Qui si scopre che la tela era un lenzuolo piegato in 8 parti: veniva esposto solo il volto, forse perché considerato sconveniente esporre l’impronta del corpo nudo di Cristo. Non quindi un «fazzoletto», per alcuni può essere il telo giunto a Torino.

1147
A GERUSALEMME –
I cronisti medievali narrano che il re di Francia Luigi VII (nel dipinto di Jean du Tillet), a Costantinopoli per la II Crociata, abbia «venerato la Sindone». Anni dopo, altre fonti dicono che l’imperatore bizantino Manuele I Conmeno abbia mostrato ad Amalrico, re dei latini di Gerusalemme, «le reliquie della Passione». Tra queste, anche la Sindone.

1204
IL SACCHEGGIO –
«Tutti i venerdì la Sindone è esposta a Costantinopoli... ma nessuno sa dove sia andata a finire dopo che fu saccheggiata la città». Lo scrive Robert De Clary, cronista della IV Crociata: la città era stata conquistata da Ottone de la Roche che sarà accusato dai bizantini di essersi impadronito di una «venerata sindone».

1314
IL MISTERO DEI TEMPLARI –
L’ordine dei cavalieri è accusato da Filippo il Bello, re di Francia. I vertici finiscono sul rogo (tra loro Geoffreoy de Charny), accusati di venerare l’immagine del demonio. Per alcuni sarebbe la Sindone, trafugata a Gerusalemme non da Ottone de La Roche, ma dai Templari. Prove storiche che abbiano preso parte alla IV Crociata non ce ne sono.

1356
IN FRANCIA –
Goffredo di Charny, forse nipote di un templare morto sul rogo, possiede la Sindone. Perché? Le ipotesi sono tutte plausibili: oltre alla parentela col giustiziato, era marito di Giovanna di Vergy, discendente di Ottone. Goffredo tiene la Sindone nel castello a Lirey, nelle Ardenne, poi nella collegiata. Alla sua morte, nel 1356, la vedova la dona ai canonici.

1389
LE PRIME OSTENSIONI –
Goffredo II, figlio del conte morto a Poitiers (nell’immagine, la battaglia), ostende la Sindone a Lirey senza il permesso del vescovo di Troyes, Pierre d’Arcis, che se ne risente e vieta al clero di nominare la Sindone. Goffredo si appella all’antipapa Clemente VII, suo parente, che permette le ostensioni ma dichiarando che «non è la vera Sindone».

1418
LA PROPRIETÀ –
I canonici di Lirey, temendo che venisse coinvolto nella guerra fra Borgogna e Francia, affidano il lino al conte Umberto de la Roche. Alla sua morte, nel 1448, la vedova Margherita di Charny lo cede ad Anna di Lusignano, moglie di Ludovico di Savoia, che vive a Chambéry. Margherita è scomunicata, e muore pochi anni dopo nel 1459.

1502
LA CAPPELLA A CHAMBÉRY –
I duchi di Savoia fanno costruire a Chambéry, in stile gotico fiammeggiante, la Sainte Chapelle destinandola al culto della Sindone. Papa Giulio II consentirà il culto pubblico del Sacro Lino, approvandone la Messa e l’Ufficio. Una speciale bolla papale concede di rinominare la chiesa in Cappella della Sacra Sindone.


1532
SCOPPIA L’INCENDIO –
Nella notte tra il 3 e il 4 dicembre 1532 la cappella brucia: la Sindone si salva dalla distruzione, ma non resta intatta. I danni sono registrati con meticolosità: una coppia di linee nere si estende per la lunghezza del telo, trafitto anche da otto fori simmetrici. Per gli studiosi è stata una goccia di metallo fuso a trapassare il tessuto piegato in otto.

