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 2015  aprile 11 Sabato calendario

COSÌ IL VIVEUR È DIVENTATO UN DURO

[Massimiliano Allegri]
Le occasioni sbagliate non gli pesano mai. Massimiliano Allegri ama il rischio, anche se qualcuno lo accusa di giocare un calcio difensivo. Da ragazzo era un numero dieci talentuoso e in parte anomalo e su questo periodo della sua vita c’è una lunga e ormai frusta aneddotica, basata principalmente sull’arcinoto matrimonio cancellato, un po’ meno sulla partecipazione breve a una tournée milanista in Asia: leggenda vuole che Allegri, abituato al calcio rivoluzionario e poetico di Galeone, non amasse la disciplina di Capello, e che i disordini a una caviglia arrivarono giusto in tempo per interrompere una convivenza forzata.
Fu quello il primo incrocio con il Milan che tornò prepotentemente nella vita di Allegri anni dopo. Un altro segnale della bontà della sua prima massima: «Ci vuole della pazienza». Ci vuole della pazienza. La pazienza del giocatore che studia le carte e scopre i bluff, la pazienza del fantino che sa quando lanciare il cavallo. Ci vuole della pazienza, ma se hai fiducia in te stesso la pazienza viene naturale. Sono passati ormai anni da quando Allegri disse alla sua prima e finora unica (sebbene ex) moglie: «A quarant’anni allenerò in serie A». Sbaglia di poco.
Quando arriva al Cagliari, nel 2008, ne ha 41. La carriera di Allegri è stata un susseguirsi di occasioni sbagliate e di chance prese al volo, ma adesso si può dire che le etichette si sono staccate, come d’incanto. Allegri ha da poco confessato che quando c’era da cantare la maestra lo metteva in fondo alla classe perché si sentisse di meno: «Ero stonato». Nel calcio invece era il classico allievo che potrebbe fare di più, ma non si impegna: frase sentita milioni di volte da milioni di genitori.
Che Allegri potesse ottenere più di quel che ha ottenuto da giocatore lo dice sempre anche Giovanni Galeone, il suo babbo calcistico. Questa è una rivincita che Allegri non potrà più prendersi, perché il tempo passa, ma in panchina Massimiliano si è ripreso quel che da giocatore gli era sfuggito. E ha vinto anche la sfida con chi lo riteneva un simpatico superficiale, uno che amava divertirsi più che faticare, che da allenatore non avrebbe saputo gestire le situazioni difficili.
Invece negli anni Allegri ha gestito campioni, personalità difficili e giovani sconosciuti. Con quella sua aria un po’ così, e le battute che non sempre tutti capiscono. Come ha raccontato Chiellini, livornese come lui, che a volte gli fa da interprete nello spogliatoio.
Fatto sta che adesso il viveur Allegri, cresciuto a immagine e somiglianza di Galeone, si è trasformato in un allenatore che sempre più spesso viene accostato al duro Capello, e anche questa è una bella rivincita, conquistata rimanendo saldo in tante situazioni delicate, compreso l’amarissimo divorzio dal Milan. D’altra parte, Allegri ha una lunga esperienza nel campo delle discese e delle risalite.
Dopo l’esonero a Grosseto, la collaborazione non ufficiale con l’Udinese di Galeone e le divergenze a Lecco, nessuno avrebbe scommesso su una luminosa carriera in panchina. Nessuno, a parte i dirigenti del Sassuolo e più tardi Massimo Cellino, ex presidente del Cagliari, che lo ha portato in serie A.
E Allegri, uno che va in giro con i soliti amici da vent’anni, è rimasto legatissimo sia al Sassuolo che al Cagliari. Perché quando arrivano le rivincite è anche bello condividerle con qualcuno. Se no si diventa come quei tipi rancorosi che non gli piacciono affatto. Quelli che, come direbbe Allegri, non capiscono quando le storie finiscono. E non sanno apprezzare una bella giornata passata sul gommone, a pescare.