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 2015  aprile 18 Sabato calendario

IL PRESIDE GHOSTBUSTER CHE ACCHIAPPA I TELEFONINI IN CLASSE “I GENITORI RINGRAZIANO”

TERMENO (BOLZANO).
Rischia di diventare il preside più amato d’Italia. Almeno dai genitori. «Alcune mamme sono venute da me — racconta Stefan Keim, 43 anni, preside dell’istituto comprensivo di Termeno — per dirmi grazie. “Lei è riuscito a convincere i nostri figli a stare disconnessi per una intera mattinata. Ha fatto capire ai nostri adolescenti che non è necessario navigare 24 ore su 24, che oltre WhatsApp, Instagram e Facebook c’è una vita vera».
Stefan Keim, preside da due anni (dopo avere insegnato filosofia e psicologia alle superiori) riceve applausi perché, semplicemente, è diventato un ghostbuster che invece dei fantasmi acchiappa i telefonini. «Ho fatto soltanto — dice — il mio dovere. Da anni una direttiva dell’Intendenza scolastica dell’Alto Adige proibisce l’uso dei cellulari a scuola. Ma non viene applicata. Gli insegnanti, all’inizio di ogni anno, leggono la norma ma non hanno mezzi per farla rispettare. Ripetono l’invito cinque o sei volte, poi non sanno più che fare. Io ho fatto rispettare la direttiva ».
Una scuola media di lingua tedesca in questa terra di mele e di Gewurztraminer. Gli alunni di lingua italiana sono 3 su 187. «Quando ho comprato il mio primo cellulare — racconta il preside — avevo più di vent’anni. Non sono nato con il telefonino in tasca. Ottimo strumento, che noi usavamo però per qualche telefonata e qualche messaggio, che fra l’altro costavano cari. Qui a scuola ho trovato invece la generazione dei sempre connessi. Risposte ai test copiate durante le verifiche, soluzioni dei problemi, invio di foto e di messaggi… Insomma, alunni a testa bassa a scrutare il display invece di seguire le lezioni. Con anche episodi molti spiacevoli: foto scattate alle insegnanti con commenti pesanti sull’abbigliamento o sulla loro professionalità, filmati di decapitazioni dell’Is ricevuti da un ragazzo proprio durante una lezione. Sua mamma è venuta a raccontarmi che il ragazzo era rimasto sotto choc e non riusciva più a dormire ».
Sempre connessi. «È questo — dice Stefan Keim — il problema principale. Devi essere sempre in rete, devi essere pronto a rispondere immediatamente a qualsiasi messaggio, anche se è solo un “ciao”. Soltanto così sei accettato dal gruppo virtuale e non ti senti escluso. Per questo ho deciso di intervenire, non solo con i divieti ma cercando il consenso». Il Consiglio di istituto si riunisce il 19 maggio 2014 e decide di punire chi non rispetti la Direttiva: le prime due volte, note sul registro, alla terza la sospensione da scuola. Assemblee con gli alunni e poi con i genitori.
«Dovevamo iniziare l’8 settembre, primo giorno di scuola ma non era pronto l’armadio chiesto al Comune, dove pensavamo di mettere in deposito i cellulari, una cassetta per classe. Abbiamo iniziato ai primi di novembre e ci sono stati problemi. Per ritirare 187 cellulari servono molti minuti e gli alunni rischiavano di perdere l’autobus. E così abbiamo detto: lasciate i cellulari a casa. Se proprio non potete, metteteli nell’armadio. Terza soluzione: portateli in classe ma spenti e nascosti nello zainetto. Se sono visibili, scatta la sanzione».
Dopo il rodaggio, tutto è filato liscio. In questi mesi, soltanto tre note sul registro e nell’armadio adesso vengono consegnati non più di venti cellulari. Gli altri restano a casa. «Anche perché io mi sono messo a girare nei corridoi e nelle classi con il mio rilevatore di onde ad alta frequenza che mi segnala i cellulari accesi. L’avevo comprato quando è nata la mia prima figlia, per vedere se in casa ci fossero onde magnetiche pericolose. Per questo aggeggio, e per un altro che rileva le basse frequenze, avevo speso 500 euro. I ragazzi non si spaventano più, quando all’improvviso entro in classe. Si sono messi in regola perché hanno capito che senza cellulari la loro attenzione è più alta. E che è meglio prendere un voto buono che rispondere a un sms. Sono esigenti anche con i professori. L’altro giorno hanno “denunciato” un insegnante che telefonava dal corridoio e non dalla sala professori, durante l’ora vuota».
Nella scuola media è arrivato un dirigente della Polizia postale a raccontare i pericoli che si possono incontrare in Rete, e come una foto inviata «riservatamente» a un amico in realtà possa essere usata e strumentalizzata in mezzo mondo. «Ho chiamato un amico, l’ingegner Francesco Imbesi, che ha fatto un esperimento interessante. Ha mostrato una colonia di vermi della farina cresciuti lontano da onde magnetiche e un’altra colonia vissuta accanto a un cellulare acceso. I vermi di quest’ultimo gruppo sono risultati meno attivi e più sottoposti a mutazioni».
Un po’ di spavento, tante domande. «La soddisfazione più grande mi è arrivata dai genitori. Mi hanno detto che i loro figli, con il divieto del cellulare a scuola, adesso si sentono più liberi. “È bello non dovere più stare connessi tutto il giorno. Se un amico protesta perché tardo a rispondere, io gli dico: tu ce l’hai un preside ghostbuster?”».
Jenner Meletti, la Repubblica 18/4/2015