Notizie tratte da: Peter Biskind # A pranzo con Orson – Conversazioni tra Henry Jaglom e Orson Welles # Adelphi Milano 2015 # pp. 344., 20 aprile 2015
Notizie tratte da: Peter Biskind, A pranzo con Orson – Conversazioni tra Henry Jaglom e Orson Welles, Adelphi Milano 2015, pp
Notizie tratte da: Peter Biskind, A pranzo con Orson – Conversazioni tra Henry Jaglom e Orson Welles, Adelphi Milano 2015, pp. 344.
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Harvard «Finii le superiori in due anni e vinsi una borsa di studio per Harvard. Odiavo la scuola! La odiavo! Il problema della scuola è che fa benissimo a certi cervelli e malissimo ad altri. Ti dà opinioni, costantemente: opinioni sulla storia, sulle persone, su tutto. Le scuole sono fabbriche di opinioni. Quindi feci teatro per non andare a Harvard!»
Dadda Figlio di Richard Welles, inventore e Beatrice Ives, pianista, artista e suffragetta. I suoi litigavano così tanto che finirono per separarsi. Orson rimase con la madre, che morì prematuramente. Venne poi affidato al dottor Maurice «Dadda» Bernstein, amico intimo di Beatrice e, stando alle chiacchiere, suo amante.
Nasino Alto, con i capelli biondi, la faccia da bambino e un nasino schiacciato che gli procurò eterno imbarazzo.
Irlanda A soli sedici anni convinse Dadda Bernstein a mandarlo in Irlanda per un viaggio a piedi.
Tutto «Tutti gli dovremo sempre tutto» (così Jean-Luc Godard ha descritto così l’influsso di Orson Welles).
Mestieri Welles non fu soltanto regista ma anche produttore, grande attore e sceneggiatore, prolifico autore di saggistica, narrativa, teatro, nonché editorialista.
The Cradle Will Rock. Lo spettacolo di Welles che secondo Roosevelt e/o i suoi consiglieri era apertamente schierato con i sindacati fu bloccato dall’Fbi. Il 16 giugno 1937 centinaia di spettatori marciarono per venti isolati fino al Venice Theatre, dove Welles e i suoi la misero in scena gratis in versione povera, con Blitzstein al pianoforte sul palco e il cast sparso tra il pubblico a cantare i brani.
Times Il 9 maggio 1938, tre giorni dopo il suo ventitreesimo compleanno, Time lo mise in copertina.
Invasione Quella volta che, nella puntata di Halloween, simulò la cronaca in diretta di un’invasione marziana scatenando il panico fra milioni di americani – anche se l’obiettivo dell’attacco, Grover’s Mill, nel New Jersey, anziché Washington o New York, avrebbe dovuto destare qualche sospetto negli ascoltatori. Era il 30 ottobre 1938.
Quarto potere (primo maggio 1941) Hearst tentò disperatamente di bloccare l’uscita del film. Louella Parsons, che era una sua giornalista, raccontò in un’autobiografia che parecchi vertici degli studios, tra cui Louis B. Mayer e Jack Warner, rifiutarono di proiettarlo nelle loro sale. Hearst minacciò di vietare le inserzioni della RKO sui suoi giornali. George Schaefer non cedette e la Rko ci rimise circa centocinquantamila dollari.
Rosebud È il nomignolo vaginale con cui Hearst chiama in intimità Marion Davies. Ma la vulgata vuole che tutte queste porcheriole siano in realtà altrettante trovate di Herman J. Mankiewicz.
Rosabella «Mi chiedo, dopo un film così, che altro puoi fare? È questo il suo segreto? E lui lo sa? Che Quarto potere sia la sua Rosabella?» (Dal diario di Henry Jaglom, 2 aprile 1978)
Regista Welles diresse in tutto undici lungometraggi, tra cui la sua straordinaria trilogia shakespeariana: Macbeth (1948), Otello (1952) e Falstaff (1965).
Attore Sempre in cerca di soldi per terminare i vecchi progetti e/o iniziarne di nuovi, Welles li raccolse partecipando a innumerevoli film, qualcuno ottimo e molti pessimi.
Spot Paul Masson, la casa vinicola californiana che divenne famosa grazie a lui che biascica ubriaco: «We will sell no wine before its time» (Lo si può vedere su youtube). La Paul Masson lo cacciò: in un talk show apparve visibilmente dimagrito e spiegò che aveva smesso di mangiare fuori pasto e di bere vino.
Illusionista Illusionista dilettante da giovane.
Parolaccia Henry Jaglom che vide terminare bruscamente la propria carriera d’attore il giorno in cui, mentre si lavava i piedi nel lavandino di casa suonò il telefono: il ruolo di protagonista nel Laureato (1967), per il quale era convinto di essere nato, era stato assegnato a Dustin Hoffman. Henry disse una parolaccia e decise di dedicarsi alla sceneggiatura e alla regia.
Erba Jaglom, che aveva un debole per le lunghe sciarpe colorate e i cappelli flosci, iniziò presto a frequentare cattive compagnie. Fumò erba con Jack Nicholson all’Old World Restaurant di Sunset Boulevard e fu attratto nell’orbita di Bert Schneider.
Risposte «Cosa vuole» esordì il maestro, scostante.
«Sono Henry Jaglom».
«Non è una risposta alla mia domanda».
Questo il primo incontro tra Jaglom e Welles che lo voleva nel cast del suo film d’esordio Un posto tranquillo (1971), con Jack Nicholson e Tuesday Weld.
«Dov’è il copione».
«Non l’ho portato».
«E perché».
«Perché se accetterà la parte, sarà totalmente diverso».
«Senza il copione non sono interessato».
«Il suo personaggio è un illusionista».
«Un illusionista. Io sono un illusionista. Dilettante, ovviamente. Comunque non recito in opere prime».
«In che senso? Quarto potere era la sua opera prima».
«Diceva davvero “illusionista”?».
«Sì. Penso che la vorrei con un leggero accento ebraico.
So che a Londra lei pranza sempre in quel ristorante
ebraico. Si considera ebreo, dicono».
«Sono ebreo. Probabilmente il mio vero padre era il
dottor Bernstein». Dopo un momento di riflessione Welles
aggiunse: «Potrò mettermi il mantello».
«Certo».
«Va bene. Ci sto».
Consigli « Fa’ cinema per te stesso»; «Non scendere mai a compromessi, se non vorrai rimpiangerli fino alla fine dei tuoi giorni»; «Non dare a Hollywood il controllo dei tuoi strumenti, altrimenti prima o poi te li toglierà»; quando le maestranze si rifiutano di fare una scena «Digli che è una sequenza
onirica» (alcuni dei consigli di Welles a Jaglom).
Maestranze «Devi capire che queste persone sgobbano, per tirare avanti. Fanno una vita da cani. Una vita completamente strutturata. Lavorano tutto il giorno, cenano, mettono a letto i figli, vanno a dormire e alle cinque del mattino tornano sul set. Tutto obbedisce a una serie di regole, tranne i sogni. Perciò l’unico momento in cui sono veramente liberi è quando si addormentano e sognano. Se gli dici che è una sequenza onirica loro abbandonano le regole e tirano fuori la fantasia e la creatività; ti danno tutto quello che hanno dentro».
