Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 17 Venerdì calendario

EPATITE C LA CURA C’È MA NON PER TUTTI


I farmaci della speranza possono sconfiggere una malattia finora invincibile. Quando li incontra, il virus scompare e persone che rischiavano di finire in lista di attesa per un trapianto di fegato, o di morire, guariscono. «Storico», «la più grande conquista della medicina negli ultimi decenni», «evento scientifico unico»: le espressioni usate dai medici per raccontare quello che sta succedendo nel campo della cura dell’epatite C non contemplano l’uso di mezzi termini. Del resto il sofosbuvir e tutte le molecole simili che stanno arrivando sul mercato potrebbero segnare davvero la fine di una malattia importante e diffusissima. I dati sui primi pazienti lo confermano. Ci sono però due problemi. Il primo è che i malati sono tantissimi, e per di più il loro numero non è chiaro. In Italia si stimano 5-600 mila persone con diagnosi (ma altrettanti non sanno di avere contratto il virus) delle quali 60-70 mila gravi. L’altro guaio è il prezzo dei medicinali.
La rivoluzione, anche se c’è di mezzo la salute della gente, l’industria la fa pagare a peso d’oro. Per un trattamento completo di 12 settimane con il sofosbuvir il sistema sanitario oggi deve spendere poco meno di 50 mila euro. E se qualcuno volesse comprare il farmaco direttamente, come privato, la cifra salirebbe a 70 mila euro. Il produttore, la statunitense Gilead Sciences, ha acquistato da una piccola casa farmaceutica il brevetto del medicinale, approvato a fine 2013 negli Usa. Anni di ricerche, investimenti, ma soprattutto il carattere innovativo della molecola hanno fatto lievitare i costi. Alcuni Paesi non sono in grado di sostenerli, per esempio quelli dell’Europa dell’Est ma anche la Grecia. L’azienda produttrice ha promesso però di preparare una versione generica per il Terzo mondo.
L’Italia è riuscita a chiudere un accordo con Gilead, ha trattato spuntando uno sconto importante e i centri delle malattie del fegato, centinaia nella penisola, hanno già iniziato a somministrare il sofosbuvir. La strada da percorrere è lunga: in tutto verranno consegnate 50 mila terapie ma per ora hanno avuto il medicinale tra le mille e le duemila persone. Come sempre, poi, la nostra sanità viaggia a ritmi diversi a seconda delle regioni: alcune, specialmente del Centro-Nord, dopo aver stentato per qualche settimana, sono partite bene, e altre del Sud sono ancora quasi ferme. Poi ci sono le eccezioni: «Mi hanno diagnosticato la cirrosi nel 1998. Avevo preso l’epatite C venti anni prima a causa di farmaci emoderivati infettati. Anche se sono in condizioni gravi, non sono ancora stato chiamato». Marco è un cinquantasettenne seguito alle Molinette. Il Piemonte è un po’ in difficoltà a causa della situazione economica. Nell’ospedale torinese, come ammette anche il primario Mauro Rizzetto, la somministrazione del farmaco va a rilento. «Sapere che esiste un medicinale che ti può guarire ma non poterlo avere perché è troppo costoso provoca una rabbia violenta verso le case farmaceutiche» dice Marco. «A maggior ragione a pazienti come me, che si sono infettati proprio a causa loro. Ora aspetto che mi chiamino dalle Molinette, ma ho paura che possa passare un anno». L’assistenza diversa a seconda delle regioni sta provocando un altro fenomeno tipico del nostro Paese: i malati si spostano per cercare le cure. Il 5 dicembre 2014 sulla Gazzetta Ufficiale è uscita la determina dell’Aifa, l’agenzia per il farmaco, che ha stabilito la rimborsabilità del sofosbuvir (nome commerciale Sovaldi), indicando le sei categorie di malati gravi che hanno la precedenza. Mancava il costo trattato, tenuto segreto. L’accordo riguarda 50 mila dosi da somministrare in due anni e si prevede che il produttore, Gilead Sciences, faccia scendere il prezzo via via che aumenterà il numero di confezioni acquistate. Si parte da circa 45 mila euro e alla fine, dopo aver attraversato quattro o cinque fasce di sconto, si arriva a 4 mila. La spesa media per paziente dunque alla fine sarà di circa 20 mila euro. Per questo il ministero ha stanziato un miliardo di euro in due anni. I soldi però non sono ancora arrivati alle Regioni ed è anche per questo che molte, quelle in condizioni economiche più difficili, vanno a rilento nella distribuzione.
Dopo l’approvazione di Aifa ci sono voluti un paio di mesi per organizzarsi, individuare i vari centri addetti alla somministrazione e partire. «Si viaggia a macchia di leopardo, certe realtà sono in difficoltà, ad esempio la Sicilia e la Campania» spiega Ivan Gardini, dell’associazione di malati EpaC. «E a noi arrivano segnalazioni di pazienti in gravi condizioni che non vengono trattati». Negli ultimi mesi c’è stato un grosso sforzo da parte degli epatologi per spiegare ai pazienti che, visto il costo del trattamento, non tutti possono essere curati subito. «Nell’ultimo anno, in attesa che il farmaco arrivasse, abbiamo iniziato a dire a chi non ha la malattia in fase avanzata di non preoccuparsi, perché non c’è urgenza di trattamento. Li teniamo sotto controllo per valutare chi è stabile e chi ha un trend di peggioramento». A parlare è Stefano Fagiuoli, primario della gastroenterologia di Bergamo, un grande centro, che segue circa 3.500 malati di epatite C.
Il Sovaldi è solo il primo di una serie di farmaci che permetteranno di sconfiggere, da soli o più spesso se associati ad altri, la malattia del fegato che da noi ha soprattutto quattro genotipi, l’1 (che provoca il 50-60 per cento dei casi), il 2 (15-20 per cento), il 3 (10-15 per cento) e il 4 (5-10 per cento). La forza della molecola è che agisce direttamente sul virus, bloccando l’enzima che lo duplica. Da poco ha avuto l’autorizzazione Aifa anche il simeprevir (nome commerciale Olysio), che ferma la proteasi, un enzima del virus, interrompendo sempre i processi che portano alla moltiplicazione dell’agente patogeno. I due farmaci insieme sono molto potenti, in particolare sui genotipi 1 e 4. Per il 2 e 3, a oggi, il sofosbuvir va abbinato a un medicinale già a disposizione da tempo, la ribavirina. Ma sul mercato arriveranno ancora altre molecole. Il ledipasvir che verrà abbinato in un’unica compressa con il sofosbuvir, sempre per combattere i genotipi 1 e 4, e il declatasvir, per il tipo 3.
Insomma ci sono sempre più armi a disposizione e un risvolto economico non da poco. La concorrenza dovrebbe far abbassare i prezzi, anche se l’accordo tra Aifa e Gilead, con sconti progressivi collegati ai consumi, lega l’Italia a questa azienda. Per ottenere un vantaggio economico bisogna infatti continuare ad acquistare da quella casa farmaceutica. Un effetto collaterale di quella che è a tutti gli effetti una rivoluzione terapeutica: dice Marco Marzioni, presidente dell’Aisf, associazione per lo studio del fegato, e primario ad Ancona: «Stiamo vivendo un evento unico, di quelli che ai medici fortunati capita di vedere, se va bene, una volta nella carriera». Una fortuna per i medici, ma soprattutto per i tantissimi malati.
Michele Bocci