Mario Martone, Ernesto Galli della Loggia, Corriere della Sera 12/4/2015, 12 aprile 2015
ITALIA, RISORGIMENTO E LEOPARDI QUEGLI EQUIVOCI VERI O PRESUNTI
[Lettera di Mario Martone con risposta di Ernesto Galli della Loggia] –
Caro direttore, infinite volte ho ribadito che il nostro Ottocento viene travisato non certo tra gli studiosi e nemmeno nella scuola, ma piuttosto nel senso comune degli italiani: ossia il problema è che non c’è passaggio tra quanto hanno scritto i Gramsci, Croce e Salvemini citati da Galli della Loggia ( Corriere , 9 aprile) e le conoscenze dei cittadini. Provate a dire alla guida che a Caprera vi mostra la pallottola con cui Garibaldi fu ferito «dall’esercito borbonico» che le cose non andarono così, che fu l’esercito italiano a sparare: non ci sarà verso.
Allo stesso modo, per la stragrande maggioranza degli italiani Leopardi era un poeta triste perché malato e gobbo, nonostante gli sforzi dei tanti grandi intellettuali che da De Sanctis a Luporini ci hanno parlato di Leopardi in ben altro modo e ai quali, tutti, sono debitore e riconoscente. Leopardi è stato a lungo vittima di luoghi comuni nati quando era in vita e mai più sradicati nonostante lo sforzo degli studiosi, dei professori e dei tanti lettori che lo amano: questo è il mio pensiero.
Nell’intervista a Le Monde ho poi messo in luce il contrasto tra il suo ateismo e la dimensione cattolica della società italiana, cosa c’è di sbagliato? Leopardi fu certamente vittima del bigottismo, non lo si può negare, ma fu anche amato e compreso da Gioberti: nessuno, e tantomeno io, si sogna di imputare alla cultura cattolica l’incomprensione di Leopardi. Si tratta di contraddizioni insite in una società come la nostra, che si è formata sotto la spinta di forze diversissime tra di loro: è di questo che ho parlato a Le Monde .
Ma a Galli della Loggia, che conduce da anni una guerra degna di miglior causa contro i «registi, gli attori e i cantanti», non è parso vero di poter utilizzare le mie frasi per denigrarmi e diffamarmi, col risultato di scatenare la stampa cattolica (che peraltro, nel suo complesso, ha invece apprezzato, quando non amato, il film). Nel suo corsivo pieno di incomprensibile odio, Galli della Loggia evita accuratamente di scrivere che Le Monde ha dedicato al Giovane favoloso una pagina intera e che il film viene definito «due ore e un quarto di meraviglia per gli occhi e per lo spirito», una informazione che forse ai lettori del Corriere avrebbe fatto piacere apprendere. Ci sarebbe da dire anche del caso rarissimo dell’unanimità di tutti i giornali francesi, a partire da Le Figaro , nel lodare il film. Ci sarebbe, insomma, da gioire per l’affermazione di un film italiano e soprattutto per il fatto che grazie a questo film Leopardi venga conosciuto e approfondito in Francia. Ma in Italia cosa arriva invece di tutto questo attraverso il suo quotidiano più letto? Solo disprezzo. Rilegga Leopardi, caro Galli della Loggia: dispiace dirlo, ma quanto scriveva sulla meschinità di tanti italiani, in gran parte, vale ancora oggi.
Mario Martone
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Più che al Corriere , e per suo tramite al sottoscritto, Mario Martone avrebbe dovuto indirizzare la sua lettera a Le Monde . In essa infatti egli modifica, attenua, e in sostanza ritratta più o meno larvatamente — ma com’è ovvio guardandosi bene dall’ammetterlo — quanto aveva dichiarato al giornale francese, e che io, con impertinenza agli occhi del Nostro inaudita, mi ero permesso di criticare.
