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 2015  aprile 15 Mercoledì calendario

PAPÀ, TI PRESENTO YOUPORN


[Alessandro Gassman]

È un compleanno lungo. Lo ha festeggiato il 24 febbraio, ma ancora oggi – seduto all’aperto, nel bar dietro piazza Navona che usa come studio – le persone che passano gli fanno i complimenti per i suoi 50 anni, accompagnandoli con un ripetuto «Sei sempre più bello». Alessandro Gassmann ha la barba appena grigia, i capelli ancora scuri, il fisico perfettamente in forma, anche se racconta con un certo orgoglio che ieri sera si è fatto mezzo chilo di pasta con la bottarga perché «a quest’età sei autorizzato un po’ a fregartene, non mi chiedono più di essere un pollo da combattimento, mia moglie ancora mi guarda, va bene così».
Sì, va decisamente bene. E non solo perché la pastasciutta non intacca gli addominali. Ma anche perché i progetti sono tanti, in questo aprile che lo vede ovunque protagonista. Il 9 è arrivato nei cinema Se Dio vuole, dove è un prete di strada che quando entra nello schermo – di spalle – ricorda in modo impressionante papà Vittorio. Il 10 ha debuttato in teatro a Napoli Qualcuno volò sul nido del cuculo, un adattamento ambientato nel manicomio criminale di Aversa nel 1982, di cui lui ha curato la regia. Il 12 è ritornato in Tv il suo Edoardo Rengoni, protagonista di Una grande famiglia, alla terza serie su Raiuno. A fine mese, infine, dovrebbe essere pronto il documentario che Alessandro ha girato in Giordania e Libano come ambasciatore dell’Unhcr – l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati –, chiedendo agli artisti siriani profughi che cosa si stia perdendo l’Occidente con la distruzione non solo delle persone, ma anche della cultura.

