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 2015  aprile 16 Giovedì calendario

PERISCOPIO

Non tutti i poliziotti sono come quelli della Diaz, ma tutti quelli della Diaz sono poliziotti. Jena. La Stampa.

(mfimage) Ghedini: «Smettetela di denigrare i nostri testimoni». O alzeranno il prezzo. Edelman. Il Fatto.

Il maggior bene è la globalizzazione economica che ha portato un miliardo di individui fuori dalla povertà. Il bene è il commercio, il mercato, le regole del Wto. Giuliano Ferrara. Il Giornale.

Nel gran supermercato di personaggi, tra gli articoli richiesti dal più evoluto intrattenimento politico c’è l’attrice, l’attricetta, la divetta, la valletta, la soubrette, la starlette, la velina, la letterina, tanto meglio se è «birichina». Filippo Ceccarelli, Il teatrone della politica. Longanesi, 2003.

Sotto la testata de l’Unità c’è scritto «Giornale fondato da Antonio Gramsci». Sono d’accordo con Emanuele Macaluso che ha detto, nei giorni scorsi: «Va bene tutto, ma se l’editore Veneziani rileva la testata, almeno togliete Gramsci». Michele Serra. (Silvia Truzzi). Il Fatto.

Matteo Renzi è di sinistra o di destra? Secondo me, molti moderati ora stanno con lui. Giampaolo Pansa (Massimo Rebotti). Corsera.

Mi interessa parlare dello straordinario libro di Massimo Fini, Una vita, incentrato sulla ricerca, impossibile, di dare un senso alla nostra esistenza. Pindaricamente, unisco Ennio Flaiano (che scrisse: «Ormai posso vivere soltanto in posti degradati: Fregene, Montesacro ecc. La vista di persone e di luoghi bene mi procura nausea. Segno del fallimento», Ennio Flaiano, Diario degli errori, Adelphi 2002), unisco Ennio Flaino, dicevo, con Carlo Rossella e Carlo Rossella con Massimo Fini. Flaiano, come tutti, non ha trovato il senso della vita, però ha lasciato un segno. Carlo Rossella avrebbe grandiose qualità professionali e, voglio strafare, anche umane. Ma del senso della vita non gliene può fregare di meno, la sua vita l’ha sprecata e di quella degli altri, gli interessano – in «Alta società», la sua rubrica sul Il Foglio – solo i frizzi, i lazzi e le svenevolezze. Massimo Fini non ha trovato il senso della vita, ma almeno ci ha provato, disperatamente, anche attraverso le confessioni di questo suo ultimo libro. cesarelanza.com

Se c’è una cosa che devo rimproverare a Maurizio Belpietro è proprio questa: Libero appare un po’ démodé. Nel mondo tutto cambia in fretta. Internet, gli smartphone e i social network come Twitter hanno impresso alla comunicazione globale un’accelerazione impressionante. In questa situazione un giornale deve sapersi rinnovare, offrendo ogni giorno qualcosa di fresco. Invece Libero è rimasto sostanzialmente ancorato, anche nel vestito esteriore, al modello che gli avevo dato io. È invecchiato. Non vuol essere una critica, ma una semplice constatazione. A dirla tutta, non sono neppure convinto che oggidì i quotidiani, svecchiandosi, possano riuscire a riprendersi dal morbo fatale che li affligge. Perseverare sulla vecchia strada, comunque, non li aiuta, perché è un viale di cipressi che conduce al cimitero. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, I buoni e i cattivi. Marsilio.

Lasciate perdere gli smartphone oppure lasciate perdere l’università. Discorso di Kiyohito Yamasawa, presidente dell’università statale giapponese, Shinshu, esperto in ingegneria elettronica. Giulia Pompili. Il Foglio.

Accade non solo negli ospedali psichiatrici ma ovunque in ospedale. Prendiamo gli anziani, appannati da demenza o arterosclerosi. Anche loro vengono legati. In un pronto soccorso romano, mi è capitato di vedere un vecchio prete polacco con i genitali per aria. Tutt’intorno camici e casacche linde che lo strattonavano, «anvedi, questo è un prete», e giù a ridere. Ha ragione Ceronetti quando scrive che la più grande sciagura per un uomo è la lunga vita. Piero Cipriano, psichiatra, autore de Il manicomio chimico. Elèutera (Simonetta Fiori). la Repubblica.

Dopo giorni di pioggia, che luce, in questa settimana dopo Pasqua. Stentano, gli occhi, ad abituarsi. Sulle colline del Monferrato, i ciliegi, da un giorno all’altro, si sono fatti nuvole candide, e la forsizia splende di oro. Il tiglio, il faggio, il fico, tutti invece ancora quasi spogli. Sulla sterrata che scende al prato, grande il silenzio mi sbalordisce. Solo i miei passi, e il cane che corre avanti e indietro, felice. Ma proseguendo, e come sintonizzando altre antenne, comincio a percepire rumori nuovi. Il vento, prima di tutto: il timbro scuro di un vento inquieto, a folate. E, lungo la roggia, argentino, lo sgocciolio dell’acqua che, in rigagnoli, precipita dai pendii, fradici ancora della pioggia della notte. Attorno a un ciliegio in fiore, un brusio. Mi fermo, alzo gli occhi: è il fervore di centinaia di api al lavoro. Da lontano, tocchi di campane. Mi volto: là, sulla cima di una collina, una chiesa piccolissima, con attorno il suo cimitero. Mi accorgo che da ogni punto del sentiero, dopo il bosco e a ogni svolta, la chiesa si continua a vedere. Doveva esser dolce, mi dico, una volta, lavorare nei campi e vedere da lontano la casa dei propri morti, e sentirne quasi, in quelle campane, la voce. Marina Corradi. Tempi.

A una cassa lenta di Auchan, una giovane madre con la sua piccola figlia. La madre commenta a voce alta gli atti della bambina, «Stai ferma, tu asciughi tutto il pavimento con la tua gonna!», le grida: «Resta qui!». Le descrive il suo futuro immediato, «riscalderemo l’acqua per lavare, rientrando. Tu sai che non c’era acqua calda questa mattina, la mamma ha dovuto fare una doccia fredda». Eccetera. La piccola ascolta, ripete «doccia fredda» senza convinzione, come se ella sapesse che sua madre parla qui per chi l’ascolta. Dietro esse, c’è un gruppo di una madre e di un’adolescente. Sono posate, sorrisi ritenuti, gesti misurati. Impossibile capire ciò che si stanno dicendo. Gli acquisti sono raggruppati con ordine sul banco: bei quaderni, oggetti scolastici firmati Chevignon, prodotti di base (latte UHT, yogurt, Nutella, pasta) né verdura, né carne, senza dubbio li acquistano nei negozi specializzati. Una famiglia borghese che non ha bisogno di farsi notare e che trae la sua potenza dalla sua stessa invisibilità. Annie Ernaux, La vie extèrieure. Folio.

Invidio, certo, gli scrittori che possono, con un tramonto, incominciare qualsiasi cosa. Guido Ceronetti, La musa ulcerosa. Rusconi, 1971.

Sono un grappolo d’uva in attesa di essere pestato. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 16/4/2015