1534
IL RAMMENDO –
Le clarisse del convento di Chambéry provvedono a un rudimentale restauro: chiudono gli otto fori con dei rattoppi, e cuciono sul retro del lenzuolo un telo d’Olanda. Il lavoro delle religiose resisterà per quasi 5 secoli, e sarà rimosso soltanto con il restauro del 2002 compiuto da Flury Lemberg e dalle sue collaboratrici a Torino.

1536
PARTENZA E RITORNO –
Durante le guerre (1536-1561) tra Francesco I di Francia e Carlo V d’Asburgo (nel ritratto di Van Dyck), con i Savoia schierati dalla parte di quest’ultimo, la Sindone inizia una serie di spostamenti. In un primo tempo viene trasferita a Nizza, poi trova collocazione temporanea a Vercelli. Soltanto nel 1561 il Sacro Lino fa ritorno a Chambéry.

1578
VERSO TORINO –
Emanuele Filiberto di Savoia sposta la capitale a Torino e progetta di portarvi la Sindone, tra le proteste dei savoiardi. Nel 1578 il pretesto: Carlo Borromeo aveva promesso un pellegrinaggio a piedi verso la Sindone se la peste a Milano fosse finita. Per «accorciare» la fatica al prelato, il Sacro Lino è spostato a Torino e non tornerà indietro.

1694
LA CAPPELLA DEL GUARINI –
Emanuele Filiberto progetta la costruzione di una cappella per accogliere la Sindone. La commissiona a Carlo di Castellamonte, ma con il tempo l’incarico passa prima ad Amedeo di Castellamonte, poi a Bernardino Quadri e quindi al frate-architetto Guarino Guarini, che conclude i lavori nel 1694. Poco dopo la Sindone viene trasferita nella nuova sede.

1706
L’ASSEDIO FRANCESE –
Nel 1700, alla morte senza discendenti di Carlo II d’Asburgo, re di Spagna, si scatena una lunga guerra di successione. Il conflitto vede schierati da una parte Inghilterra, Impero Asburgico, Portogallo, Danimarca e Olanda; dall’altra Francia e Spagna. Nel 1706, Torino viene assediata per 117 giorni, e la Sindone segue i duchi nel temporaneo esilio di Genova.

1713
DA DUCATO A REGNO –
Al termine della Guerra di successione spagnola, grazie al Trattato di Utrecht, essendo tra i vincitori, i Savoia ottennero la corona del Regno di Sicilia e il conseguente titolo regio nel 1713. Per celebrare l’evento, Torino ospita una ostensione solenne. Nel XVIII secolo ce ne saranno altre nove. Nell’immagine, re Vittorio Amedeo II.

1798
OCCUPANTI FRANCESI –
L’8 dicembre 1798, dopo alcuni anni di guerra, Carlo Emanuele IV di Savoia lascia Torino: la Sindone questa volta rimane in città. Nel 1804 Papa Pio VII potrà venerarla nel corso di un’ostensione privata. Altre ostensioni solenni sono indette negli anni 1815, 1821 e 1842: si svolgono tutte in piazza Castello.

1868
PRIMA VOLTA IN DUOMO –
Nel 1868, per le nozze tra Umberto I e Margherita, la Sindone è esposta per la prima volta nel Duomo. Nell’ostensione del 1898, Secondo Pia la fotografa mettendo in luce, attraverso l’immagine del negativo fotografico, particolari mai visti. Nella II Guerra mondiale la Sindone è nell’abbazia di Montevergine, in Campania, al sicuro. Tornerà nel 1946.

1997
L’INCENDIO NELLA CUPOLA –
Nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997 in Duomo divampa un incendio che devasta la Cappella del Guarini e alcune sale del vicino Palazzo Reale. La Sindone - che dal 1983, per volontà testamentaria di Umberto II, è di proprietà della Santa Sede - non corre rischi: dal ’93, per consentire i lavori di restauro della Cappella, era stata collocata dietro all’altare maggiore.

