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 2015  aprile 16 Giovedì calendario

PECHINO E IL «NEW NORMAL» DEL 7%

Non sparate sulla Cina. Non è possibile giudicare il suo futuro dal livello delle esportazioni, calate del 15% da marzo dell’anno scorso, mentre le importazioni scendono di circa il 13%. Dati preoccupanti, in sé, ma che nulla dicono sullo stato di salute dell’economia cinese alle prese con cambiamenti interni epocali. Il rallentamento è evidente, meno evidente è se a questi livelli sia pienamente sotto il controllo di Pechino, le cui autorità ieri hanno voluto lanciare ieri un segnale rassicurante commentando i dati del Pil nel primo trimestre, cresciuto del 7%, il livello più basso dal 2009: «Non ci sarà un atterraggio brusco», ha dichiarato il portavoce dell’Ufficio di statistica Sheng Laiyun, aggiungendo che quest’anno l’economia centrerà l’obiettivo do crescita, sempre del 7%.
Questi e altri dati hanno certamente innescato nuove preoccupazioni sia sul crollo del settore dell’export, sia per la domanda interna estremamente debole. Il punto è che proprio il fronte interno per Pechino è e sarà a lungo quello con più problemi. Inclusa la domanda, perché i consumi interni non compensano il calo di quella mondiale.
La tempesta perfetta che i vertici cinesi del New Normal hanno deciso di affrontare è ancora lontana dall’arrivare.
La mole di riforme messe in cantiere, molte delle quali inizieranno ad avere effetto nelle prossime settimane, sono cruciali per riattivare un meccanismo di crescita più sano di quello che ha portato la Cina ad essere la seconda potenza mondiale.
Il prossimo 1° maggio entra in funzione il meccanismo dell’assicurazione dei depositi bancari. Il governatore Zhou Xiaochuan ha mantenuto la promessa fatta durante le Two sessions del Parlamento, l’unità di crisi che vigila sulla stabilità monetaria ha dichiarato al Sole 24 ore di avere fatto tutto il possibile e di essere fiduciosa sul passaggio. Che mette i brividi ai polsi: senza l’assicurazione sui depositi non sarà possibile togliere entro l’anno il tetto ai tassi, permettere che sia il mercato a far ripartire le banche e il credito nella maniera più sana. Lo scorso 1° aprile Pechino, attraverso un provvedimento dello State council, ha attivato l’allargamento della destinazione delle risorse del National security social Found per risanare le casse degli enti locali e mettere riparo al deficit miliardario degli stessi.
L’unico modo di finanziarsi sarà questo, per le realtà locali. Niente collaterali, niente finanza grigia o shadow banking. Basterebbero solo questi due obiettivi a impegnare a fondo qualsiasi altro Stato.
Certo, i dati dell’export sembrano ciclicamente suggerire che un atterraggio brusco dell’economia del Paese sia vicino. Ma, a parte la stagionalità dei dati, visto che le esportazioni cinesi calano sempre in maniera significativa a inizio anno a causa degli sconvolgimenti legati al Capodanno cinese, la questione resta aperta.
Se si guarda ai numeri con un approccio trimestrale, piuttosto che mensile, si osserva invece che le esportazioni cinesi nel primo trimestre sono aumentate di circa il 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso mentre la Borsa nell’ultima settimana ha continuato a scommettere sulla Cina e sul suo futuro: dal novembre scorso, da quando Pechino ha iniziato a tagliare i tassi d’interesse, il mercato azionario ha guadagnato il 70%, sempre nella speranza che a un allentamento monetario ne avrebbe fatto seguito un altro, ancora più importante.