Bordello «Dio, di’ a Orson che è come aver passato tutta una notte in un bordello e poi uscirne esausto e trovarsi lì Marilyn Monroe a braccia aperte. Mi piacerebbe, ma proprio non ce la faccio» (con queste parole Warren Beatty rifiutò il ruolo in The Big Brass Ring).
Big The Big Brass Ring parlava di un anziano consigliere politico di Roosevelt: Kimball Minnaker, omosessuale e mentore di Blake Pellarin, giovane senatore del Texas di stampo kennediano con ambizioni presidenziali. Pellarin si candidava contro Ronald Reagan e ne usciva sconfitto. Welles lo descrisse come se parlasse di sé stesso: « Ha dentro di sé il demone dell’autodistruzione che dimora in ogni genio ... Come tutti i grandi, non è mai sicuro di aver scelto la strada giusta nella vita. Forse non gli va bene nemmeno la presidenza. “Dovrei diventare un monaco? Farmi le seghe al parco? Pensare a scopare e lasciar perdere tutto il resto?”».
Autodistruttivo «Io sarò anche autodistruttivo, ma mi aspetto che non siano i miei amici a distruggermi».
Reietto «Orson è una figura enigmatica per il grande pubblico È un rompicapo: come far convivere il ragazzo prodigio, il rivoluzionario regista teatrale, l’iconoclasta della radio, il celebrato artista shakespeariano, il cineasta d’avanguardia al quale quasi tutti riconoscono il merito di aver girato il più grande film di tutti i tempi... con il pagliaccio dei talk show, il melenso imbonitore di vini, il compiacente interprete di pasquinate di bassa lega, il reietto obeso e autodistruttivo, notorio per le sue opere incompiute e i progetti abortiti» (così Henry Jaglom a proposito del suo amico Orson).
Dieta Welles, solito stare a dieta. A cena con l’amico Jaglom prese insalata, pesce al limone e Perrier. «Ma a me fece ordinare di tutto: tre antipasti, sei dessert. “Assaggia e dimmi com’è” mi chiedeva. Non immaginavo che al ritorno in albergo avrebbe svegliato lo chef nel cuore della notte per farsi portare quattro bistecche, sette contorni di patate arrosto e un sacco di altra roba».
Maiale «Oddio! Arrosto di maiale con questo caldo? Non posso mangiare maiale, sono a dieta. Però lo ordino lo stesso, solo per sentire il profumo. “Se v’aggradasse cenar con noi” dice Bassanio a Shylock; e Shylock risponde: “Sì, per fiutare il porco; per mangiar la dimora in cui il Nazarita, vostro profeta, ficcò per magia il demonio! Con voi posso comprare, con voi vendere, parlare, passeggiare e via dicendo, ma non mangiare, bere, e nemmeno pregare”».
Ristoranti «Il Romanoff’s e Ciro’s erano i posti delle nostre tresche, e non ci sono più. All’uscita i fotografi ci beccavano sempre insieme all’altra. Adesso Romanoff’s è un parcheggio. Quando stava fallendo ci cantò Sinatra con un’orchestra di sedici violini, tre settimane di fila, gratis, per dargli una mano. Eravamo lì tutte le sere. Un posto incredibile. Anche Don The Beachcomber era favoloso per portarci le ragazze, perché era buio. Non ci si vedeva in faccia. Al Ma Maison non ci ho messo piede per un bel pezzo perché la storia del numero di telefono segreto mi irritava».
Nastri Welles sapeva che Jaglom aveva registrato per trent’anni il padre che narrava i suoi ricordi, così gli chiese di registrare anche le loro conversazioni, a patto di tenere il registratore nella borsa, nascosto ai suoi occhi. Jaglom iniziò a registrare i pranzi al Ma Maison nel 1983 e continuò fino alla morte di Welles. Ne vennero fuori quaranta nastri conservati in una scatola di scarpe.
Ma Maison A partire dal 1978 quasi tutte le settimane, e talvolta anche più spesso, Welles e Jaglom pranzarono insieme al Ma Maison, all’8360 di Melrose Avenue, West Hollywood. Il posto era così chic che non divulgava il numero di telefono.
Bavero Welles di solito si sedeva a destra dell’entrata, a uno dei pochi tavoli interni, su una sedia monumentale. Gore Vidal, altro suo commensale abituale, raccontò che si vestiva con delle tende riadattate, su cui attaccava il bavero, le tasche e i bottoni per dare l’illusione di un abito normale».
Ateo «Lusingato, ma mi vedo costretto a declinare. Sono ateo». Così Welles ad un arcivescovo greco ortodosso che voleva invitarlo alla messa che avrebbe celebrato il giorno seguente, offrendosi di dedicargliela, ma solo perché Kiki, la sua bizzosa barboncina non più grande di una scatola di Kleenex gli mozzicò il braccio.
Re «Devi essere il re della foresta. La gente vuole “Orson Welles”. Vuole lo spettacolo dell’orso ballerino ».
Sicuro «Di me sono sicuro, ma non lo sono di nessun altro».
Kiwi «Ho scoperto che è il frutto più buono dell’universo, anche se tutti gli chef francesi del mondo lo rovinano tagliandolo a fettine sottili. Se non lo mangi intero non senti che sapore ha. Allora è favoloso. E poi contiene più vitamine di qualsiasi altro».
Amore «Prima si innamorò di me; poi iniziò a odiarmi» (a proposito di John Houseman).
Macchina Welles che morì nel cuore della notte con la macchina da scrivere in grembo mentre stava lavorando a una sceneggiatura. Era il 10 ottobre 1985.
Ridere «Non voleva assolutamente che lo riprendessi quando rideva. “I grassoni” ripeteva “non devono
ridere. È bruttissimo da vedere”. Una volta lo ripresi, e lui diede lo stop al mio operatore, che smise di girare. “Cosa fai?” gli chiesi. “Orson Welles mi ha dato lo stop”. “Riparti subito”. L’operatore ricominciò a girare. Credendo che la cinepresa fosse spenta, Orson allungò una mano dietro di sé e, chissà come, prese un sigaro acceso. Aspirò e si mise a ridere: una risata stentorea, totale, meravigliosa. Sapevo che non avrei potuto inserire quel momento nel film, pena le sue ire. Quando morì, capii che il minimo che potessi fare era regalare al pubblico la sua ultima risata» (Jaglom durante le riprese di Qualcuno da amare, ultimo film con Welles).
Solo «A me piacerebbe morire da solo in una camera d’albergo – ti schianti e via, come si usava una volta»
Compatire «Oggi mi sono venuti tutti i dolori reumatici del mondo. Le ginocchia. Ma per farmi compatire meglio dico sempre che è la schiena».
Zoo Quella volta che dissi a Williams: “Non ce la faccio. Adesso non posso proprio pensare a una pièce”. Si chiamava Lo zoo di vetro. Fu un errore madornale.
Tamales Quella volta in cui Tennessee Williams ospite con Ken Tynan di Castro si annoiava un po’ ed, a un certo punto fece un cenno a Guevara e gli disse col suo accento del Sud: «Scusa, non è che faresti una corsa fuori a prendermi un paio di tamales [un fagottino ripieno, ndr]».
