Carmelo Abbate, Panorama 16/04/2015, 16 aprile 2015
UN PAESE PER LADRI
L’Italia è un paese per ladri. Ma anche per scippatori e rapinatori: sono categorie quasi protette, cui lo Stato cerca debolmente di mettere i bastoni tra le ruote, mentre è impegnato a spremere come limoni i lavoratori e le famiglie oneste. Non è una provocazione, è la pura realtà, messa nera su bianco nei dati ufficiali sulla sicurezza e sulla criminalità raccolti dai ministeri dell’Interno e della Giustizia. Basta prendere i numeri, incrociarli e viene fuori un quadro molto corrispondente alla sensazione d’insicurezza e paura che tutti noi cittadini viviamo ogni giorno e ogni notte, nelle nostre città e nelle nostre case.
Ma facciamo un passo alla volta. Partiamo dai reati. Nel 2014 si sono registrati 1 milione e 560 mila furti in totale, quasi 2.550 colpi ogni 100 mila abitanti, il 16 per cento in più rispetto al 2010. Solo quelli nelle abitazioni sono stati 251.558. La cifra è elevatissima: sono 689 furti al giorno, 29 ogni ora, uno ogni due minuti. La regione più colpita è il Piemonte, seguito da Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto. Negli ultimi quattro anni sono aumentati anche gli scippi, oltre 20 mila in totale, 31 ogni 100 mila abitanti, il 32 per cento in più rispetto al 2010. Qui la Campania è regina incontrastata: 95 «furti con strappo» ogni 100 mila abitanti; segue il Piemonte con meno della metà, mentre la Val D’Aosta cresce al ritmo del 118 per cento.
Dentro queste fredde tabelle ci sono grandi drammi umani e familiari. Marito e moglie di Eraclea, in Veneto, che trovano la casa svaligiata durante la cerimonia per il matrimonio della figlia. La signora di Lograto, Bassa bresciana, che esce di casa per fare delle commissioni e quanto torna non ci sono più gioielli, soldi e perfino l’urna con le ceneri del marito. La donna di 66 anni del Modenese che sorprende i ladri in casa: svuotano l’appartamento e fuggono con la sua auto. Sono solo tre dei casi registrati nell’ultima settimana, ma si potrebbe andare avanti a lungo, con famiglie malmenate, addormentate con lo spray, con donne spogliate di ogni avere al parcheggio del supermercato o alla stazione dei treni e metropolitana, da zingari che non possono che approfittare della straordinaria condizione concessa loro in questo Paese: la libertà di delinquere, con certezza dell’impunità. Nessuna discriminazione e nessun razzismo (vedere anche l’articolo a pag. 56), lo riportano i dati del Censis: gli stranieri sulla scena di questi crimini sono il 54 per cento, tra gli arrestati sono il 62, ma guarda caso tra i detenuti sono il 42 per cento.
Ecco, è proprio questo il punto. Mettiamo da parte nazionalità ed etnie e concentriamoci sui dati. Come dimostrano i grafici pubblicati a pag. 54, soltanto il 7 per cento dei furti denunciati in Italia, in media, si risolve con l’arresto dei responsabili. Nemmeno uno su dieci. E l’arresto, va sottolineato, non implica necessariamente una condanna definitiva. Prendiamo i furti negli appartamenti. Nel 2013 sono stati 251.442, ma gli autori (presunti) fermati o arrestati dalle forze dell’ordine sono stati 15.263. Sì, proprio così: il 6 per cento in totale. Tutti gli altri sono a piede libero e continuano ad agire. Attenzione, il 2013 non è stato affatto un anno sfortunato per l’amministrazione della giustizia. Andava così anche nel 2012, nell’anno prima e nell’anno prima ancora. Con reati sempre in crescita. Come reagiscono gli italiani di fronte allo Stato che, è evidente, abdica rispetto alla sua funzione di garante della sicurezza pubblica? Si armano e si difendono da soli. A fine 2014 si contavano 397.384 italiani con il porto d’armi per uso sportivo, nel 2011 erano 352 mila, nel 2007 meno della metà. Vanno aggiunti loro i 689 mila italiani abilitati a tenere fucili per uso caccia e i 20.162, che grazie a un porto d’armi possono andare in giro con una pistola sotto la giacca. Matteo Renzi, dopo la strage al palazzo di Giustizia di Milano, ha annunciato «un impegno più deciso contro la proli ferazione di armi». Ma è una reazione miope. Perché la tendenza all’autodifesa è inevitabile.
