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 2015  aprile 18 Sabato calendario

PER SALVARE LE BANCHE IN CRISI, L’UE HA INTRODOTTO IL BAIL-IN, UN PRELIEVO FORZOSO SUI DEPOSITI E SUI RISPARMI. MA È GIUSTO?

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme». Così recita l’articolo 47 della Costituzione. Ma tra pochi mesi non sarà più così, perché le norme europee prevalgono su quelle italiane: in questo caso, a prevalere sono le regole introdotte nel 2011 con una direttiva Ue per attuare l’unione bancaria europea. Approvate in via definitiva nel 2013, queste norme prevedono che, a partire dal primo gennaio 2016, i salvataggi delle banche europee in crisi non saranno più effettuati con il cosiddetto bail-out, ovvero mediante l’impiego di risorse esterne alla banca, per lo più fondi statali, ma con il bail-in, cioè con le risorse interne degli stessi soci azionisti della banca, oltre che dei creditori, vale a dire dei depositanti e dei titolari di conti correnti superiori a 100 mila euro, mentre quelli inferiori rimarranno garantiti.
Presentata dagli euroburocrati come una rivoluzione copernicana, l’introduzione del bail-in pone fine all’epoca in cui i salvataggi bancari sono stati a carico degli Stati, mediante l’utilizzo di risorse attinte dalle entrate tributarie, quindi di tutti i cittadini. Un metodo discutibile, che, di fatto, ha consentito ai veri responsabili delle grandi crisi bancarie iniziate nel 2008, i banksters (banchieri gangsters), di non pagare dazio, accollando alla collettività il costo delle loro spericolate speculazioni sui derivati. Fu così che, prima negli Usa e poi in Europa, i governi hanno sborsato centinaia di miliardi di dollari e di euro per evitare il collasso delle banche too big to fai, troppo grandi per poter fallire. Un’operazione che, in Europa, ha visto in prima linea Germania e Francia, i cui governi hanno sborsato centinaia di miliardi pubblici per salvare le banche private, mentre l’Italia non è andata oltre i 4 miliardi.
Con l’introduzione del bail-in, in caso di default di una banca, d’ora in poi i primi a pagare saranno gli azionisti, seguiti dagli obbligazionisti meno assicurati e dai depositi bancari superiori a 100mila euro, mentre lo Stato diventa l’ultimo anello della catena. Il primo Paese europeo a sperimentare queste regole sarà l’Austria, dove il bail-in entrerà in vigore dal primo luglio prossimo. L’annuncio è stato dato pochi giorni fa dal ministro delle Finanze di Vienna, il quale ha tenuto a precisare che i soci e i creditori della Hypo Alpe Adria, che ha accumulato un buco enorme (7,6 miliardi), potranno essere costretti ad accollarsi il peso delle perdite, nel rispetto delle nuove norme Ue.
Per i depositi fino a 100mila euro, ha spiegato la stampa austriaca, la tutela del passato prevedeva che i primi 50 mila fossero garantiti dalla banca, mentre gli altri 50 mila lo erano dallo Stato. Da luglio, poiché lo Stato non garantirà più nulla, le banche sono tenute a costituire un fondo nazionale di garanzia, che in dieci anni sarà pari a 1,5 miliardi di euro. Un ammontare considerato già ora insufficiente per salvare i correntisti, in quanto rappresenta appena lo 0,8% dei depositi totali in Austria. Per questo, gli esperti locali sono unanimi nel raccomandare ai correntisti di scegliere con molta attenzione la banca in cui depositare i propri risparmi, stando alla larga dalle banche più indebitate.
Dal gennaio 2016, consigli analoghi si abbatteranno anche sui correntisti degli altri Paesi Ue, soprattutto in quelli dove le banche non godono di salute ottima. E l’Italia, a giudicare dal livello altissimo delle sofferenze bancarie (187 miliardi, pari all’11,6% del pil), è di certo tra questi. Il sito Goldcore, proprio in questi giorni, ha stilato una graduatoria dei Paesi in cui il rischio del bail-in (vale a dire di un prelievo forzoso sui depositi sopra i 100mila euro) è più elevato. Al primo posto c’è la Grecia di Alexis Tsipras (sempre più in odore di default come Stato ancora prima che bancario), seguita da Portogallo e Spagna. L’Italia è al quarto posto, seguita da Francia, Irlanda, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone. La classifica dei Paesi dove le banche sono considerate più sicure vede in testa la Svizzera, seguita da Germania, Singapore, Canada, Australia, Norvegia, Olanda e Hong Kong.
L’introduzione del bail-in obbligherà i correntisti a guardare le banche con occhi diversi dal passato, certamente in modo più vigile. Il che non è certo un male. Ma la novità pone anche domande di tipo politico: oltre ai depositi sotto i 100 mila euro, infatti, sarebbero fatti salvi anche i derivati. E questo aspetto, a giudizio di Giulio Tremonti, che fin dall’inizio contestò la logica del bail-in, non è accettabile. «I prelievi forzosi diventeranno l’incubo del futuro», ha scritto l’ex ministro nel suo ultimo libro («Verità e bugie»; Mondadori). «Un conto è un prestito, che può anche essere a rischio, un conto è un deposito bancario, che per sua natura è invece fiduciario. Per proteggere il sistema si pensa dunque di autorizzare la distruzione del risparmio come valore fiduciario e costituzionale». Non solo. «Sommando i rischi di crisi al bail-in, si produrrà in modo automatico un effetto di attrazione del risparmio dalle banche dei Paesi più deboli a quelle dei Paesi più forti». Dunque, l’ennesima scelta degli euroburocrati che finirà ancora una volta per premiare la Germania e i Paesi del Nord Europa, a scapito dell’Italia e degli altri Paesi mediterranei.
Tino Oldani, ItaliaOggi 18/4/2015