Hepburn «Stavo girando Quarto potere. L’avevo vicino, al trucco; si preparava per Febbre di vivere. E con dovizia di parolacce raccontava di come la sbatteva Howard Hughes. Ai tempi nessuno parlava così, tranne Carole Lombard: per lei era naturale, non sapeva esprimersi in nessun altro modo. Anche Grace Kelly ci dava dentro in camerino, quando nessuno guardava... ma poi non lo andava a dire».
Invisibile «Guardano solo te. Io sono invisibile » (un geloso Spencer Tracy a Orson Welles)
Antipatia fisica «Fra europei è normale. Se penso che una persona sia brutta, non mi è nemmeno simpatica. Sai, io non credo nell’uguaglianza tra le razze e tra i popoli. Sono profondamente convinto che sia una menzogna bella e buona. Secondo me, le differenze ci sono eccome. I sardi, per esempio, hanno le dita corte e tozze. I bosniaci sono senza collo».
Arroganza «Woody Allen mi ripugna, fisicamente; detesto gli uomini fatti in quel modo. Non sopporto nemmeno di parlarci. Ha la sindrome di Chaplin. Quella combinazione unica di arroganza e insicurezza che mi dà l’orticaria. Fa il timido, ma non lo è. Ha paura. Si odia e si ama: pensa la tensione. Son quelli come me che devono tirare avanti fingendosi modesti».
Scarpa «Sembra un salsiccione; una scarpa fatta di carne» (a proposito del collo di Marlon Brando).
Battute «Leo Slezak, il padre dell’attore Walter Slezak, disse la più grande battuta di tutti i tempi, a teatro. Era il massimo tenore wagneriano della sua epoca. Il re senza corona di Vienna. Cantava il Lohengrin. Se sei un wagneriano, sai che Lohengrin entra in scena su un cigno che galleggia sul fiume. Scende, canta, e alla fine dell’ultima aria deve ripartire a bordo del cigno. Non fosse che una sera il cigno se ne andò via da solo, prima che Slezak riuscisse a imbarcarsi. Al che lui non batté ciglio, si girò verso il pubblico e disse: “A che ora passa il prossimo cigno?”».
Razzista «Io sono razzista... Sai come si fa la frittata ungherese? Primo: rubi due uova. E questa me la raccontò Alexander Korda».
Neri «[Adolphe]Menjou era pazzo col botto; non ci si poteva parlare. Però Noël Coward lo sistemò per bene. Menjou dirigeva una troupe della USO,1 e Noël Coward l’equivalente della USO in Inghilterra; non so come si chiamasse, ma anche loro facevano spettacoli per le truppe. I due si conoscono a Casablanca. Un giorno stanno mangiando in sala mensa. Menjou spiega quant’è grave la situazione in Inghilterra con quei « soldati negri » che si scopano tutte le ragazze inglesi, e chissà che razza ne verrà mai fuori. “O sbaglio, Noël?”. «Be’, secondo me è meraviglioso” dice Noël. “Come?” fa Menjou. E Noël: “Almeno avremo una razza di inglesi con i denti sani”. No... con Menjou non si poteva proprio parlare. Era un invasato».
Duro «Adoro gli ungheresi. Tutti a letto, li porterei. Quasi mi diventa duro, quando sento un accento ungherese. Mi fanno impazzire».
Irlandesi «Tracy? Una carogna come tutti gli irlandesi. Loro odiano sé stessi. Ho vissuto anni in Irlanda. Alla maggioranza degli irlandesi intelligenti gli irlandesi non piacciono, e hanno ragione. […] Diventano una razza nuova e terribile che si chiama “irlandesi americani”. In Australia mi vanno bene; in Inghilterra mi vanno bene; nell’America latina mi vanno bene. A New York e a Boston diventano mostruosi. Kennedy padre era un vero irlandese americano. Questo, intendo».
Italiani «Chi resta qui in America abbastanza a lungo perde i pregi e i difetti della sua cultura d’origine. Quando gli italiani arriveranno alla prossima generazione dimenticheranno quel loro senso della famiglia. Non staranno più sempre insieme».
Ebrei «Gli ebrei fanno buona musica solo quando va a dirigerli Zubin Mehta: un indù».
Rubenstein/1 Welles che andò alla Albert Hall per sentire Rubenstein e non aveva il posto « quindi mi siedo dietro le quinte. Finisce. Applausi scroscianti. Viene ad asciugarsi il viso e mi fa: “Vedi, si sono spellati le mani proprio come giovedì scorso, quando ho suonato bene”».
Rubenstein/2 È stato il più grande mandrillo dell’Ottocento. Del Novecento. Il più grande incantatore, linguista, narratore, uomo di mondo. E non si esercitava mai. Diceva: « Sai, molti miei rivali sono più bravi di me, tecnicamente, perché io sono troppo pigro per fare esercizio. Proprio non mi piace. Horowitz sa fare di più. Lui si siede al piano e lavora. Io, invece, voglio godermi la vita. Sbaglio sempre
qualche nota. Ma con gli errori suono meglio».
Rubenstein/3 Rubentein che a novant’anni lasciò la moglie dopo quarantacinque anni di matrimonio, per scappare con una di trentuno.
Vergini Harrison Ford, uomo con una forte passione per la bottiglia, attore che sul set non beveva un goccio: «Solo l’ultimo giorno. Poi rimaneva sbronzo per settimane. Ma sbronzo forte. Beveva per divertimento, però. Insomma, non era un alcolizzato. Usciva con le maestranze. Irlandesi: bevevano e menavano. Cosa si va a fare al pub? A picchiarsi, no? Io sono sopravvissuto a tutte queste cose. In Irlanda finii in galera per condotta turbolenta. Era una cultura dove gli uomini si sposavano solo dopo i trentacinque anni perché sognavano sempre di emigrare, e non volevano avere il peso economico dei figli. Quindi c’erano in giro tante povere vergini che aspettavano di sposarsi. Intanto i maschi rispolveravano gli istinti belluini e scazzottavano».
Stupro «Quando sono stato sulle isole Aran le donne non mi facevano nemmeno prendere fiato. Avevo diciassette anni e c’erano queste meravigliose ragazzone con le sottogonne bianche che mi saltavano addosso. Via la sottogonna... Somigliava molto a uno stupro sul maschio. Con i mariti lontani sulle canoe rivestite di cuoio. Tutto il giorno, perché io non avevo niente da fare. Dopo le ragazze andavano a confessarsi. Il prete a un certo punto mi disse: “Stamattina ho ricevuto un’altra confessione. Quando parti?”. Voleva proteggere la virtù del suo gregge. In America, quando lo raccontai, i preti andarono in ebollizione; dicevano che non sarebbe mai potuto succedere».
Politica «Che gran persona, John Wayne. L’attore più educato che abbia conosciuto a Hollywood».
