Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 18 Sabato calendario

Uomini armati libici tentano di sequestrare un peschereccio siciliano • Una nuova legge contro la pirateria nel Mediterraneo • Trovato ad Albacete il papà fuggito con il figlio neonato • La bambina malata e ibernata Peschereccio L’altra notte un peschereccio di Mazara del vallo è stato abbordato da un rimorchiatore libico senza bandiere e con gente armata

Uomini armati libici tentano di sequestrare un peschereccio siciliano • Una nuova legge contro la pirateria nel Mediterraneo • Trovato ad Albacete il papà fuggito con il figlio neonato • La bambina malata e ibernata Peschereccio L’altra notte un peschereccio di Mazara del vallo è stato abbordato da un rimorchiatore libico senza bandiere e con gente armata. Sul peschereccio sono saliti due, che hanno puntato le armi contro l’equipaggio formato da sette uomini (tre siciliani e quattro tunisini) dicendo di essere militari libici: «State pescando nelle nostre acque. Adesso cambiate rotta e ci seguite a Misurata». Uno dei due è tornato sul suo barcone e allora il comandante del peschereccio, Alberto Figuccia, è riuscito a bloccare l’altro rimasto a bordo e scappare dagli aggressori. È intervenuta una nave della Marina che ha scortato fino a casa i pescatori. Ma è proprio la Marina a essere investita dall’accusa di pirateria lanciata dal portavoce del comune di Misurata, Ramadan al Moatiq, che parla di «violazione delle acque territoriali libiche» con l’obbligo dei pescatori fermati «di essere sottoposti a interrogatorio come esige la sovranità della Libia». Pirateria È in discussione la necessità di considerare «atto di pirateria» tutte le aggressioni ai mezzi navali impegnati nel Mediterraneo. Il nodo da sciogliere riguarda le navi della Guardia costiera libica che, essendo mezzi governativi, godono dello status diplomatico e dunque non possono essere fermate, né sottoposte alla procedura di identificazione del personale che si trova a bordo. In realtà queste motovedette sono nella maggior parte dei casi nelle mani degli scafisti che sono riusciti a prenderle dopo la caduta del regime, ma le hanno lasciate intatte per far credere di essere esponenti delle autorità. E le utilizzano per effettuare controlli in mare dopo le partenze dei barconi con centinaia di migranti. Oppure, come è accaduto già due volte, per andare a riprendere i battelli rimasti vuoti dopo il trasferimento dei profughi sulle navi che hanno effettuato il salvataggio. Secondo la normativa attuale l’Italia si deve limitare a chiedere le generalità degli occupanti e comunicarle alle autorità libiche per procedere alla contestazione di eventuali reati. Si tratta però di una procedura inefficace perché in Libia non ci sono interlocutori, quindi sarebbe impossibile avviare le pratiche per perseguire gli illeciti compiuti in mare, per di più in acque internazionali. La misura è ritenuta indispensabile soprattutto dal punto di vista della prevenzione e nella convinzione che gli episodi di aggressione potrebbero diventare sempre più frequenti: ci sono migliaia di profughi ammassati sulle coste nordafricane e gli scafisti si stanno sempre più impegnando a trovare barche di qualsiasi tipo per effettuare i loro lucrosi viaggi (Sarzanini, Cds). Spagna È stato trovato ad Albacete (in Spagna), al centro commerciale Imaqinalia, Enzo Costanza, il papà fuggito con il piccolo Matteo, di appena 18 giorni. «È stato dichiarato in stato di detenzione per sottrazione di minore - ha riferito il colonnello Arturo Guarino, comandante provinciale del carabinieri di Torino -, la stessa accusa mossa dalla procura di torinese. Oggi il giudice spagnolo deciderà per l’arresto o per la sua liberazione». Costanza si era arreso già alle 9.30 di ieri mattina accendendo per la prima volta, dopo quasi tre giorni, il suo iPhone per chiamare la moglie (le ha detto: «Il bambino sta bene. Te lo ridò vivo, non ti preoccupare. Per me vedrò cosa fare»). La telefonata ha permesso agli agenti della polizia spagnola, e ai tre ufficiali dei carabinieri che erano con loro, di individuare la posizione dell’uomo e di raggiungerlo in poco tempo. Il piccolo Matteo è stato portato all’ospedale di Albacete per controlli di routine, ma sembra stare bene. La moglie ha perdonato Enzo Costanza: «Non ce l’ho con lui. È riuscito a essere un padre amorevole anche dopo un così grande sbandamento. Ha solo bisogno di essere curato». Ibernazione Matheryn Naovaratpong, bambina thailandese di tre anni, malata di un incurabile tumore al cervello. Dopo 13 interventi e 20 cicli di chemioterapia, aveva perso l’80% dell’emisfero cerebrale sinistro. Tenuta in vita dalle macchine, i genitori, entrambi medici, hanno deciso di ibernarla subito dopo la morte, in attesa che in futuro ci siano nuove cure. Se ne sono occupati gli statunitensi della Alcor: hanno prelevato tutto il sangue, che hanno sostituito con un liquido che permette la conservazione senza danni per le cellule. Il corpo è stato raffreddato a -196° gradi e il cervello separato dal resto. Ora è conservata in Arizona. La procedura è costata 80mila dollari. Al momento le possibilità di riportare in vita un ibernato sono nulle.