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 2015  aprile 15 Mercoledì calendario

LE POSTE ALLERGICHE ALLE BUSTE

La burocrazia è maestra insigne di eufemismi. Ha mutato i ciechi in non vedenti, i sordi in non udenti, i minorati prima in handicappati, poi in disabili, infine in diversamente abili, i bidelli in non docenti, i lebbrosi in hanseniani Ovviamente l’etichetta non annulla cecità, sordità, menomazioni ecc., ma acqueta la smania di espressioni politicamente corrette. Adesso, le Poste Italiane hanno superato ogni precedente, presentando all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nutriti documenti miranti a chiedere incrementi di tariffe e, in compenso, a ottenere diminuzioni di servizio.
Un tempo la corrispondenza era recapitata due volte il giorno, dal lunedì al sabato. Da mezzo secolo, ormai, la distribuzione è dimezzata. Da qualche anno, il sabato è scomparso. Ebbene, la nuova proposta è questa: ridurre ritiro e recapito a tre giorni la prima settimana (lunedì, mercoledì e venerdì) e a due la seconda (martedì e giovedì). Il peggioramento avverrebbe in 5.296 comuni. Sapete come presentano le Poste questo calo? Come “implementazione del modello di recapito a giorni alterni”. Non, dunque, un’estensione del disservizio, ché tale è il passare da dieci (erano dodici fino a pochi anni fa) giorni di recapito ogni due settimane a soli cinque, bensì un aumento di un modello per distribuire la corrispondenza. Quanto ai danneggiati, cioè i cittadini che spediscono e ricevono (quando càpita) corrispondenza, vengono pudicamente definiti «utenti interessati», mentre il tentacolare loro incremento è espresso con la dizione «progressiva estensione del numero». Intendiamoci: lo stesso legislatore ci aveva messo del proprio, posto che, nella legge di stabilità 2015, aveva introdotto, a favore delle Poste, “misure di razionalizzazione del servizio e di rimodulazione della frequenza settimanale di raccolta e recapito”. Si può star certi che parole come “razionalizzazione” e “rimodulazione” celino aspre realtà: tariffe più salate, servizi meno efficienti. Le Poste, poi, asseriscono (ma l’Autorità non sembra persuasa) che il 75% degli utenti non riterrebbe importante il recapito quotidiano. Si potrebbe chiosare che molti utenti sono così rassegnati a non ricevere del tutto la corrispondenza, anche per settimane, e a vederne persa una quota, che non fanno nemmeno più caso se il postino arrivi.
I poveri utenti (un quarto della popolazione) destinati a questa prima dose di bastonate (si può star certi che il successivo contratto chiederà di passare dai cinque giorni in due settimane ai quattro: la relazione delle Poste permette d’individuare la futura batosta) sono colpevoli di abitare in zone interessate da «particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica», laddove quell’aggettivo «particolari» farebbe pensare a condizioni anomale. In effetti, la direttiva europea parla di «circostanze o condizioni geografiche giudicate eccezionali». Eccezionale, dunque, è un quarto della popolazione italiana.
In compenso, le Poste hanno la coda di paglia per il recapito dei quotidiani. Hanno preteso di secretare alcuni dati, fra i quali i numeri concernenti i recapiti dei giornali nei comuni che saranno colpiti; dopo di che, giudicano da sole come «contenuto» l’effetto del recapito a giorni alterni sui quotidiani. Quel «contenuto» è come il «modesto» affibbiato dai tassatori a un incremento impositivo.
Bisogna chiedersi, a proposito di eufemismi, se tale non sia l’aggettivo «universale» affibbiato a «servizio postale». Se fosse davvero universale, il servizio di ritiro e recapito della corrispondenza dovrebbe coprire l’intera popolazione sull’intero territorio tutti e interi i giorni feriali. A questo punto, sarebbe meglio correggere «universale» con «se c’è c’è».
Cesare Maffi, ItaliaOggi 15/4/2015