«Hai mai parlato di politica con lui?» chiede Lagrom
«E perché? Non sono mica come te, io. Ti pare che mi metto a raddrizzare le idee a John Wayne? Non ho mai avuto nessun problema con gli estremisti di destra. Li ho sempre trovati simpaticissimi sotto ogni aspetto, a parte la politica. Di solito sono meglio di quelli di sinistra».
Santi «La politica rovina, sempre. Rovina anche i santi. È un mondo corrotto in sé. Non soddisferai il tuo bisogno di perfezione spirituale in nessun movimento politico senza essere tradito e senza tradire gli altri».
Proibizionismo «La mia teoria è che tutto andò in malora con il proibizionismo, perché era una legge che nessuno poteva rispettare. In quel momento il concetto di sovranità della legge si guastò. Poi ci fu il Vietnam, e la marijuana, che chiaramente non dovrebbe essere illegale, ma lo è».
Buono «Una volta il cinema era davvero meglio. La cosa più bella era la quantità di film. Se eri Darryl Zanuck e ne producevi ottanta sotto la tua diretta supervisione, quanta attenzione potevi dare a ciascuno? Qualcuno riusciva per forza a infilarci dentro qualcosa di buono».
No Dialogo tra Richard Burton e Orson Welles al Ma Maison: «Orson, che piacere vederti. Quanto
tempo. Ti trovo bene. C’è Elizabeth con me. Vorrebbe tanto conoscerti. Posso portarla qui?».
«No. Come vedi sto mangiando».
Burton «Richard Burton aveva un grande talento: l’ha buttato alle ortiche. È diventato una barzelletta, l’appendice di una moglie diva. Adesso lavora solo per i soldi e fa della gran merda».
Orsy Louis B. Mayer gli propose più volte la sua casa di produzione: «Si era innamorato di me perché non volevo avere niente a che fare con lui. Mi ci portò due volte – e giù a farmi le moine, tutto il tempo. Orsy, mi chiamava. Mi convocava e scoppiava in lacrime; una volta svenne. Per arrivare allo scopo. Tutto finto, fintissimo. Il contratto diceva che per avere la casa di produzione dovevo smettere di recitare, dirigere e scrivere. Cioè di fare film».
Purple Gang Louis B. Mayer che si serviva della Purple Gang, una banda mafiosa di origine ebraica, quando aveva bisogno di soldi o quando aveva bisogno di usare le maniere forti: «Faceva picchiare la gente a sangue. Non escluderei che abbia fatto uccidere qualcuno. Amava considerarsi un padre fondatore e capo della mafia».
Mafiosi «Meyer Lansky era noiosissimo, magari fosse stato come Hyman Roth [la sua versione nel Padrino 2, ndr]! Avrebbero dovuto tutti esser così, ma nessuno lo era. Il padrino è l’esaltazione di una banda di straccioni che non è mai esistita. I migliori? Gente che al massimo potrebbe guidare un camion. Bifolchi. Il gangster di classe fu un’invenzione di Hollywood. Divenne l’ideale di tutti i gangster veri, che all’epoca di George Raft iniziarono a vestirsi come George Raft, tentarono di comportarsi come George Raft, e così via. [Avevano solo] Energie, fegato, fortuna, e nessun problema ad ammazzare gli amici in nome del business. Il codice d’onore e tante boiate... tutta roba inventata di sana pianta».
Poliziotti «A Broadway c’era un famoso poliziotto: Brannigan. Credo sia il nome giusto, perché in seguito Damon Runyon lo cambiò leggermente per un personaggio di Bulli e pupe. Brannigan setacciava la Broadway ogni due o tre settimane portandosi una mazza da baseball. Gli andai dietro un paio di volte, per vedere cosa succedeva. Stavo a distanza, ovviamente, non al suo fianco. Entrava da Lindy’s – “Mindy’s” per Damon Runyon – e locali del genere, la sera tardi. Se adocchiava qualcuno, uno a caso, lo portava fuori in strada e lo bastonava. Significato: lascia la città. Non startene da queste parti: sciupi il panorama. Una volta lo vidi ficcare Charlie Luciano di testa dentro un bidone dell’immondizia, davanti a Reuben’s, alle cinque e mezzo del mattino».
Luciano «Nessuno l’ha mai chiamato Lucky, a parte la stampa».
Warner «A pranzo, in mensa, si poteva giocare a scambiare i registi fra i set, tanto il giorno dopo, guardando i giornalieri, non si capiva la differenza. Il grande cinema lo faceva la Warner. Era un ambiente duro. Jack Warner era un sadico e un assassino, ma tirava fuori film magnifici da tutti i suoi, si sa».
Produttore Thalberg fu il più grande malfattore della storia di Hollywood. «Prima di lui, il produttore interveniva il minimo: solo se necessario. Non dirigeva, non recitava, non scriveva – quindi, poteva solo a) sbagliare i conti... ma non capitava spesso; oppure b) coccolare il film, dargli sostegno. Il produttore andava sul set solo per controllare scenari. Finché Mayer non aprì la strada al sistema attuale. Creò il personaggio di quello che decide, e decide al posto del regista: non era mai esistito prima».
Regia «Una volta nella musica sinfonica non esisteva il direttore d’orchestra. Il tempo lo dava il Konzertmeister : il primo violino. Il mestiere del direttore d’orchestra fu inventato dal nulla. Come quello del regista teatrale: è un ruolo che ha solo centocinquanta, duecento anni. Prima, a teatro nessuno faceva la regia. Il direttore di scena diceva: “Cammina a sinistra lungo quella linea”. La regia teatrale fu inventata da quello là... il tedesco... il Sassonia-Meiningen».
Verdi «Da giovane Verdi fece dei lavori magnifici. Molto presto. Fu acclamatissimo. Gli anni della maturità li passò a supervisionare le messe in scena e a orchestrare i lavori precedenti. Banalità. Poi, da vecchio, un giorno qualcuno andò a dirgli: «È morto Wagner ». E lui si riaccese. Compose i suoi capolavori negli anni successivi, dopo decenni di vuoto».
Rompicoglioni «Che rompicoglioni, Selznick. Era un essere mostruoso; il peggio del peggio. Era volgare. Una forza della natura... intelligentissimo. Ma di gusti atroci. Si considerava appena un gradino al di sotto di Gesù Cristo. Anche lui con la stessa missione di Thalberg: cancellare la cifra del regista. Voleva addirittura eclissare il suo predecessore! Ed era senza scrupoli. Voleva diventare il più grande produttore del mondo, con ogni mezzo. Incredibile. […] La domenica sera andavamo da lui. C’era tutta Hollywood, e si giocava alle sciarade. Ma Selznick giocava per vincere. Ogni volta. Se la nostra squadra perdeva, inseguiva le nostre macchine sul vialetto e ci gridava dietro di tutto. Sentivamo l’eco della sua voce per i canyon. Valeva la pena di andarci solo per vederlo sclerare. Era uno spettacolo esilarante. La settimana dopo ci invitava di nuovo: “Stavolta vinciamo, è chiaro?”».
Vigliacco «Bogart, che era un vigliacco e non sapeva affatto picchiare, cercava di continuo rogne nei night club, sapendo che i camerieri l’avrebbero fermato. Si ubriacava e faceva lo spavaldo, sapendo di essere ben protetto».