Adesso dunque sappiamo che esistono due Martone: il Martone 1, spregiudicato, volterriano e «anti-italiano», quando si rivolge al pubblico d’Oltralpe; e il Martone 2, cauto, pensosamente storicista, conciliante e tutt’altro che ostile alla «nostra santa religione», quando invece parla al pubblico di casa.
Valga il vero. Martone 1 a Le Monde dell’8 aprile: «Sì, Leopardi è letto nelle nostre scuole, ma si dimentica fino a qual punto egli era uno spirito ribelle, che ha rotto con tutti gli schemi politici e culturali del suo tempo. Per un Paese cattolico come il nostro, riconoscere che il nostro più grande poeta era ateo ( veramente ci sarebbero forse pure un certo Dante e un certo Petrarca, ma lasciamo perdere: nota mia ) non è cosa facile. È per l’appunto quella parte rimossa dell’Ottocento che mi affascina. Contrariamente ai francesi, i quali ben conoscono le contraddizioni della Rivoluzione francese, gli italiani hanno una visione unilaterale della loro storia. E ciò testimonia della nostra profonda immaturità».
Ecco invece Martone 2 al Corriere di oggi: «Nell’intervista a Le Monde ho messo in luce il contrasto tra il suo ateismo e la dimensione cattolica della società italiana: cosa c’è di sbagliato? Leopardi fu certamente vittima del bigottismo, non lo si può negare ( ma di chi, oltre di quello del padre? nota mia ); ma (…) nessuno né tantomeno io si sogna di imputare alla cultura cattolica l’incomprensione di Leopardi ( ma guarda: e «il Paese cattolico ecc. ecc.» di Martone 1? nota mia ). Si tratta di contraddizioni in una società come la nostra, che si è formata sotto la spinta di forze diversissime tra di loro: è di questo che ho parlato a Le Monde ». Ah sì? E dove è finita oggi la «visione unilaterale della nostra storia»? E «la nostra profonda immaturità»? Dove?
Del resto che la guida della casa di Garibaldi a Caprera venga considerato dal Nostro come un campione rappresentativo del senso comune degli italiani circa la storia del nostro Ottocento, mostra a sufficienza la disinvoltura argomentativa, chiamiamola così, del pensiero martoniano. Errato senso comune degli italiani che in verità, dopo gli omaggi che Martone 2 fa oggi (ma solo oggi) ai nostri studiosi e alla nostra scuola, non si capisce proprio da dove sia mai scaturito. Tanto più che ora Martone 2 ha deciso giudiziosamente di sorvolare sulla «retorica bugiarda ereditata dal fascismo» a proposito del Risorgimento, che invece parlando con Le Monde Martone 1 aveva sostenuto aduggiare ancora e sempre la nostra mente. Forse qualcuno gli ha ricordato che ben prima del suo presuntuoso Noi credevamo , con la sua visione del Risorgimento faziosa fino al ridicolo e intrisa di un populismo grottesco, ben prima, dicevo, un certo Luchino Visconti, mostrando ben altra forza artistica e finezza storica, con Senso e con Il Gattopardo aveva illustrato a generazioni di italiani che cosa il Risorgimento era stato.
Per finire voglio assicurare Martone che non mi muove nessuna voglia particolare di «denigrarlo e diffamarlo». Semplicemente trovo brutte e noiose molte delle cose che fa e supponenti e infondate molte delle cose che dice: spero proprio che anche se ciò gli dispiace mi permetta di continuare a scriverlo. Così come gli assicuro che non è vero che abbia scatenato da anni una guerra contro registi, attori e cantanti. Ho solo deprecato — qualche volta, solo qualche volta — le loro frequenti chiacchiere a sproposito di cose che né sanno né intendono: e il fatto che lo spirito ultrademocratico che regolarmente anima tali chiacchiere si arresti troppo spesso all’ingresso dell’Ufficio delle Tasse. Tutto qui.
Ernesto Galli della Loggia