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 2015  aprile 13 Lunedì calendario

LA MANOVRA CHE NON C’È

Qualcuno (molto spiritoso) ha tentato una sintesi che sembra una fucilata. Nella prima Repubblica – ha scritto – lo Stato spendeva soldi che ancora c’erano, nella seconda soldi che si sperava di trovare, nella terza si spendono soldi che si sa che non si troveranno mai.
La battuta è divertente, ma forse non risponde del tutto al vero. Però, guardando all’ultimo documento economico del governo (il Def), viene da porsi qualche domanda. Di nuovo, in realtà, non c’è assolutamente niente: si tratta in gran parte di cose già note e già annunciate. L’unica, vera novità è la promessa, abbastanza solenne, di non aumentare più le tasse. Anzi, di diminuirle un pochino. Ma questa, come si sa, fra le varie possibili promesse è la più difficile da mantenere davvero: in Italia i soggetti che possono spendere soldi pubblici sono migliaia e tenerli tutti sotto controllo non è semplice.
Per il resto bisogna riflettere sulle stime sulla crescita, che quest’anno dovrebbe essere dello 0,7 per cento, secondo il governo. E che invece sarà probabilmente un po’ più bassa, 0,5-0,6%. Ma il punto non è una polemica sui decimali.
Il punto è che l’Italia (come altri in Europa) sta ricevendo in questo periodo della spinte formidabili dall’estero: l’euro si è svalutato (favorendo le esportazioni), il Qe di Draghi sta mettendo in giro una montagna di soldi come non si era mai vista, il prezzo del petrolio è crollato. Ma di fronte a queste spinte straordinarie (e che non dureranno sempre) il Def prevede una crescita poco sopra lo 0,5 per cento, un soffio, una boccata d’aria. Che cosa significa questo?
SIGNIFICA che la cause che da quasi vent’anni condannano l’Italia a una crescita stentata e insufficiente (che poi produce disoccupati a milioni) non sono state rimosse. Siamo sempre un Paese con il freno a mano tirato. E le cause sono sempre le stesse: troppa burocrazia, troppe leggi, troppi ladri (incentivati da procedure balorde e da una classe politica poco integerrima), troppa evasione fiscale. E forse anche un po’ troppo welfare distribuito a casaccio: un milione di invalidi in più nel giro di dieci anni.
Nonostante questo è giusto essere un po’ ottimisti, visto che bene o male lasciamo gli aridi territori della recessione per muovere qualche timido passo in quelli della crescita. Ma dobbiamo anche essere consapevoli che questa Italia, così com’è, non funziona. Non ancora. Il più rimane da fare.