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 2015  aprile 13 Lunedì calendario

C’ERA UNA VOLTA IL PILOTA NABABBO: NOTTI A 4

sSTELLE, TRE MESI DI FERIE -
Augusto Angioletti è un ex comandante Alitalia che vive da ricco rentier in una villa a Lugano dopo aver appeso la divisa ad un chiodo. Una quindicina d’anni fa, quando era ancora in servizio e faceva il sindacalista, capo dell’Anpac (già Aquila Selvaggia), guidò i piloti alla conquista di privilegi dorati fuori dal tempo, consegnando nelle loro mani pure un micidiale potere di veto su ogni scelta dell’azienda. Precostituendo così le condizioni perché alla lunga la compagnia già zoppicante andasse a gambe all’aria, squilibrata da comportamenti assurdi e pesi insostenibili. Privata oltretutto di una guida univoca e sicura.
Fino a quel momento i piloti non erano stati di certo mammolette, anzi avevano già messo in campo in più occasioni tutto il peso della corporazione rispedendo a casa, per esempio, i piloti australiani dell’Ansett ingaggiati al loro posto.
Mai, però, si erano voluti confondere con i vertici aziendali. Con Angioletti ci fu la svolta e i piloti cominciarono a trattare da pari a pari gli amministratori inaugurando una sorta di cogestione aerea che in realtà era spartizione del potere tout court. Dopo aver costretto a cavallo degli anni Duemila l’amministratore Domenico Cempella a trasformare i dipendenti in azionisti attraverso il trasferimento nelle loro mani del 20 per cento del capitale in cambio della promessa di un po’ di tranquillità sulle piste, Angioletti fu il primo pilota-sindacalista Alitalia a scendere dalla cabina di un aereo per andare a sedersi sulla poltrona di consigliere di amministrazione.
Di lì a poco fu promosso nel Comitato esecutivo e poi nominato addirittura amministratore di Eurofly, una società aerea collegata ad Alitalia, specializzata in collegamenti charter. Ad Angioletti fu riconosciuto uno stipendio super, secondo solo nella storia dell’azienda a quello stratosferico di uno dei capi meno efficaci e più pagati, Giancarlo Cimoli.
Capitanati da Angioletti, i piloti in quegli anni diventarono nababbi attirandosi le antipatie di mezza Italia e finendo per essere additati al pubblico ludibrio come i veri responsabili degli sfracelli successivi. Anche oltre i loro demeriti, per la verità. Perché molto contribuirono pure amministratori incapaci, scelti dalla politica che ci mise del suo. Per decenni i partiti, soprattutto quelli di governo, ma non solo loro, considerarono l’Alitalia non un’importante azienda e un bene strategico a cui dedicare attenzioni mirate e continue, ma una specie di privata agenzia di collocamento dove piazzare a dozzine parenti ed amici degli amici. E da cui pretendere servitù assurde, come il mitico volo Roma-Albenga, costretto a viaggiare sempre quasi vuoto e che quindi perdeva una tombola, ma che era stato voluto a tutti i costi dal ministro Claudio Scajola che era di quelle parti e voleva spostarsi con comodità. Mentre i bilanci aziendali piangevano, dalle casse Alitalia, ufficio relazioni istituzionali, uscivano fiumi di quattrini, circa 10 milioni di euro l’anno, destinati ad associazioni e succursali politiche e parlamentari di tutti i tipi.
La patinata rivista di bordo, Ulisse 2000, serviva ad elargire mance a destra e a manca, compresi i giornalisti amici, e costava l’equivalente di circa 1 milione e mezzo di euro l’anno. Ad un certo punto finì addirittura nell’orbita di una escort.
I privilegi dei piloti di quegli anni sono diventati leggenda. E poco importa se a distanza di tempo c’è chi opportunamente ricorda che nonostante tutto gli stipendi dei comandanti italiani sono sempre rimasti più bassi di circa il 20 per cento di quelli francesi o tedeschi. Perché allora Lufthansa ed Air France non erano quelle di oggi, annichilite dai debiti, ma aziende che macinavano utili e si ripromettevano la conquista del mercato aereo europeo. Mentre per Alitalia si intravedevano invece vistosi i segnali del tracollo e l’azienda non era di certo nelle condizioni di poter mantenere né i lussi né le pretese dei piloti.
A differenza di tutte le altre categorie di lavoratori dipendenti i piloti Alitalia maturavano uno scatto di anzianità ogni 12 mesi dopo i primi 4 anni di servizio. Avevano un rimborso spese giornaliero di 57 euro in Italia e di 226 euro in Giappone, mentre in Francia ed Olanda si accontentavano di 103 euro. Per dormire scendevano come minimo ad un quattro stelle tipo Hilton o Mèrcure. In un anno guadagnavano da 38 mila euro ad oltre 130 mila. Senza contare gli straordinari, almeno 300 euro al mese per un pilota, quasi il doppio per un comandante. Ogni anno avevano diritto a 3 mesi tra ferie, giorni di riposo e corsi di aggiornamento.
Ormai fuori dai giochi Alitalia, un anno fa Angioletti è sbucato a Roma per presentare con la Target 94 Consulting di Lugano-Breganzona il progetto per una nuova compagnia aerea regionale, in pratica una low cost. Proponendosi come azionista e manager. Chissà se pensava di concedere ai piloti lo stesso trattamento da nababbi che conquistò per loro quando era il capo del sindacato.