Luigi Ferrarella, Corriere della Sera 18/4/2015, 18 aprile 2015
LA LINEA GIURIDICA DEL RELATORE FRANCO E I DUE VERDETTI SULLA FRODE FISCALE
A ppena una, una sola fattura falsa: «Innanzitutto deve rilevarsi che dalle sentenze di merito» di Trento «non si riesce a comprendere bene come si sarebbero svolti i fatti relativi alla fattura n. 5018 del 30 novembre 2002 emessa dalla srl e ritenuta inesistente». E, in più, una carenza di istruttoria: a Trento i giudici avrebbero infatti anche «omesso completamente di esaminare il contenuto della dichiarazione annuale dei redditi, peraltro nemmeno acquisita al processo». Se si legge il testo della sentenza di Cassazione di cui Libero ha dato notizia senza estremi (52752/2014) e nome del relatore (Amedeo Franco), non pare ci sia sovrapposizione di casistica tra l’annullamento in Cassazione nel 2014 di questa condanna trentina per frode fiscale e invece la conferma nel 2013 della condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale Mediaset: dove si discuteva non di una sola fattura ma di anni di fatture incriminate per decine di milioni, nell’affermare o escludere la paternità in capo a Berlusconi del sistema fraudolento rifluito nelle dichiarazioni dei redditi pur non materialmente firmate da lui. È invece vero, ma non stupisce, che il relatore Franco ritenga «in contrasto con la costante interpretazione della Cassazione» la scelta della Corte d’appello di Trento che nel 2012 adottò «una interpretazione analoga a quella poi seguita» nel 2013 «dalla sentenza Agrama» (Mediaset). Infatti già prima del processo Mediaset era stato rilevato come Franco — relatore fra i 5 giudici cofirmatari delle motivazioni della condanna di Berlusconi — notoriamente sposasse la consumazione della frode al momento della presentazione della dichiarazione fiscale con l’annotazione degli elementi contabili fittizi, ed escludesse qualunque rilevanza penale di tutti i comportamenti prodromici tenuti dall’imputato non firmatario della dichiarazione. Il Massimario della Cassazione, cioè l’ufficio studi, classifica le sentenze in tre modi: o «conformi» alla linea maggioritaria, o «difformi», oppure «vedi» per segnalare che trattano un certo tema ma non si prestano a poter essere incasellate tra le «conformi» o le «difformi». E la sentenza Mediaset, per l’appunto, è massimata non come «difforme», ma come «vedi».