Sir «Nella mia vita ho visto un solo grande picchiatore. Un pomeriggio ero seduto all’Harry’s Bar di Venezia. C’erano quattro soldati americani con il loro sergente. Arrivò un altro soldato; disse qualcosa, il sergente si voltò e lo stese, con la precisione di un film di John Ford; poi lo portarono via. Dopodiché un altro soldato aprì bocca, e il sergente stese anche lui. Ora, sai bene che una cosa del genere è impossibile. Però lui ci riuscì, proprio davanti a me, e ogni volta si girò a dirmi: “Chiedo scusa, Sir”».
Aereo Carole Lombard uccisa in un incidente aereo «Fu abbattuto dai nazisti perché era carico di famosi fisici americani. Lei era tra i pochi civili a bordo. Lo ridussero a un colabrodo. Secondo la versione ufficiale si schiantarono contro una montagna. A quei tempi non si poteva volare ad alta quota, si superavano appena le montagne. I criminali conoscevano la rotta esatta ed erano posizionati su una cresta, la più difficile da passare. Per abbattere un aereo basta una persona, e visto che erano in cinque o sei non potevano mancarlo. Ora, non ti posso assicurare che sia vero. Quelli che me l’hanno detto giurano che lo sia, e sono persone fidate».
Attori «Io e lei siamo i due più grandi attori d’America» (Franklin Delano Rossevelt)
Rossevelt Welles, solito frequentare F. D. Rossevelt: «Poi Missy [LeHand, la segretaria particolare del presidente, ndr] si intrometteva. Non voleva che lo andassi a trovare alla Casa Bianca. Perché lo facevo stare alzato fino a tardi. Gli piaceva chiacchierare. Con me si sentiva libero. Non c’era bisogno di manipolarmi e lui non aveva bisogno del mio voto. Lo rilassavo; gli piaceva stare con me».
Fuoriclasse «La Haywoth Era una fuoriclasse! E pensa che era convinta del contrario. Nessuno, a Hollywood, glielo voleva riconoscere».
Hayworth Un matrimonio d’amore e di tradimenti con Rita Hayworth. Dopo la Signora di Shanghai «stavo per girare un bel B-movie con una ragazza che avevo portato da Parigi – roba di una ventina di giorni. Senza finanziamenti. Rita venne a piangere da me perché voleva farlo lei. Naturalmente la accontentai, e da un giorno all’altro mi ritrovai invischiato con la colonna degli studios, la donna da cui ero separato da un anno. Mi toccò rimpiombare nel matrimonio e nel lavoro. Quindi tornammo insieme. […] Certo che l’amavo, e molto. Ma ormai non sessualmente. Dovevo metterci tutto l’impegno per scoparla. Era diventata... era diventata un’icona del desiderio, e voleva soltanto essere una casalinga. Per Marlene era la perfetta Hausfrau. Sai cosa diceva sempre Rita? “Vanno a letto con Rita Hayworth e si svegliano con Margarita Carmen Cansino ». Ed era stata così dolce con me... un tesoro. Quando per poco non morivo di epatite mi rimase accanto cinque mesi senza mai fare altro che accudirmi, finché guarii. […] Più tardi ero a Roma, a lavorare all’Otello. Mi fece chiamare. “Vieni da me stasera”. Ad Antibes. Non mi spiegò il motivo, e io pensai che le fosse successo qualcosa di terribile. Siccome non trovai posto sull’aereo di linea viaggiai su un cargo, in piedi, in mezzo ai pacchi. Arrivai all’hotel, hai presente? Quell’ hotel. Andai su nell’unica grande suite. Quella suite. Lei venne ad aprire la porta in négligé, con i capelli sciolti, fantastica. C’erano fiori dappertutto. Le finestre davano sulla terrazza davanti al Mediterraneo. E il profumo: quel profumo. Irresistibile. Mi guardò con gli occhi pieni di lacrime e disse: “Avevi ragione tu; siamo fatti l’uno per l’altra; ho sbagliato”. Ma ormai ero pazzo di un cessetto di italiana che mi tirava scemo, e dovevo tornare da lei a tutti i costi. […]Cinque giorni più tardi Rita sposò Ali Khan. Moriva dalla voglia di lasciare il cinema. Ecco perché si gettò nelle sue braccia»
Donne «Le donne sono un’altra razza. Cambiano sempre, come la luna. Puoi uscirne vincitore solo se sei il placido centro del loro essere. Devi rappresentare solidità e affetto. Devi essere un’ancora. Anche se non lo sei. Non puoi dire la verità. Devi mentire e fingere. In tutta la mia vita non sono mai stato assieme a una donna con cui non dovessi fingere. Non potevo mai essere esattamente me stesso».
Colpa «Il senso di colpa è un’invenzione puramente maschile. Nessuna femmina ce l’ha. Per questo la Bibbia è così azzeccata!».
Confessionale «Il confessionale è un po’ come lo strizzacervelli, ma è più rapido ed economico. Tre Ave Maria e sei a posto. Io, però, non sono mai stato una di quelle persone religiose che pensano di cavarsela con tre Ave Maria».
Sterile «Non c’è niente di più sterile di una lunga conversazione fra due persone che sono fondamentalmente d’accordo. Se non lo fossimo, almeno concluderemmo qualcosa».
Sega Durante la guerra si esibiva per le truppe con Marlene Dietrich: «”Potremmo farti cantare una canzone” le dissi. E lei: “Oh, voglio suonare la sega musicale”. “Cos’è che suoni, Marlene?”. “La sega musicale”.
“Be’, perfetto”».
Tifo Marlene così ingrassata che non volle più farsi vedere da nessuno. Nemmeno dagli amici
intimi. «Dà appuntamento e poi si nega. Sono andato a Parigi sei volte per vederla, e alla fine le ho parlato da una cabina telefonica. Mi ha sempre detto che non stava bene. Una volta ha detto che aveva il tifo!».
Rulli Welles solito annoiarsi al cinema, era capace di vedere cinque film in un pomeriggio: «Due rulli per film. “Quindi è fondamentale che il regista ti appassioni nel primo rullo. Nei primi dieci, venti minuti” gli chiede Lagrom. “Altrimenti sono già in piedi”».
Cinema «Il cinema non mi interessa granché. Continuo a ripeterlo e nessuno mi crede. Ma è vero, non mi interessa! Mi interessa farlo, invece. Vedi, è una cosa terribilmente arrogante da dire, ma non mi interessano gli altri registi – o il mezzo in sé. Per me è il mezzo artistico meno interessante di tutti. A parte il balletto. A me piace solo fare film. Questa è la verità!»
Lazar Swifty Lazar [agente delle , ndr] che soffriva di una fobia per i germi si faceva portare pila di asciugamani per poi stenderli per terra per spostarsi dal bagno al letto per non dover mettere piede sulla moquette del Ritz. «“E se vuole andare all’armadio?” chiede Langron. “Mette giù un’altra fila. L’ho visto io. Con i miei occhi”».
