Paolo Mastrolilli, La Stampa 19/4/2015, 19 aprile 2015
L’OCCIDENTE IN AZIONE ANCHE IN LIBIA L’IDEA DI ITALIA E USA ANTI-CALIFFATO
«I membri della coalizione anti Isis dovrebbero prestare più attenzione alle preoccupazioni dei partner che hanno i terroristi davanti alla loro faccia».
È perentorio questo richiamo fatto dal generale americano John Allen, durante una videoconferenza con gli alleati nella lotta allo Stato islamico, avvenuta il 31 marzo scorso. L’inviato presidenziale aveva in mente l’Italia, e le sue parole dimostrano nello stesso tempo l’attenzione di Washington per i timori di Roma e la distrazione degli altri paesi europei. Una chiave che aiuta a comprendere l’appoggio che Barack Obama ha garantito a Matteo Renzi sulla Libia, durante il vertice di venerdì alla Casa Bianca. Un sostegno che ricorda quello offerto dalla Nato ai suoi membri minacciati, e include provvedimenti per poter usare la forza ovunque.
La lotta all’Isis è affidata a una coalizione, di cui Allen è il coordinatore. L’ex comandante delle truppe internazionali in Afghanistan oggi ha un ufficio al dipartimento di Stato, da dove tiene i contatti con gli alleati sulle iniziative da prendere. Alla fine di marzo ha organizzato una videoconferenza in formato «Quint», ossia ristretta a Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Francia e Germania, dove si è discusso un documento di due pagine redatto dagli inglesi, finalizzato a stabilire le modalità per contrastare le «varianti» dell’Isis. In altre parole, le sue ramificazioni fuori dall’Iraq e la Siria, a partire dalla Libia.
Uscire da Siria-Iraq
Nel Paese dove regnava Saddam, nonostante l’offensiva dello Stato islamico in corso su Ramadi, gli americani sono incoraggiati perché dall’inizio della campagna i terroristi hanno perso un quarto del territorio controllato. Ora vorrebbero che le forze locali puntassero a riprendere proprio la provincia di Anbar, prima di attaccare Mosul. Gli Usa sono disposti a proseguire anche la collaborazione indiretta con le milizie sciite, preferendo però quelle più vicine all’ayatollah al Sistani e quindi meno controllate direttamente dall’Iran. Chiedono al premier al Abadi di finalizzare in fretta le nuove leggi sulla pacificazione e la de-baathificazione, e ai paesi del Golfo come l’Arabia di sostenere con più forza questo tentativo di stabilizzare l’Iraq includendo meglio i sunniti. Forte è anche l’apprezzamento per l’impegno che l’Italia ha preso nell’addestrare la polizia locale, al punto che nei giorni scorsi un colonnello dei Carabinieri ha visitato Baghdad proprio per preparare questo programma.
In Siria si segue insieme il canale diplomatico e militare. Sul piano politico Assad ormai è un alleato di fatto nella lotta all’Isis, e al momento nessuno punta più a rimuoverlo, anche se i suoi comportamenti restano molto discutibili. Gli analisti ad esempio sospettano che abbia favorito la presa del campo profughi di Yarmouk da parte dell’Isis, proprio per dimostrare che è assediato dai terroristi ed è l’unico argine possibile. Sul piano diplomatico si conta sui colloqui che sta facilitando soprattutto Mosca, per trovare una soluzione condivisa, mentre su quello militare circa duemila volontari dell’opposizione moderata sono stati accettati per l’addestramento che comincerà fra qualche settimana in Turchia, in ritardo rispetto ai piani originali.
L’emergenza dunque riguarda le «varianti» dell’Isis fuori da questi teatri, che hanno sorpreso ancora una volta. Ci sono elementi in Libia, Egitto, Algeria, Yemen, Nigeria, Tunisia e Afghanistan, e fino a ieri non esisteva una strategia per questi Paesi. L’Italia ha chiesto che gli strumenti già impiegati dalla coalizione anti Isis in Siria ed Iraq diventino disponibili in Libia, dalle operazioni anti terrorismo a quelle per contrastare la propaganda, fino agli interventi per bloccare il flusso di soldi, armi e combattenti stranieri.
Gli americani hanno risposto che stanno finalizzando una iniziativa legislativa per allargare l’attuale mandato del presidente oltre la Siria e l’Iraq. Ciò consentirebbe di impiegare tutte le capacità militari Usa in qualunque scenario dove venisse confermata la presenza dell’Isis, a partire dalla Libia. Così si spiegano le rassicurazioni che Obama ha dato a Renzi in termini di supporto. Un simile provvedimento consentirebbe di utilizzare non solo i droni, che probabilmente già fanno almeno pattugliamenti di intelligence, ma anche l’aviazione o le truppe speciali, se servissero interventi di emergenza per garantire la sicurezza dell’Italia.
La base di Sigonella
Gli Usa hanno una forte presenza nella regione, a partire dalla base di Sigonella e in mare, e quando si tratta di fare operazioni mirate contro obiettivi terroristici hanno già dimostrato di essere determinati ad agire. La speranza però resta quella di arrivare ad un accordo politico attraverso la mediazione dell’Onu, per convincere le fazioni di Tobruk e Tripoli a creare un governo di unità nazionale, che poi inviti un contingente internazionale per aiutare la stabilizzazione del paese e la lotta contro l’Isis. Su questi due punti, cioè il negoziato e la preparazione dell’intervento, gli Usa chiedono all’Italia di svolgere un ruolo di leadership, che spinga anche l’Europa a fare di più.
Articolo 5 della Nato
In tale senso è emblematico il «paper» scritto dagli inglesi e discusso dal «Quint», che si intitola proprio «Tackling Isil outside of Iraq/Syria». Il documento descrive il contesto dell’Isis, la sua espansione, come determinare l’importanza della sua presenza nei vari teatri, le sfide che pone e le raccomandazioni per affrontarlo. Il paragrafo chiave per l’Italia, però, è questo: «Anche quando la natura della relazione fra gli affiliati e la componente in Iraq e Siria è debole, potrebbe essere necessaria una risposta della Coalizione, se c’è una minaccia significativa per la popolazione locale, la stabilità regionale, o la sicurezza nazionale di membri della Coalizione stessa». Il linguaggio ricorda un po’ l’articolo 5 del trattato Nato, secondo cui un attacco contro un alleato è considerato un attacco contro tutti gli altri. Alla luce di questa intesa, si comprende meglio anche l’accordo fra Obama e Renzi sulla Libia: l’Italia si assume grandi responsabilità, ma i Paesi amici si impegnano a difenderla dall’Isis, come se tutti avessero le coste affacciate sul mare davanti a Tripoli.
Paolo Mastrolilli, La Stampa 19/4/2015