Mezzo chilo di pasta: è depresso?
«No, è che era venuta davvero bene. E poi guardi che ormai non capita spesso: con l’età aumenta l’attenzione, adesso cerco di privilegiare il farro, il bio. Anche perché con gli anni c’è qualche dannetto fisico conseguente a tutto lo sport che ho fatto da ragazzo».
Dal punto di vista psicologico, invece, com’è cambiato?
«I limiti fisici per me vanno di pari passo a quelli mentali: a 50 anni ho ben chiaro ciò che non posso fare e mi è più facile evitarlo, richiedo meno a me stesso ma sfrutto fino in fondo ciò che posso fare. È un momento molto bello».
Ha anche imparato a tenere sotto controllo la rabbia? So che ogni tanto si lascia un po’ andare.
«In effetti ho appena avuto un combattimento su Twitter. Avevo scritto a Francesca Barracciu, sottosegretario alla Cultura, indagata per peculato, che pensavo fosse il caso di lasciare la poltrona. Mi ha risposto: “Quando avrà imparato a fare l’attore, ci darà i biglietti gratis per il cinema”. C’è stata una sollevazione contro di lei, una soddisfazione immensa».
Come le ha risposto?
«Con ironia. Ma guardi che non mi ritengo moderato. Da noi moderato ha un’accezione positiva: è quello che non si incazza, non dice parolacce. Io penso però che, a parte le grida di Salvini che riportano l’uomo a Neanderthal, rispondere pacatamente a uno che urla perché non arriva a fine mese è più insultante che mandarlo affanculo».
Nella vita privata si ritiene moderato?
«Diciamo che in passavo di più e così passavo dalla parte del torto. Ogni tanto il sangue alla testa ancora mi arriva, ma grazie all’analisi lo tengo a bada».
Neanche in auto si arrabbia?
«Lì sì. Credo di aver rischiato la vita tante volte: essendo molto alto, mi fermavo e scendevo. Ora affianco il prepotente e lo guardo fisso: lui urla, io mi rilasso. Voglio farlo sentire un po’ ridicolo».
In Se Dio vuole lei interpreta un prete. Com’è stata la sua formazione religiosa? «Ho studiato a lungo nelle scuole dei preti, ma non ho purtroppo fede. E non ho un grande rapporto con il clero, anche se sono convinto che questo Papa faccia benissimo e mi piacciono i sacerdoti che si sporcano le mani, come Don Ciotti».
Suo figlio Leo è battezzato?
«Battezzato e “comunionato”. Va a scuola dai preti: avrei preferito il liceo pubblico, ma in classe non c’era riscaldamento e mancava la carta igienica. Così ho scelto una privata dalla retta medio-bassa, non frequentata solo dai ricchi».
Rimpiange la mancanza di fede?
«Invidio chi ce l’ha. La paura per la morte decade, hai la promessa del dopo».
A lei la morte fa paura?
«Piuttosto, penso al dispiacere di non poter più vedere le persone che amo, ma paura no. È della malattia, del dolore che bisogna avere paura. Guardo il mio metro: 50 anni sono andati, me ne restano... 30? Ma quanti saranno buoni? 15? 20?».
Suo padre ha sofferto molto l’avvicinarsi della fine.
«Io sono più fortunato: non avendo un’alta considerazione di me, ho coltivato altre cose, dalla musica ai viaggi. Papà, in tutta la vita, ha viaggiato solo per lavoro».
C’è, in particolare, un insegnamento che Vittorio Gassmann ha lasciato ai suoi figli?
«La frase che sempre ci diceva quando, dimenticando la nostra situazione privilegiata, ci lamentavamo: “Ma vai a faticare!”».
Perché è entrato in Una grande famiglia? «È fatta bene, e con attori molto bravi. Poi, non facevo Tv da tanto».
In più il suo personaggio non deve essere sempre presente.
«Nella terza stagione mi vedrete anche meno: avevo già altri impegni e poi, se ci fossi sempre, il mistero di cui sono portatore scomparirebbe».
Con le ragazze lei ha giocato spesso la carta del mistero?
«Sempre. Facevo quello misterioso, silente, un po’ in penombra: come direbbe Nanni Moretti, mi si notava di più».
Mentre uno sta in penombra, magari arriva un altro.
«Mi è successo spesso pure quello». Leo ha una ragazza?
«Ha 16 anni e credo che batta il record mondiale: sta con una ragazza quasi da un anno ed è innamorato. Festeggiano tutti i “complemese”. Mi stupisce molto».
Lei com’era a 16 anni?
«Il contrario, le cambiavo frequentemente e mi lasciavano frequentemente». Perché?
«Ero un cretino. E mi stanavano, nonostante la tecnica dei colpi di tosse».
Che tecnica è?
«Quando una si avvicinava e io stavo con un’altra, appena quella provava a dirmi “Ciao amore” tossivo e me ne andavo».
Gliel’aveva insegnato papà?
«No, lui mi aveva insegnato come si fa l’amore, partendo dal seme dell’albero».
E lei con suo figlio?
«Ho cercato di rifare la stessa lezione. Dopo due minuti che parlavo, mi ha fermato, ha aperto Internet e mi ha mostrato i video di YouPorn».
Adesso che è grande, fate ancora cose insieme?
«Certo. Mangiamo sempre insieme. Insieme chiacchieriamo, insieme facciamo le vacanze».
Com’è Alessandro Gassmann in vacanza?
«Un’ameba: al massimo posso leggere e cucinare».
A teatro ha lavorato con sua moglie, Sabrina Knaflitz. Come è andata?
«Molto bene. Ho usato la tecnica di mio padre: con lei sono stato intransigente in maniera dolce, per evitare ogni imbarazzo. E credo che torneremo a lavorare insieme, nella mia prossima regia».
So che ha in ballo un progetto con protagonisti anziani.
«La vecchiaia mi affascina. Immagino che a una certa età si abbiano chiarissimi i propri limiti, quindi forse si smette di osservarsi e pensare a se stessi, ci si dedica di più a quelli che ci circondano».
Può essere un’età di solitudine.
«Sì, se non ti sei costruito intorno un mondo di persone alle quali hai dato qualcosa. Per questo bisognerebbe cominciare già da prima a occuparsi degli altri: non è mai troppo presto per dare».