1898
SECONDO PIA E LA FOTO STORICA –
È durante questa ostensione (25 maggio-2 giugno) che Secondo Pia fotografa il Telo rivelandone dettagli fino ad allora segreti: è stata indetta in occasione di una grande esposizione di Arte sacra, per celebrare i 400 anni del Duomo, il terzo anniversario della Confraternita del Santo Sudario e il 50° dello Statuto Albertino.

1931
FESTA PER LE NOZZE DI UMBERTO II –
L’ostensione del 1931 avvenne in occasione delle nozze tra il principe Umberto II di Savoia e Maria Josè del Belgio. Il fotografo Giuseppe Enri scattò immagini più dettagliate rispetto a quelle di Pia. L’ostensione durò venti giorni, dal 3 maggio. Alla fine, per via dell’enorme affluenza, la Sindone venne esposta sul sagrato del Duomo.

1933
UN GIUBILEO STRAORDINARIO –
Dura 15 giorni e avviene per espresso desiderio di Papa Pio XI, l’ostensione del 1933, per celebrare l’Anno Santo «straordinario», nel XIX centenario della Redenzione (morte e resurrezione di Cristo). All’apertura i giornali contano «5 altezze reali, un cardinale e 28 vescovi» e si soffermano sui pellegrini in arrivo dall’estero.

1969
SOLO PER ESPERTI E SCIENZIATI –
Dal 16 al 18 giugno la Sindone fu esposta a Palazzo Reale per consentire a una commissione di studio nominata dal cardinale Pellegrino di effettuare un monitoraggio sul tessuto. Fu l’occasione per altri scatti fotografici, a colori. L’autore fu Giovanni Battista Judica Cordiglia. Si stabilì allora l’esigenza di pensare a nuovi modi di conservazione.

1973
LA PRIMA VOLTA IN TELEVISIONE –
È la prima ostensione televisiva e avviene in diretta da Palazzo Reale con il Telo esposto in verticale per aiutare la ripresa, che si conclude con il messaggio di Paolo VI: la Sindone è «una misteriosa reliquia oggetto di continui studi». Quella è la prima occasione (non ufficiale) in cui si preleva un ritaglio di stoffa per analisi.

1978
IL PONTIFICATO DI GIOVANNI PAOLO I –
L’ostensione che ricorda i 400 anni del trasferimento della Sindone da Chambéry si apre un giorno dopo l’elezione di papa Luciani, Giovanni Paolo I. Durerà 43 giorni e porta a Torino oltre tre milioni di pellegrini. Al termine della visita dei fedeli, il lenzuolo viene esaminato per 120 ore consecutive da 44 studiosi italiani e stranieri.

1998
LA VISITA DI WOJTYLA SUL WEB –
L’ultima ostensione del ’900 è la prima visibile sul web, compresa la visita in Duomo di Wojtyla. È stata decisa per i 100 anni della prima foto del Telo scattata da Secondo Pia. Dura 56 giorni, è vista da oltre 2,5 milioni di persone. Ora la Sindone è riposta in una teca ipertecnologica necessaria per conservare al meglio il tessuto.

2000
LA PIÙ LUNGA DELLA STORIA –
L’Ostensione d’inizio millennio, la più lunga della storia (72 giorni), è stata organizzata nell’ambito delle celebrazioni del Giubileo. Ma nonostante il grande afflusso a Roma, il numero dei pellegrini è stato inferiore al previsto. A Torino arrivarono 15 mila giovani dall’estero diretti alla GMG e per loro l’apertura fu anticipata di due settimane.

2010
IL TELO ESPOSTO DOPO I RESTAURI –
Durante l’ostensione del 2010, che ha portato a Torino due milioni e mezzo di pellegrini, il Telo è stato mostrato per la prima volta dopo il lavoro di conservazione eseguito nel 2002: la rimozione delle toppe cucite dalle Clarisse di Chambéry in occasione dell’incendio del 1532 e la ripulitura del Lino dai residui di tessuto bruciato.