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 2015  aprile 15 Mercoledì calendario

CIÒ CHE NON TWITTIAMO CI RENDE PIÙ FORTI


La depressione di Guy Birenbaum è ormai la più mediatica di Francia. Tutta colpa del suo libro, Vous m’avez manqué (Ed. Les Arènes), appena uscito e già bestseller su Amazon.fr, diario della sua discesa agli inferi per una grave dipendenza da Internet.
Giornalista radiofonico e blogger, 53 anni e 145 mila follower su Twitter e uno spasmodico bisogno di connessione, di giorno, di notte, in vacanza e in ogni luogo («in dieci anni mi sono disconnesso solo il giorno del funerale di mia madre»), fino a quando non si è letteralmente «schiantato», come ci racconta. «L’ossessione del lavoro, di non riuscire a seguire tutto, il bombardamento di informazioni, che arrivano da ogni parte, in un’escalation senza fine, può portare alla follia».
Come ha capito di essere arrivato al limite? «Le somatizzazioni sono state numerose, mal di schiena, sudori. La sofferenza fisica era diventata la costante realtà della mia vita. Un giorno non ce l’ho fatta neanche ad alzarmi dal letto. I muscoli non rispondevano più alla mente. Ero annientato».
E che cosa ha fatto?
«Ho mollato tutto, il 21 marzo 2014. Cominciando da quella specie di protesi che era diventato il cellulare, con le sue mille spie, che mi tenevano costantemente in stato di allerta. Psicofarmaci pesanti, psicoanalisi (il titolo del libro significa “Mi siete mancato”, ed è la frase detta all’analista“ritrovato”, ndr) e l’amore delle persone care, sono riusciti nell’impresa di riportarmi alla vita».
Davvero la dipendenza da Internet ha così gravi conseguenze sulla salute mentale?
«Le dipendenze sono a loro volta il sintomo di un malessere latente, che ci portiamo dietro. In analisi, ho scoperto che il mio restare costantemente connesso era legato anche alla violenza delle reazioni degli internauti, che non mi hanno risparmiato insulti personali e antisemiti, in questa Francia razzista, alle soglie di un cambiamento politico, che potrebbe portare al potere un partito come il Fronte nazionale».
Adesso com’è il suo rapporto con Internet?
«Con alti e bassi. Sono io che stabilisco se starci o rinunciare, come quando ho deciso di non commentare l’attentato a Charlie Hebdo. Per il resto, mi sono dato delle regole. Sono tornato su Twitter, ma non scrivo quando sono con i miei figli, o porto fuori il cane, proibito mangiare di fronte al pc: sono regole facili da rispettare, che mi permettono di continuare a fare il mio lavoro, con passione, forse meglio di prima».