Zanuck Darryl Zanuck che rovinò la sua carriera per amore di Juliette Gréco: «Ci feci due film, con la Gréco. Zanuck lasciò tutto per lei: il potere, sua moglie... tutto. Per farle da cavalier servente. Quando giravamo le portava a spasso il cagnolino lì intorno. Te lo giuro, era indecente. Un produttore non dovrebbe mai innamorarsi della sua prima attrice. O almeno, non dovrebbe farlo trapelare».
Marilyn Una breve storia d’amore con la Monroe «Marilyn era la mia ragazza, allora. La portavo alle feste prima che diventasse una star. Volevo promuovere la sua carriera. Nessuno la degnava di uno sguardo. C’erano in giro ragazze magnifiche, elegantissime; spendevano una fortuna tra vestiti e salone di bellezza. E tutti: “Tesoro, sei uno schianto!”. Dopodiché le ignoravano. Gli uomini, intendo. Facevano capannello e raccontavano barzellette o discutevano d’affari. Parlavano delle ragazze solo per dire che se n’erano fatta una la sera prima. Così indicavo Marilyn a Darryl: WGuarda che fenomeno!”. E lui: “Non è niente di che. Ne abbiamo a carrettate. Smettila di rifilarmi queste troiette. A quella diamo già centoventicinque dollari la settimana”. Be’, sei mesi dopo Darryl gliene dava quattrocentomila, e gli uomini la guardavano eccome – le avevano messo l’etichetta».
Rin Tin Tin «Tutti pensavano che Darryl fosse ebreo, perché Zanuck sembra un cognome straniero. Ma era cristiano. L’unico produttore cristiano. Zanuck è ceco. Un ceco del Nebraska. Aveva iniziato pubblicando a sue spese un romanzo e piazzandolo sulla scrivania dei vari produttori. A diciannove anni divenne il cocco di tutti scrivendo le storie di Rin Tin Tin, che come si sa fecero una fortuna».
Ebreo «Fritz Lang, hai presente? Di madre ebrea, mi raccontò che Goebbels voleva metterlo a capo dell’industria cinematografica nazista e gli aveva proposto di nominarlo ariano ad honorem. In tutto, gli ariani ad honorem si potevano contare sulle dita di una mano. “Ma io sono ebreo” disse Lang. Al che Goebbels gli fece: « Decido io chi è ebreo e chi no!”. Lì Lang capì che era ora di andarsene
dalla Germania».
Oriente A proposito di Marlon Brando in Sayonara: «Se ti trovi impelagato in un film così, non sai dove sbattere la testa. Eppure lui ci prese un Oscar. Capisci a che punto eravamo. Quel film era atroce, in tutto e per tutto. Sembrava un musical senza canzoni. L’Oriente è la tomba dei registi americani. L’unico film veramente brutto di Frank Capra è Orizzonte perduto. È terribile... terribile. Assurdo! Mi sbellicavo dalle risate! Vengono tenuti a Shangri-La, in quella specie di country club orientale. Però io ero un grande fan di Capra».
Merde Sul suo amico Peter Bogdanovich: «Quando morì il vaudeville, tutti i grandi artisti – comici, cantanti – si ritrovarono senza lavoro. Non riuscirono a passare alla radio o al cinema. Si stringevano attorno a dei barili, in Times Square, accendevano il fuoco e mangiavano patate arrosto infilzate sugli stecchini. Poi arrivò la TV, e i produttori li andarono a cercare per metterli nei varietà. Uno di loro era la più grande star del vaudeville. Negli anni d’oro aveva trattato tutti come merde. Così, quando arrivarono i tempi duri gli altri non divisero il fuoco con lui, e il cibo nemmeno. Finché pian piano avevano iniziato ad averne pietà. Erano passati gli anni. Tutti l’avevano perdonato. L’Ed Sullivan Show volle fare uno spettacolo con il meglio del vaudeville al Palace Theater. Questo tizio ebbe un numero coi fiocchi. Agli amici che non erano stati scelti disse: “Gente, sono solo stato fortunato. Non vi dimenticherò mai. Non potete immaginare che cosa significate per me; mi avete salvato la vita; ecco qui dei biglietti di prima fila; dopo lo spettacolo venite in camerino, andiamo a bere qualcosa insieme, a festeggiare. Ho imparato la lezione”. Lo show andò in onda, lui fece faville e gli si aprì un grande futuro in TV. Tutti gli amici andarono a bussare al suo camerino. Lui uscì in vestaglia di velluto e fece: “Non so come, ma mi sembrate di nuovo tutti delle merde ». E gli sbatté la porta in faccia. Ecco: Peter».
Dio Una volta feci perdere le staffe al direttore di una radio. Mi scrisse un telegramma: “La prossima volta che vorrò Dio, telefonerò in Paradiso!”».
Renoir «Faceva dei gran brutti film».
La grande illusione «Forse uno dei tre o quattro migliori film di tutti i tempi. Piango ogni volta che lo vedo. Quando si alzano e cantano la Marsigliese».
Papiro Sartre che scrisse un papiro di quarantamila parole per demolire Quarto Potere.
Spari Quella volta che Indio Fernández invitò i critici a vedere la copia lavoro di un suo film per sapere in anteprima cosa ne pensavano. Piacque a tutti tranne. Questo si alzò in piedi e disse: «Non vale nulla». Allora Indio Fernández tirò fuori una pistola e gli sparò.
Biografi «Non esistono biografi buoni. Mi rallegro di non sapere nulla di Shakespeare come uomo. Penso che le sue opere contengano già tutto».
Obeso Di Shakespeare sappiamo solo che era in carne, quasi obeso – per via di quella battuta in Amleto, quando la regina dice: «Il nostro Amleto è grasso e di fiato corto» – e che eramolto bravo a curare le sue
finanze. Morì ricchissimo grazie ai suoi investimenti immobiliari. «Quel figlio di puttana sapeva fare tutto! Alla fine ebbe anche quello che suo padre aveva sempre voluto:un titolo. Suo padre era macellaio. E sindaco di Stratford».
Omosessuale Maurice Bessy di Welles scrisse che era un omosessuale latente e impotente: «Sai cosa dev’essere successo? Che quando facevo Otello rimasi sei settimane a Parigi per provare con Micheál Mac Liammóir, e spesso Bessy veniva a mangiare con noi. Ora, quando sono con un omosessuale, mi atteggio un po’ a omosessuale anch’io. Per farli sentire ben accetti, no? Diventavo un po’ frufrù, per dire... solo per mettere Micheál a suo agio. Perché non avesse l’impressione di essere con un eterosessuale incallito. Forse Bessy notò questo».
Omosessuali Nei teatri di Londra «ci si doveva fingere omosessuali, per fare carriera. O essere froci, o fare finta. Larry [Laurence Olivier, ndr] se la cavava più o meno. Così».
Falsi Quella volta che il grande André Malraux si avvicinò con la faccia rigata di lacrime a uno dei cinque Modigliani del museo di Tokyo e disse: « Finalmente mi si è svelata la vera essenza di Modigliani ». Erano cinque falsi dipinti da De Hory.
Padre Welles che credeva che suo padre fosse il cantante lirico Fëdor Šaljapin: «Ebbe una relazione con mia madre proprio nel periodo giusto».
