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 2015  aprile 17 Venerdì calendario

PERISCOPIO

Visto il film di Veltroni, un tempo i comunisti mangiavano i bambini, lui li ha digeriti. Spinoza. Il Fatto.

Il pianeta Marte è rossastro, nel suo sottosuolo scorre l’acqua, potrebbe addirittura esserci un po’ di vita. Somiglia alla minoranza Pd. Jena. La Stampa.

Sai che un’esaltata tedesca ha cercato di impedire a Draghi di parlare? Ma sono almeno 4 anni che ci prova. Il Rompispread. MF.

Matteo Salvini con la sua incapacità a comprendere alcuni basilari meccanismi della politica (voler fare il Le Pen italiano in un paese che ha ancora Grillo al 20% e voler conquistare il Sud del paese dopo aver mandato per una vita a quel paese il Sud di quel paese è un progetto che, alla lunga, metterà a nudo la verità del salvinismo e il suo essere nient’altro che una interessante ma transitoria bolla mediatica). Claudio Cerasa. Il Foglio.

Con il crollo della Prima repubblica era venuto giù anche il sistema codificato degli inni della tradizione di partito: Bandiera rossa, Biancofiore e persino il lugubre motivo missino di cui si diceva avesse scritto le parole il giovane Giorgio Almirante: «Siamo nati in un cupo tramonto». Filippo Ceccarelli, Il teatrone della politica. Longanesi, 2003.

Ho trovato in alcuni momenti una specie di accanimento terapeutico nei confronti dell’ex quotidiano del Pci. Quando si dice «l’Unità deve vivere» si fa una mozione degli affetti che io per primo faccio mia, ma si deve però anche dire cosa deve essere. Da quando è morto il Pci io non ho ben capito cosa l’Unità rappresentasse. Michele Serra (Silvia Truzzi). Il Fatto.

Il «Guazza» non molla. «Mi picchiano duro ma io restituisco colpo su colpo». È al terzo trapianto di midollo: colpa di un mieloma che gli tiene compagnia da più di dieci anni. La malattia se n’era andata, poi è tornata, accompagnata dagli acciacchi legati alle cure. Nella sua bella casa a cinque minuti da San Petronio è rilassato e sorridente, ma dietro l’apparente bonomia emiliana i giudizi sono taglienti come sempre. Taglienti come nel giugno del 1999, quando fece cadere l’altro muro: dopo Berlino, Bologna. Alla guida di una lista civica il «Guazza», Giorgio Guazzaloca, ex presidente della Camera di commercio, riuscì a sloggiare da Palazzo Accursio quello che era stato il Partito comunista. Per la prima volta nella storia repubblicana il capoluogo non aveva più un sindaco «rosso». Giorgio Guazzaloca, ex sindaco di Bologna (Angelo Allegri). Il Giornale.

«Quando vedo che i ragazzi lasciano tutto nel piatto mi arrabbio moltissimo (una signora che vota Pd)... oddìo amore, ci siamo dimenticati di spedire le cartoline agli amici della Consob...». Walter Siti, Exit strategy. Rizzoli, 2014.

Gli Isotta, per quanto piemontesi, non erano sciocchi. A un certo momento si dissero: «Che rimaniamo a fare sul lago d’Orta quando possiamo permetterci di vivere nel più bel luogo del mondo, Napoli?». E così a Napoli si trasferirono. Paolo Isotta, La virtù dell’elefante. Marsilio, 2014.

Devo tutto a Ludovico Petrolini, un bancario appassionato di lirica. Sentì cantare l’Ave Maria di Schubert, bussò alla porta e mi vide alla pianola in cucina. «Ma questo è un angelo!», esclamò. Volle pagarmi gli studi al conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. Avevo 17 anni, ero commessa alla Upim. Rinunciai alla liquidazione per non perdere l’anno di studio. Katia Ricciarelli (Stefano Lorenzetto). Panorama.

Denuncio questo nuovo immenso manicomio chimico che recluta i sani. Oggi si diventa pazienti psichiatrici senza saperlo. Tristezza e lutti, rabbia e timidezza, disattenzione ed effervescenza: per ogni emozione forte c’è la pillola giusta. Pensiamo al lutto. Oggi se questa tristezza dura un po’ più del previsto viene rubricata come una depressione e di conseguenza curata con gli psicofarmaci. Per non parlare dell’arruolamento dei bambini: i bulli e gli svogliati sono etichettati come iperattivi. Ma questo è un modo di fabbricare malati. Un bambino diagnosticato iperattivo sarà curato con molecole che lo renderanno un depresso, e poi la depressione sarà curata con farmaci che creeranno eccitazione, e quel bambino è condannato a essere un giovane psicotico. Piero Cipriano, psichiatra, autore de Il manicomio chimico. Elèutera (Simonetta Fiori). la Repubblica.

Di colpo sussulto alla fragorosa risata di una cornacchia che piomba sul prato, irridente. Mi cadono gli occhi sul tronco antico e massiccio di un gelso rinsecchito, gibboso, coriaceo. Chissà quando hai vissuto, gli dico, chissà quando sei morto. In questo silenzio, capisco, si parla con tutte le cose: con le ultime foglie cadute che mulinano al vento, crepitano, secche come voci di vecchie. In questo silenzio, mi accorgo, noto cose cui non avrei fatto caso. Come gli arbusti di nocciolo tagliati di fresco, su cui, tuttavia, i germogli avevano fatto in tempo a spuntare. Il fischio di un merlo, oppure sarà un altro uccello di cui ignoro il nome. Ma, dall’alto di una robinia, quella nota sola e costante sembra un richiamo. Cerca una femmina, forse? Se ascolti davvero, nella pace intonsa delle colline anche il canto di un merlo è una domanda struggente. Ci vedo anche meglio, stamane. Mi accorgo che il pero cotogno in giardino è pronto a sbocciare. Domani mattina sarà come coperto da una schiera di farfalle bianche. Durerà poche ore. Ma in questa giornata in silenzio l’ho visto, ho colto l’istante. In cima al vecchio olmo due grossi nidi vuoti ondeggiano leggermente. Aspettano, quieti: torneranno, i migranti. Aspettano, mi viene da pensare, come i morti in quel piccolo cimitero sulla collina; in pace, lontani eppure vicini, in questa luce tersa di marzo. A Ovest, alle cinque, il sole inclina la sua parabola sul Monviso, puntuto, e controluce si stagliano, netti e neri sulla cima delle colline, i profili dei paesi. Case, uomini, storie passate. Nella densità del silenzio mi sembrano quasi accessibili, intuibili, appena tendendo l’orecchio. Salgo in auto, metto in moto e si accende la radio. Si infrange di colpo la bolla dolce, silente, eloquente di questa giornata di aprile. Marina Corradi. Tempi.

Pochi giorni prima alcuni aerei avevano sorvolato la città di Roma regalandoci tonnellate di volantini e le nostre povere Breda da 75 millimetri li avevano festeggiati con allegri scoppi di colpi sui seimila metri, mentre si allontanavano tranquilli nell’orizzonte dei settemila. Valerio Neri, Anna e il meccanico. Marsilio, 2005.

Non ho niente da aggiungere a ciò che già non ho detto. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 17/4/2015