In febbraio lo ha dimostrato clamorosamente il caso del benzinaio vicentino Graziano Stacchio. Che fare se sei al lavoro alla tua pompa di benzina, e vedi un uomo massiccio e mascherato che picchia selvaggiamente con la mazza sulla vetrina della gioielleria davanti, mentre intorno a lui ci sono altri con il passamontagna e picconi e piedi di porco? Lì dentro c’è la commessa, la tua amica Genny, che è riuscita a chiuderli fuori ma intanto grida «aiuto!» e si rende conto che il cliente chiuso dentro con lei in realtà è un complice. Ecco che allora prendi il fucile da caccia, poi spari un colpo in aria, ma quelli hanno pistole e kalashnikov. E così accade che uccidi un rapinatore, anche se non volevi. I suoi familiari ti chiedono i danni. E il tuo nome finisce stampato sulle magliette della Lega, mentre tu maledici soltanto quel giorno.
Il governo Renzi da marzo va annunciando pene più severe (anni di carcere in più) con un emendamento inserito nel testo di riforma del processo penale. «È un passo importante per aumentare la deterrenza, così come l’introduzione del reato di autoriciclaggio» spiega Cosimo Maria Ferri, magistrato e sottosegretario alla Giustizia. «Molti di questi procedimenti vengono archiviati perché non si riesce a risalire all’autore, la maggior parte delle denunce sono contro ignoti. O li arresti in flagranza, il che che non succede quasi mai, oppure diventa difficile».
Ma intanto il ladro la fa franca. Certo, per completare il dato su denunce e arresti bisogna fare due precisazioni. Dietro tanti reati c’è uno stesso autore. Poi c’è quello che i tecnici chiamano «numero oscuro», ossia la quota sommersa che comprende i reati non denunciati. Accade molto spesso: perché il danno subito è irrisorio, perché la vittima del furto non ha alcuna fiducia nelle forze dell’ordine, a volte perché denunciare costa troppo in termini di tempo. In Olanda il «numero oscuro» è al 10 per cento, in Italia si stima al 20: significa che il dato ufficiale sui furti è più basso di un quinto rispetto a quello reale.
Detto questo, rimane la grande impunità e la grande domanda: che fare? Alzare ulteriormente le pene e riempire le strade di poliziotti? Non è detto. Se andiamo a guardare i dati Eurostat vediamo che in Italia ci sono 466 agenti per 100 mila abitanti. Sopra di noi soltanto Cipro, Spagna, Croazia, Grecia. La Danimarca e la Finlandia sono quelle con meno forze di polizia: 192 e 148. Eppure gli indici che misurano la percezione della sicurezza dei cittadini mettono Copenaghen ed Helsinki al primo e secondo posto. Roma invece è al penultimo, migliore soltanto di Bruxelles. «Il sentimento dei cittadini è influenzato da altri fattori, non dai reati effettivi» spiega Andrea Di Nicola, coordinatore dell’istituto di ricerca eCrime e professore all’università di Trento. «Pesano il disordine urbano, la mancanza d’illuminazione, la gestione dei parcheggi, i cassonetti della spazzatura, l’accattonaggio. La sicurezza non può essere demandata tutta alle forze di Polizia. Le risorse sono poche, ed è normale che vadano a caccia dell’assassino più che del ladro di biciclette». Di Nicola è l’autore del primo «progetto europeo di sicurezza urbana predittiva»: si parte dai dati su denunce, si integrano con altri parametri compresi il clima e il traffico, e attraverso un software si arriva a calcolare le zone a rischio per offrire uno strumento di prevenzione a sindaci e questori.
Un sistema simile, centrato sui furti in abitazione, è stato realizzato da Transcrime, un istituto di ricerca dell’università Cattolica di Milano in collaborazione con l’ateneo di Trento e verrà presentato il 20 aprile. Prevedere più che rincorrere, questa la filosofia. «Mettere in carcere il ladro serve a poco» sostiene Ernesto Savona, direttore di Transcrime. «Pesa sulle tasche dei contribuenti e non riduce il numero dei reati. Soltanto pochi furti sono opera di professionisti, gli altri sono commessi da ladri improvvisati, i più difficili da prendere. Li puoi scoraggiare solo con la sorveglianza mirata e supporti tecnologici, come avviene per automobili e banche».
La prevenzione, in effetti, serve: a guardare i dati del 2014, gli unici reati in calo sono i furti di auto (meno 7 per cento) e le rapine in banca (meno 45). Ma le nostre case? Possiamo anche asserragliarci dentro, trasformandole in piccoli bunker tecnologici sorvegliati a vista. Ma se i delinquenti rimangono liberi, prima o poi colpiranno. E allora...