Bugie «Per fidarsi di me bisogna chiedermi di ripeterlo. Non mento mai due volte sulla stessa cosa»
Tolstoj «L’arte deve essere positiva rispetto alla vita. Rifiuto tutto ciò che è negativo. Vedi, Dostoevskij non mi piace. Tolstoj è il mio scrittore. Gogol’ è il mio scrittore. Non sono un tipo da Joyce, però capisco che sia uno dei grandi autori del secolo».
Gesti Welles convinto che il saluto fascista lo inventò Cecil B. De-Mille, e Mussolini lo prese da lì e che Napoleone teneva la mano sotto il panciotto perché glielo consigliò un grande attore. «Sei un italiano. Bassino, per di più. Hai un’aria ridicola. Quando parli, gesticoli. Tienila sotto il panciotto, quella mano».
Campanile/1 La storia di Francesco Giuseppe che attraversa in carrozza un paesello di provincia, tutto impiumato, eccetera. Il sindaco gli sta accanto, tremebondo. «Vostra altezza imperiale» gli fa «devo offrirvi le mie scuse più profonde per il fatto che le campane non stanno suonando. Le ragioni sono tre. Primo: il campanile è vuoto... ». Al che Francesco Giuseppe lo interrompe: «Vi prego: risparmiatemi le altre due ragioni».
Campanile/2 Sul set, a che gli chiede scusa è solito rispondere: «Il campanile è vuoto». E tutti ammutoliscono.
Attori «Polanski? È un pessimo attore»; «John Huston? Sa girare un film senza dirigerlo. Sta lì seduto e lascia fare al coreografo, o a chi per lui. Gioca a poker tutta la notte, e quando gira, è lì che si riposa»; «Bogart? Era di seconda categoria. Davvero di seconda. Aveva una personalità affascinante che catturava le fantasie del mondo intero, ma non fece una buona interpretazione in tutta la sua vita».
Culo «Sali pure sui trampoli, dovrai sempre camminare con le tue gambe. E anche sul più alto trono del mondo sarai sempre seduto sul tuo culo» (Montaigne).
Montaigne «Era un uomo fantastico; fantastico».
Scoreggie La favola di Husayn dalle Mille e una notte raccontata con le parole di Welles: «Un giovane va al più importante ricevimento di nozze del villaggio. Tutti gli invitati pensano a comportarsi come si conviene. Proprio quando il mullah sta per pronunciare la benedizione e c’è un grande silenzio, al giovane scappa la scoreggia più reboante mai udita. Tale è la vergogna che si volta e fugge via. Ruba un cammello e corre al galoppo lontano dal villaggio, lontano dal regno, fino all’angolo più remoto del mondo. Passano gli anni, e laggiù diventa un uomo ricchissimo. Alla fine, da vecchio, torna a casa con una magnifica carovana. Quando arriva alle porte del villaggio, due donne stanno lavorando nei campi. Alzano la testa e dicono: «“Guarda! C’è quello che ha scoreggiato alle nozze”».
Talk Show Stava sempre da Johnny Carson e quando le riviste lo cercavano per un’intervista rispondeva: «Se volete sapere qualcosa di me, guardate in tv». Ma «adesso [che i Talk Show sono scaduti, ndr] dovrò cominciare a essere gentile con queste merde dietro la macchina da scrivere».
Chaplin/1 «L’uomo più taccagno di tutti i tempi». Pagò solo millecinquecento dollari per la sceneggiatura di Verdoux: «Fu una gran brutta storia, e lo disprezzo, perché ci avevo lavorato come un mulo. Gli avevo offerto una cosa perché gli volevo bene. E non era un’idea, ma proprio una sceneggiatura».
Infingardo Quella volta che su un set Mal St Clair diede dell’infingardo a Chaplin. Ora «tutti i giorni dopo pranzo Charlie andava al bagno. Il suo bagno privato. Ci teneva il suo dizionario e ne leggeva una pagina al giorno, per allenare la mente. Quel giorno cercò la lettera I e s’accorse che era cerchiata. Vicino, Mal aveva scritto: “Lo sapevo che l’avresti cercata”. Charlie non aveva studiato e si vergognava di come si esprimeva per questo lo cacciò del set».
Chaplin «Nel circo classico c’è il Bianco, con la faccia bianca, il cappello bianco, i calzoni al ginocchio e le calze di seta. Ha delle belle gambe ed è molto elegante. Ogni suo movimento è perfetto. L’altro, che lo affianca, è l’Augusto, con le braghe larghe e i piedi lunghi. Il segreto di Chaplin è avere unito questi due clown classici in uno nuovo. Questa è la mia teoria».
Attrici La Garbo che trattò malissimo Marlene, la Valli fatta a pezzi da Selznick, quando cercò di farla diventare una star credendo di avere per le mani un’altra Bergman…
Cannes «Quando fui candidato come miglior attore protagonista per Il terzo uomo ero in Italia, a poche ore da Cannes. Alex mi chiamò e disse: “Se vieni a Cannes, vinci». Funziona così. “Se resto qui non vinco?”. E lui: “Se non vieni dovranno premiare Eddie Robinson, che è qui da due settimane”. Non gli credetti. Poi chiesi a [Robert] Favre Le Bret, il presidente della giuria, che mi rispose: “Sì; se verrà, vincerà. Altrimenti...”. Perciò dissi: “Datelo a lui” e non ci andai. E infatti vinse Eddie Robinson».
Delinquenti «Jacob fa parte della banda armata. Cannes è il regno
dei delinquenti» (a proposito di Gilles Jacob allora presidente del Festival di Cannes).
Presidenti Alle primarie del 1984 voleva votate John Glenn («penso di dover votare qualcuno che possa vincere»), strenuo difensore di Lyndon Johnson («Non gli vengono mai riconosciute le cose che fece in politica interna, solo perché era maleducato»), nostalgico di Roosevelt («aveva fatto cento errori ma non fingeva mai di non averli fatti»); Detestava Kissinger anche più di Nixon («È una merda egoista e opportunista»); « Eisenhower? Balbettava, non sapendo bene come fare il politico»; «Bush è proprio un verme»; «Reagan? Potrebbe promettere e mandare in fumo qualsiasi cosa, tanto il pubblico lo adora lo stesso. Chiunque riesca a uscire dal Libano con duecentottanta americani uccisi per niente senza che la sua popolarità ne risenta è un fenomeno».
Lettiera Quel giorno in cui Charles Laughton disteso come madame Récamie su «una lettiera» [un divano, ndr] declamò il discorso di Gettysburg: «Or sono sedici lussstri... Or sono sedici lussstri e sette anni che i nostri avi costruirono su questo continente una nuova nazione basata sul principio che tutti gli uomini sono creati uguali... ». Fu un trionfo.
Divo «È inutile chiedersi se sa recitare, perché il divo appartiene a un mondo diverso dove i soliti criteri non valgono più».
Papa «Come si chiama quel polacco con una villa da venticinque milioni di dollari? Papa» (Freddura di Patrick Terrail)
Mitterrand Pare che Mitterrand avesse sette o otto videocassette che metteva su la sera; sempre quelle. Cinque o sei trattavano argomenti intellettuali complicatissimi. Poi c’erano tre film, due di questi erano Quarto potere e L’infernale Quinlan.
