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 2015  aprile 14 Martedì calendario

IL CINGHIALE SARRI NON PUÒ PIACERE AL MILAN


[Maurizio Sarri]

Non conosco personalmente Maurizio Sarri, ma di lui mi sono fatto un’idea piuttosto precisa. È un cinghiale, lo dico con rispetto. Milanello non è il suo habitat ideale, ammesso che Berlusconi e Galliani ci abbiano mai pensato seriamente. E quindi dubito che ci vada, ma non è per i soliti e stantii motivi dell’“allenatore di categoria”, frase di poco senso. La cinghialità di Sarri è ancora più vistosa in Serie A, dove tutti i suoi colleghi indossano in panchina la divisa sociale e alcuni, sempre sia detto con rispetto, sembrano pronti più per una sfilata in passerella che per una partita di calcio.
Direte: non è l’abito che fa il monaco. Si, è un vecchio proverbio. Oggi è anche il look a fare il personaggio, in campo e a bordocampo. Ve l’immaginate Sarri in completo nero come Garcia, cravatta nera e sottile su camicia di un grigio scurissimo? È la moda, ma c’è modo e modo, moda e moda. A me viene istintivo cercare con l’occhio il luogo in cui è stato parcheggiato il carro funebre. E le sciarpone pluriannodate di Mancini e di Mihajlovic? E il vezzo di Mancini e di Inzaghi di togliersi il ciuffo dagli occhi? Vero che Sarri ha poco da togliersi, come capelli intendo. E tutti quei mocassini con le nappine o senza, comunque roba di prima qualità? Nereo Rocco quando il campo era pesante metteva le scarpe da football, per non rovinare le sue, e indossava impermeabilacci che sembravano rubati al capostazione di Monfalcone e si tirava su il cappuccio, altro che i berrettini da baseball di Inzaghi e Montella. Giagnoni, oltre al colbacco (dev’essergli sembrato l’oggetto più Urss, contro la Juve, o forse era solo per ripararsi le orecchie) aveva sdoganato la tuta. E mi aveva anche spiegato perché: «In panchina, non è sudore normale, è sudore di tensione, di paura. E il suo odore non va via facilmente dai vestiti, mi ha detto mia moglie. Così al lavoro vado in tuta, come un operaio, e non ci vedo nulla di male».
A proposito di operai, Sarri dichiarò al Fatto: «Mio nonno era partigiano e mio padre operaio. Come faccio a votare Renzi?». E allora, come fa a ingaggiarlo il Milan, vista la nota fobìa del Cavaliere per il rosso? Putin a parte, ma lì il pallone non c’entra. Resta il fatto che già Berlusconi scartò Bagnoli, caldeggiato da Brera. «Mi dicono che sia comunista». Era socialista. Bagnoli, ma cinghiale a suo modo anche lui. Zaccheroni era di sinistra, ma meno cinghiale. E vinse uno scudetto. Sarri, nei fatti, è un allenatore arrivato su una panchina di Serie A a 55 anni, camminando sulle sue gambe. L’Empoli era indicato come retrocesso ancora prima di cominciare, e si sa come sta andando. L’Empoli che manda in azzurro Valdifiori a 28 anni, che a 32 anni fa assaggiare la Serie A a Daniele Croce, uno dei perni del gioco. L’Empoli che vuole e deve arrangiarsi col suo vivaio, e lo fa bene in un panorama in cui tutti i club dicono di pensare al vivaio e fanno l’esatto contrario.
Non solo era schierato nella vana difesa dell’art. 18, Sarri, non solo non se la tira da indossatore o da cubista, ma fuma parecchio e legge libri. Strano che nella triade consegnata agli intervistatori non ci siano scrittori italiani. In ordine di scoperta: Bukowski, Fante e Vargas Llosa. È anche andato, Sarri, a vedere la casa della famiglia Fante, a Torricella Peligna. Ed è probabile che parli almeno un paio di lingue, se è vero che per Montepaschi fino a 15 anni fa andava all’estero (Lussemburgo, Germania, Inghilterra) a trattare pratiche di una certa importanza.
Siccome non credo che andasse a trattarle in tuta, penso che il look calcistico di Sarri abbia previsto il taglio netto e totale con il precedente lavoro, giacca e cravatta incluse. E non dev’essere stato facile, per un quarantenne che già aveva famiglia, decidere che dopo Stia, Faellese, Cavriglia, Antella, Valdema, Tegoleto (dal ’90 al 2000), col Sansovino si cambiava strada. E poi Sangiovannese, Pescara, Arezzo, Avellino, Verona, Perugia, Grosseto, Alessandria, Sorrento, Empoli. Con qualche gioia, leggi promozione, e non pochi esoneri. L’uomo ha il suo carattere, non esattamente portato alla diplomazia.
Tende a dire pane al pane e culo al culo, ma la cosa più insopportabile è che tende a dire la sua verità in un mondo che misura anche le virgole.
La domanda sul futuro di Sarri andrebbe formulata così: può seminare e raccogliere anche su altri campi oppure c’è stata una fusione magica con l’Empoli società e squadra e con l’Empoli del tifo? Domanda legittima, perché nel ruolo di piccole e provinciali l’Empoli ha le sue caratteristiche, non è uguale al Chievo, all’Atalanta, al Sassuolo e al Cesena. Difficile definire un emergente Sarri, a 55 anni. Un emerso, semmai, che tra campo e computer (dove dicono sia un asso) lavora una dozzina di ore al giorno. Ammetto che cinghialescamente m’incuriosisce un emerso che sta piuttosto lontano dalle interviste, che ha famiglia della quale non ricordo una sola fotografia. È il meno pagato della Serie A (300mila euro). Ne vale di più, ma suppongo gli bastino non solo per campare facendo quello che gli piace ma per non dover rinunciare a fare, come gli piace, quello che gli piace. Non ho idea di quale sia il futuro di Sarri, spero solo che non si decinghializzi. Il suo Empoli gioca un calcio coraggioso, veloce e verticale. Per il coraggio, bisogna lavorare sulla testa dei giocatori. Per la velocità sul fisico, e comunque non è una novità che in provincia si corra di più. Il segno di Sarri è la verticalità, che brilla in un calcio molto orizzontale, fatto di passaggi corti e sicuri. È quasi un’equazione: coraggio+velocità= verticalità. Non importa contro chi si gioca, si attacca per far male. Non è roba che si studia a Coverciano, è la prima regola dei cinghiali.