Notizie tratte da: Marco Gasparini, Claudio Razeto # 1945. Il giorno dopo la liberazione # Castelvecchi Roma 2015 # pp. 228, 16,50 euro., 19 aprile 2015
LIBRO IN GOCCE NUMERO 35 (1945
Il giorno dopo la liberazione)
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PICCONATE AI SIMBOLI DEL FASCIO –
Arrendersi. «Arrendersi o perire! Una sola via di scampo e di salvezza resta ancora a quanti hanno tradito la Patria, servito i tedeschi, sostenuto il fascismo. Abbassare le armi, consegnarle alle Formazioni Patriottiche, arrendersi al Comit. Liberaz. Naz. Ai tedeschi invasori e ai loro abbietti scherani fascisti che non si arrenderanno: Morte!» (volantino del Cln, primavera del 1945).
Tribunali. I tribunali spontanei, istituiti subito dopo la liberazione in tutte le città, mandarono a morte decine di fascisti e qualche innocente: «Un ufficio d’officina, una macchina da scrivere, una dattilografa, un tavolo, qualche sedia con quattro o cinque operai seduti, qualcuno con i gomiti sul tavolo, un poco sdraiato, altri con mezzo panino davanti, qualcuno senza berretto, tutti con la barba lunga. Davanti al tavolo una sedia, e il fascista seduto, in piedi vicino, il sappista che lo aveva accompagnato; lungo le pareti qualche osservatore...» (descrizione di un anonimo).
Fascisti. Fascisti giustiziati a Milano tra la fine di aprile e il 4 maggio del 1945: 700. A Reggio Emilia, fino all’11 maggio: 800. Il giornale «L’Opinione» ne conta 20.000 in tutta Italia il 5 luglio.
Epurazione. Dall’«Unità» del 29 aprile: «Il commissario del Partito Fascista Repubblicano di Torino, Solaro, viene scovato. Lui che aveva lanciato lo slogan «fare di Torino una Alcazar» viene interrogato, parla, piange, chiede salva la vita. Per comprare la salvezza rivela ai patrioti dove è stato predisposto l’appostamento dei cecchini fascisti. Essi vengono tutti catturati e fucilati sul posto. I fotogrammi conclusivi della vita di Solaro sono agghiaccianti. Lo appendono al ramo di un albero, ma il legno, troppo fragile, si spezza. L’uomo, quasi incosciente, viene così impiccato una seconda volta e il cadavere esposto alla cittadinanza prima di essere gettato nel fiume Po che attraversa la metropoli».
Tedeschi. I soldati tedeschi, fatti prigionieri in Italia dopo la vittoria degli Alleati, acquisirono privilegi che agli italiani non furono mai concessi. I campi di internamento in Toscana: muniti di ogni conforto, baracche di legno catramate, cuccette con materassi e coperte o brande.
Operai. Gli operai italiani furono in qualche caso licenziati e sostituiti dai prigionieri di guerra tedeschi: a Napoli si occuparono del trasporto su camion, e vennero impiegati anche alla Fiat di Rifredi.
Disoccupati. «Al mattino i disoccupati fanno ala presso i cancelli dello stabilimento al passaggio dei camion che trasportano i prigionieri. E se la cosa continua certo potrà accadere qualche incidente. Non è facile resistere alla tentazione di rompere la testa a chi dopo averti privato della casa distruggendotela, ora ti toglie anche il lavoro» (Riccardo Longone sul caso della Fiat, L’«Unità», 1945).
Armi. Nel quinquennio tra il 1946 e il 1950 furono recuperati dai carabinieri: 86 cannoni, 415 lanciagranate, 1.950 mitragliatrici, 2.925 fucili mitragliatori, 60.156 fucili e moschetti, 22.946 pistole, 134.368 bombe a mano, 13.159.924 munizioni varie e 283.948 chili di esplosivo.
1945. Prezzo di una casa modesta a San Giovanni, nel 1945: 1.200 lire al mese. Di un litro d’olio: 1.300 lire, alla borsa nera. Al posto del caffè: polvere d’orzo e cicoria. Al posto dei limoni: la «limonina», polvere di agrumi vari. Un’unica stoffa: la lana grezza, passata dallo Stato.
Picconate. «Ogni palazzo porta i segni delle picconate, sferrate per cancellare i simboli del fascismo. Si vedono bene a via del Corso sopra l’Hotel Regno e sulla via del Mare» (Memorie di Glorietta Paganelli, 18 anni nel 1945).
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 19/4/2015