Monarchia «Il presidente della Francia è più come un re. De Gaulle fondò una monarchia dentro una repubblica, perché è il presidente che decide. Quando tutti hanno detto: “Una piramide in mezzo al Louvre? Non ci piace”, lui ha detto: “Piace a me”. Fine delle discussioni. Così mettono la piramide in mezzo al Louvre».
Centri commerciali «Presto non rimarrà più niente della vera Parigi. O della vera Londra, o della vera Roma. Perché pochi monumenti intoccabili non bastano a conservare una città... Per me tutte le metropoli del mondo sono in declino. L’idea di sostenerle non fa più parte della cultura mondiale. Ci stiamo spostando tutti nei centri commerciali...»
Cinq à sept «Il traffico ha rovinato la vita sessuale dei francesi. Prendi il famoso cinq à sept. Hai presente? L’uomo d’affari smetteva di lavorare alle cinque e prima di tornare a casa da sua moglie aveva il cinq à sept, cioè andava a trovare l’amante. Ora non puoi più fare una cosa del genere ed essere a casa per le sette. Non ti puoi muovere, in città».
Cialtroni «Gli architetti di oggi, per me, sono dei cialtroni. Ne sono convinto».
Piantagrane «C’era un ventiquattrenne di nome Orson Welles. Non so nulla di lui. Conosco i suoi ricordi – quelli sopravvissuti –, ma lui non lo conosco affatto. Forse era un terribile piantagrane. So cosa vi diranno di lui gli altri protagonisti di questa storia, o immagino di saperlo, ma io vi mostrerò ciò che credo sia accaduto. I fatti» (Così Welles voleva iniziare il film Cadle with rock di cui era protagonista).
Strumenti «L’edizione la tortura del mestiere di regista, con tutta la vita passata in una stanza buia, non a creare, ma ad aspettare che qualcuno faccia qualcosa. Aspetti che altri facciano cose stupide. E più sono stupide, più richiedono tempo. La nuova moviola [quella orizzontale, ndr] che ho visto adesso è il più grande progresso da non so quando. Puoi farci tre mesi di lavoro in dieci giorni. È lo strumento che aspetta me».
Aids Terrorizzato dall’Aids non baciava ne abbracciava più nessuno, nemmeno Henry Langrom: «Non sono arrivato alla mia età per farmi accoppare da una peste dei gay. Potremmo essere portatori. Non si può mai sapere. […] Ho la fissazione di salvarmi la pelle. Kiki [il cane di Welles, ndr] l’hai toccata?».
«Sì, l’ho accarezzata»
«Chissà se i cani lo possono prendere».
«Se così fosse sarebbero decimati. Tutti i gay hanno il cane».
Epatite «Ho deciso che non prenderò mai più insalate nei ristoranti. Perché ho visto come fanno, in cucina, e ho saputo che l’epatite si prende proprio così. È la malattia delle mani sporche».
Malattie «Due o tre volte ho creduto di avere una malattia mortale, e ho provato un certo sollievo. Non sarei più stato obbligato a occuparmi degli altri».
«Se non si crede in Dio si crederà a tutto» (aforisma di Chesterson)
Chiromanzia «Il posto con la più grande quantità di gente che crede a queste cose è l’Unione Sovietica, dove in teoria regna il materialismo dialettico. La mummia di Lenin al Cremlino non placa il bisogno di credere. Forse verrà il momento in cui riusciremo a vivere facendo a meno del mistero, ma allora dovremo chiederci se saremo ancora capaci di poesia. È difficile da immaginare – un mondo o un’arte senza nessun tipo di inganno».
Fondi Era incapace di trovare fondi per un film con la sua regia. Tra i suoi progetti incompiuti: Don Chiscotte; I sognatori e Re Lear.
Vendere «Sono un ipocrita, io. Un venduto». Quando doveva imbonirsi Gilles Jacobs, ormai presidente del Festival di Cannes. «Non so vendere nulla» quando tentava di Non so vendere nulla.
Neri Quella volta che Hedda Hopper gli disse: «“So che sei uno sporco comunista. Ma sei stato buono con me e mio figlio, quindi... Comunque devi piantarla di scopare Lena Horne”. “Non prendo istruzioni su queste cose” le rispondevo, e lei: “Invece devi, se tieni alla tua carriera, e al tuo paese!”. Tutti quelli che sapevano della nostra storia se ne infischiavano che Lena fosse nera. Hedda no. Ma cosa poteva fare? Scriverlo sul giornale? Non me ne importava un fico. Quindi la mandai affanculo. Se la rideva, quando la insultavo. Il mondo dello spettacolo funziona così».
Abbronzare «Questa è una ragazza che fa abbronzare le prime dieci file!» (Duke Ellington a Orson Welles a proposito di Lena Horne).
Louella «Sai come Jack Barrymore chiamava Louella Parsons, che era orrenda? Diceva: « Louella...
sembra la mammella di una mucca».
Potere Durante la guerra la Hopper la Parson decidevano il bello e il cattivo tempo: «Non sai che potere avevano quelle due streghe da queste parti! La gente apriva il giornale, mollava lì Hitler e tutto il resto e passava direttamente a Louella e Hedda».
G.O. Welles Dopo Quarto potere il suo nome fu bandito dai giornali di Hearst, così Walter Winchel che scriveva sul Daily Mirror prese a citarlo come G.O. Welles (George Orson Welles) e nessuno ci fece mai caso: «Mi menzionava quasi ogni giorno, apposta, solo per il gusto di farlo. Gli pareva una trovata geniale».
Rumeni Come disse Alfonso XIII, «essere rumeni non è una razza, è un mestiere».
Arte «Fondamentalmente credo che se un film non è un successo dal punto di vista commerciale vuol dire che ha qualcosa che non va. Il film è una forma d’arte popolare. Deve avere almeno il successo dei film europei e del primo Woody Allen».
Bassi Jaglom e Welles discutono sulle persone basse. [Inizia Jaglom] «Io non ho nulla contro le persone basse».
«Nemmeno io. So solo che cos’hanno loro contro di me. Un dittatore alto non è mai esistito. Mai».
«O dio santo».
«Fammi un nome. Sono tutti al di sotto del normale».
«Mussolini era basso?»
«Bassissimo».
«Franco?».
«Basso. Hitler era basso. Anche quelli che magari ti potrebbero piacere un po’ di più, come Tito: un piccoletto. Stalin: un piccoletto».
«Una nuova teoria della storia».
Collo «Una volta ero un metro e novantuno, ma adesso sono sull’uno e ottantotto. Uno e ottantasette, forse. Continuo a perdere collo».
Soldi «Mia moglie e le sue attività mi costano seimila dollari al mese, e poi c’è tutto il resto. Ho una figlia – una delle mie figlie – che ha continuamente bisogno di aiuto, e ho oneri di ogni genere. Ho bisogno di soldi. Ma di quelli per andare a fare la spesa!»
Soli «Soltanto con l’amore e l’amicizia si crea l’illusione di non essere completamente soli» dice Welles in Qualcuno da amare, e questa è la sua ultima apparizione cinematografica.